Roma: alberghi, somministrazione e occupazione di suolo pubblico.

Una recente decisione del TAR Lazio ha messo in discussione una (forse discutibile) prassi interpretativa “romana” in tema di alberghi, somministrazione e occupazione di suolo pubblico.

I. L’esercizio di attività F&B in ambito alberghiero.

Come è noto, al livello di legislazione laziale (analogamente a numerose altre discipline legislative di altre regioni), la SCIA alberghiera autorizza anche la somministrazione di alimenti e bevande rivolta – oltre che agli ospiti dell’hotel – anche ad avventori esterni.

In particolare, dispone infatti l’art. 26, co.5, della L.R. Lazio 13/2017, che “la presentazione della SCIA [alberghiera] abilita le strutture ricettive ad esercitare la somministrazione di alimenti e bevande anche nei confronti delle persone non alloggiate nelle strutture” (e nel medesimo senso è anche l’art. 9, co. 5, del Regolamento regionale n. 17/2008).

In merito all’attività di somministrazione “alberghiera” merita anche di esser segnalato l’art. 78, co. 2, lett. d) della L.R. Lazio 22/2019 (Testo unico sul commercio), disposizione in base alla quale le eventuali limitazioni all’apertura di attività di somministrazione in taluni ambiti urbani non trova applicazione per l’attività di somministrazione svolta in ambito alberghiero (in favore, anche qui precisa la norma, delle persone alloggiate e non alloggiate).

Possiamo quindi constatare – ma è tema noto agli operatori dell’hospitality romana – che nessun dubbio più sussiste circa il legittimo esercizio, aperto al pubblico indiscriminato, di bar, ristoranti e F&B in generale in seno alle attività ricettive alberghiere.

II. La questione: è ammessa, per gli esercizi di somministrazione alberghieri, l’occupazione di suolo pubblico?

Se l’attività di somministrazione è, quindi, pacificamente esercitabile (senza limiti in ordine alla clientela, interna o meno) tramite la SCIA alberghiera (recante, infatti, una sezione ad hoc), più problematico è un aspetto “ancillare”, ossia la possibilità per le attività F&B di richiedere, ed ottenere, da Roma Capitale una occupazione di suolo pubblico – OSP.

La vigente disciplina di Roma Capitale, di cui al vigente art. 11, co. 1, della DAC 21/2021, introduce quale limite “soggettivo” al rilascio della concessione la condizione che il richiedente sia titolare di un esercizio nel quale l’attività di somministrazione sia “prevalente“.

Il dubbio, dunque, è se l’esercizio di somministrazione “dell’albergo” (che spesso costituisce un locale autonomo, ancorché autorizzato tramite la SCIA alberghiera e collegato direttamente anche con l’hotel) sia da considerare, ai fini di tale previsione, “autonomamente” o se, invece, la superficie di somministrazione sia da considerare “non prevalente”, in relazione alla ulteriore (ovviamente ben maggiore) superficie destinata a ricettività in senso stretto.

Secondo il competente Dipartimento Turismo di Roma Capitale,  espressosi al riguardo con Circolare prot. QH/58534/2020, così come da consolidata prassi dei competenti Uffici capitolini, le attività F&B alberghiere non potrebbero, in base a tale norma, ottenere una OSP.

III. La recente apertura proveniente dal TAR Lazio.

A fronte di tale quadro interpretativo – pur ampiamente discutibile – stabile nella prassi e nella interpretazione degli uffici, è venuta all’attenzione del TAR Lazio una vicenda nella quale, appunto, un esercizio di somministrazione abilitato tramite SCIA alberghiera si è visto rigettare la istanza di OSP, sulla base della citata lettura (ossia: un ristorante interno ad un albergo non sarebbe munito del requisito della superficie “prevalente” adibita a somministrazione alimenti e bevande).

In particolare, il TAR, nella sentenza 29.12.2023, n. 19913  , ha ritenuto tutt’altro che scontate le “certezze” degli Uffici di Roma Capitale, in quanto:

  • la DAC 35/2010 (normativa generale sulla somministrazione a Roma) per la somministrazione in ambito alberghiero rinvia alla disciplina speciale, non elencando, peraltro, le attività F&B alberghiere tra quelle per le quali è in assoluto preclusa la possibilità di ottenere la OSP;
  • la DCC 75/2010 (cui è succeduta la DAC 21/2021, sul punto non modificata) laddove individua il presupposto oggettivo della “prevalenza” della superficie destinata a somministrazione non pare così chiara nel senso di escludere gli esercizi autorizzati in seno ad una SCIA alberghiera.

Da sottolineare che il TAR Lazio, nell’annullare il diniego, ha restituito l’iniziativa a Roma Capitale, rimettendo alla stessa una nuova valutazione della fattispecie.

Dunque, la questione è tutt’altro che “chiusa”, ma pare chiaro che i dubbi del Giudice Amministrativo potrebbero portare ad un ripensamento da parte dell’Amministrazione, con la conseguente “apertura” delle OSP anche agli esercizi di “somministrazione alberghiera”.