Risoluzione contratto appalto pubblico per inadempimento della P.A.: quanto spetta all’impresa per le opere già eseguite?

Durante l’esecuzione dei lavori, spesso accade che una impresa agisca in giudizio per ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto di appalto pubblico per grave inadempimento della P.A. per non aver potuto realizzare le opere secondo le pattuizioni contrattuali (ad esempio per errore progettuale o per indisponibilità delle aree di cantiere ecc.).

Occorre premettere che nell’ambito di un contratto di appalto pubblico, la giurisprudenza ha chiarito che la declaratoria giudiziale di risoluzione del contratto per inadempimento del Committente (P.A.) non si sottrae alla regola generale, dettata dall’art. 1458 cod. civ., della piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni già eseguite.

Ne consegue che, in linea di principio, il Committente sarebbe tenuto a restituire l’opera già eseguita dall’appaltatore (cd. restitutio in integrum), cosa che in realtà è del tutto impossibile e dunque il prezzo delle opere già eseguite viene liquidato, a seguito della risoluzione del contratto, a titolo di equivalente pecuniario della dovuta “restitutio in integrum“.

Orbene, e quale sarebbe il prezzo delle opere già eseguite?

In merito la Giurisprudenza non è univoca.

Infatti, un primo orientamento ritiene che il risarcimento del danno per equivalente debba determinarsi facendo riferimento ai prezzi contrattuali delle opere realizzate (Trib. Roma, 5.7.2017,n. 13654).

Altro, invece, ritiene che la reintegra del patrimonio dell’appaltatore va valutata tenendo conto del valore venale dell’opera, ossia ai prezzi di libero mercato, determinati con riferimento al momento della pronuncia di risoluzione e detraendo l’importo dei corrispettivi contrattuali già versati all’impresa per le lavorazioni eseguite.

Infatti si è precisato che “Tenuto conto della differenza tra l’importo globale dei lavori da realizzare e l’ammontare dei lavori non ancora realizzati al momento della risoluzione, rilevante orientativamente quale valore dell’<opus> al momento della risoluzione del contratto, …… il valore dell’<opus> al momento della risoluzione può farsi coincidere con l’importo dei lavori eseguiti al momento della risoluzione calcolati al lordo del ribasso d’asta, senza applicazione, cioè del ribasso d’asta(Trib. Reggio Calabria, 5.9.2018, n. 1300; Trib. Roma, 3.5.2018, n. 8737).

In altri termini, stando al più recente orientamento della giurisprudenza di merito, è ragionevole ritenere, a titolo meramente esemplificativo, che se un appaltatore ha eseguito € 2 milioni di opere al lordo del ribasso del 50 % offerto in sede di gara e la P.A. ha corrisposto al netto del ribasso € 1 milione, a seguito della declaratoria di risoluzione, ha diritto di vedersi riconoscere il valore venale delle opere eseguite, cioè senza il ribasso e, dunque, l’ulteriore € 1 milione.

(Trib. Reggio Calabria, 5/9/2018, n. 1300)