Sharing monopattini elettrici su Milano: il TAR annulla l’avviso, illegittimo l’ordine di arrivo delle domande.
Il TAR Milano, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell’Avviso pubblico per l’individuazione di soggetti interessati a svolgere servizi di mobilità in sharing con dispositivi per la micromobilità elettrica (anche monopattini elettrici), nel Comune di Milano, lo annulla ritenendo che il criterio cronologico (ordine di arrivo delle domande) per la selezione degli operatori sia illegittimo.
Sul criterio “chi prima arriva meglio alloggia” (ordine di arrivo delle domande)
In particolare e procedendo con ordine, un operatore economico, dopo aver inviato la propria manifestazione di interesse ed essersi collocato molto in basso in graduatoria, ha impugnato l’avviso di sharing dei dispositivi a propulsione prevalentemente elettrica (es. monopattini elettrici) innanzi al TAR contestando la decisione di adottare il criterio cronologico (ordine di arrivo delle domande) per la selezione degli operatori. Sostiene l’interessata che tale criterio non sarebbe idoneo ad assicurare all’utenza il miglior servizio possibile posto che l’individuazione dei soggetti autorizzati sarebbe sostanzialmente affidata al caso.
Una società controinteressata sostiene in giudizio che questa censura sia inammissibile in quanto il criterio di selezione degli operatori era stato fissato nella delibera n. 1537 del 25.9.2019 che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare immediatamente. Ad avviso del TAR, l’eccezione di inammissibilità non può essere accolta in quanto la previsione riguardante il criterio di selezione non era immediatamente lesiva per la ricorrente, avendo essa acquisto il carattere della lesività solo dopo l’effettiva individuazione dei soggetti ammessi alla sperimentazione; ne consegue sulla medesima ricorrente non gravava l’onere di immediata impugnazione. Neppure si può ritenere che la partecipazione della ricorrente agli incontri preliminari con gli operatori organizzati dall’Amministrazione, nei quali sarebbe stata esposta la volontà di far ricorso al criterio cronologico, abbia determinato acquiescenza a tale decisione, posto che la mera partecipazione agli incontri non dimostra la chiara volontà della medesima ricorrente di accettare la scelta.
Ciò chiarito, il Collegio rileva che il fatto che l’attività di noleggio di dispositivi per la micromobilità elettrica non sia stata qualificata dal Comune come attività di servizio pubblico non deve far ritenere che lo stesso Comune possa completamente disinteressarsi degli interessi che interferiscono con essa, fra i quali spiccano l’interesse pubblico e quello dell’utenza di poter beneficiare del miglior servizio possibile.
E’ vero che la regolazione è stata dettata per evitare che l’attività sia svolta in contrasto con le esigenze di decoro e sicurezza urbana, tuttavia la restrizione del mercato che tale regolazione ha comportato (con conseguente mancata operatività dei meccanismi concorrenziali) avrebbe richiesto, ad avviso del TAR, l’adozione di una serie di accorgimenti volti ad assicurare che la scelta degli operatori da ammettere alla fase sperimentale ricadesse su coloro che, non solo garantiscano uno standard minimo di qualità, ma che siano anche in grado di soddisfare maggiormente l’interesse pubblico e quello degli utenti di poter beneficiare del miglior servizio possibile.
Ne derica che è evidente l’inadeguatezza del criterio cronologico prescelto dal Comune, criterio che affida la selezione al caso.
A questo punto il Collegio aggiunge un elemento di non poco conto e che potrebbe avere degli effetti sulle procedure di prossima emanazione in altri territori comunali. Sostiene il TAR che, sebbene non sia compito del Collegio suggerire un criterio di scelta alternativo, preme rilevare che criteri di scelta alternativi sono possibili posto che altre amministrazioni che, come il Comune di Milano, hanno avviato la sperimentazione sono state in grado di individuare indici funzionali alla selezione delle migliori proposte (criterio qualitativo).
Sulla natura concessoria e sull’applicabilità del d.lgs. 50/2016?
La pronuncia si rivela intressante anche sotto altro profilo.
Nel proprio ricorso, l’operatore sostenuto che l’Amministrazione avrebbe errato nel qualificare l’attività di sharing che, a suo dire, andrebbe ricondotta alla categoria del servizio pubblico.
Partendo da tale premessa, la ricorrente trae la conseguenza secondo cui il provvedimento che consente ai soggetti selezionati di svolgere l’attività di noleggio dei dispositivi per la micromobilità elettrica avrebbe natura concessoria e non già autorizzatoria (come erroneamente ritenuto dal Comune), risolvendosi esso in sostanza in un atto di affidamento della gestione di un servizio pubblico che necessitava programmazione e indizione di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di una concessione di servizi, ai sensi degli artt. 164 e segg. del d.lgs. n. 50 del 2016, nel rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità che governano la materia.
Come noto, per costante orientamento giurisprudenziale, il “servizio pubblico” presuppone la decisione della pubblica amministrazione di farsi carico del soddisfacimento di un bisogno proprio della collettività da essa amministrata che il mercato non è in grado di soddisfare adeguatamente, e consiste nell’espletamento del servizio a tal fine necessario il quale può essere svolto secondo modalità differenti che si possono però raggruppare in due grossi insiemi: a) gestione diretta da parte della stessa amministrazione; b) gestione affidata a soggetti estranei all’amministrazione.
A seguito della decisione dell’amministrazione di assunzione del compito di soddisfacimento del bisogno collettivo attraverso lo svolgimento del servizio pubblico, l’attività che ne costituisce oggetto diviene attività di interesse pubblico che la stessa amministrazione deve provvedere a regolare in modo da assicurare che essa sia effettivamente funzionale allo scopo cui è destinata, dando attuazione a determinati principi giuridici che si ricavano anche, e soprattutto, dal diritto eurounitario e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, tra i quali si ricordano il principio di legalità; il principio di doverosità (i pubblici poteri devono garantire direttamente o indirettamente alla collettività l’erogazione del servizio secondo criteri quantitativi e qualitativi predeterminati); il principio della continuità della gestione ed erogazione dei servizi; il principio di imparzialità; il principio di universalità (le imprese che gestiscono servizi pubblici devono offrire prestazioni anche a fasce di clienti e in aree territoriali non convenienti); il principio dell’accessibilità dei prezzi per tutti; il principio dell’economicità (nel senso che il gestore del servizio deve poter conseguire un margine ragionevole di utile); il principio di trasparenza; il principio di proporzionalità (Cons. St., Sez. I, 7/5/2019, n.1389).
Per quanto riguarda le forme di gestione, si è detto che l’attività di servizio pubblico può essere svolta direttamente dalla pubblica amministrazione, attraverso le strutture dello stesso ente che ha assunto il servizio (aziende speciali, gestione in economia), ovvero affidata ad altri soggetti.
Secondo la ricorrente, nel caso concreto, l’attività di sharin oggetto dell’Avviso dovrebbe essere qualificata come attività di servizio pubblico in quanto il Comune di Milano avrebbe inteso garantirne lo svolgimento al fine di soddisfare un bisogno della cittadinanza, affidandola in concessione a pochi soggetti determinati aventi natura imprenditoriale che, a suo dire, proprio perché beneficiari della possibilità di operare in un mercato chiuso, avrebbero dovuto essere selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica.
Il TAR non condivide. Il Comune di Milano non ha espresso l’intento politico di soddisfare il bisogno, proprio dei suoi amministrati, di spostarsi nel territorio cittadino mediante l’uso di hoverboard, segway, monopattini elettrici e monowheel. Questo bisogno è stato infatti ritenuto già adeguatamente soddisfatto dal mercato.
La necessità di regolazione dell’attività di noleggio di tali dispositivi è sorta in ragione del proliferare dei soggetti che hanno spontaneamente iniziato a erogare il servizio in modalità free floating (che consente la restituzione dei beni in luoghi non determinati) e per evitare che questa attività venga svolta in maniera pericolosa e disordinata, in modo da scongiurare impatti negativi sul sistema di circolazione stradale, sull’ordine e la sicurezza urbana nonché sull’uso del suolo pubblico. La regolazione non ha dunque la specifica finalità di garantire a tutti gli amministrati la possibilità di usufruire del servizio secondo i principi di imparzialità, universalità, continuità, trasparenza ecc..
Quanto sopra si ricava anche dalla delibera di Giunta comunale n. 1537 del 25/9/2019 ove si afferma esplicitamente che “È necessario per l’Amministrazione garantire condizioni di sicurezza e decoro affinché la circolazione dei dispositivi si svolga nel rispetto delle condizioni di sicurezza stradale sia per gli utenti sia per gli altri fruitori dello spazio pubblico”.
Una volta escluso che si trovi dinanzi ad una attività di servizio pubblico, le argomentazioni della ricorrente che invocano la necessità di applicazione delle norme e dei principi che regolano l’affidamento delle concessioni di servizio pubblico, perdono consistenza.
Sul servizio di noleggio “non arbitrario”
Sotto altro profilo, la sentenza del TAR Milano ribadisce come nessun rilievo abbia sulle questioni la normativa sopravvenuta contenuta nell’art. 1, comma 75, della legge n. 160/2019 che ha equiparato i dispositivi di cui si discute ai velocipedi e che, secondo la ricorrente, avrebbe determinato la piena liberalizzazione del settore.
Tale normativa ha la specifica finalità di disciplinare la circolazione e non l’attività di noleggio in modalità free floating dei suddetti beni, attività quest’ultima che, come precisato sopra, il Comune di Milano ha ritenuto di dover regolamentare al fine di evitare ricadute negative sul decoro urbano e sulla sicurezza urbana.
Va poi osservato che è intervenuto l’art. 33-bis del d.l. n. 162/2019, convertito con la legge n. 8/2020, che ha introdotto il comma 75 septies all’art. 1 della legge n. 160/2019 il quale prevede ora espressamente che “I servizi di noleggio dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica […] possono essere attivati solo con apposita delibera della Giunta comunale” nella quale devono essere previsti il numero delle licenze attivabili e il numero massimo dei dispositivi messi in circolazione.
(TAR Milano, Sez. III, 3/7/2020, n. 1274)