Ripetute violazioni del Codice Etico: escludiamo?
Una impresa veniva esclusa dalla gara a procedura aperta per l’affidamento di un accordo quadro riguardante servizi di progettazione esecutiva, studi di fattibilità e supporto tecnico specialistico, relativi a lavori di manutenzione di impianti tecnologici.
Detta esclusione era motivata con il fatto che l’impresa era risultata destinataria di tre provvedimenti di risoluzione contrattuale nel 2016, determinati da violazioni del Codice Etico dei Committenti non rientranti nella fattispecie di cui all’art. 80 c. 5, lett. e) Codice.
A fronte – e nonostante – gli ulteriori chiarimenti in merito ai citati provvedimenti risolutori, la S.A. si determinava comunque ad escludere l’impresa dalla procedura di gara, dichiarando che “La condotta contestata, lesiva del Codice etico delle Committenti, è concretamente idonea a ledere il rapporto di fiducia con la propria controparte negoziale ed è inequivocabilmente indice dell’assenza di integrità, intesa questa come “moralità professionale” della società che partecipa alla presente iniziativa”.
Avverso l’esclusione, pertanto, l’impresa proponeva ricorso al TAR, sostenendo che il provvedimento di esclusione sarebbe illegittimo in quanto viziato dalla errata applicazione dell’art. 80 c. 5 lett. c) Codice; da eccesso di potere per carenza di istruttoria, falso presupposto e travisamento dei fatti nonché dalla violazione del principio del contraddittorio e di proporzionalità e dalla violazione del par. 6 del capitolato di gara e dall’omessa valutazione delle misure di self cleaning.
Il ricorso veniva tuttavia respinto, allorché il Collegio esprimeva i seguenti principi:
– in tema di contenzioso per l’esclusione da gara di appalto per pregressa negligenza professionale, la determinazione di esclusione per deficit di fiducia è frutto di una valutazione discrezionale della stazione appaltante;
– le risoluzioni che comportavano l’esclusione – non contestate in giudizio – avevano l’effetto di cagionare la perdita di affidabilità dell’operatore agli occhi dell’amministrazione, con la conseguenza che dette risoluzioni, pur non attenendo ad una difettosa esecuzione della prestazione, paleserebbero ugualmente la scorrettezza dell’operatore, di gravità tale da incidere sulla sua integrità.
(TAR Lazio Roma, Sez. II, 25/03/2019, n. 3910)