Soccorso istruttorio, virus informatico impedisce la conoscenza della comunicazione: causa di forza maggiore?
Può un virus informatico, che cagioni il blocco dei sistemi di una impresa inibendo la conoscenza del messaggio di soccorso istruttorio, configurare una causa di forza maggiore?
Di soccorso istruttorio e più in generale dei casi pratici sottoposti al vaglio della giustizia amministrativa abbiamo discusso nell’ultima pubblicazione “Soccorso istruttorio negli appalti pubblici” di Rosamaria Berloco (cliccando qui è possibile acquistare il volume con contenuti extra in omaggio), ma l’evoluzione giurisprudenziale non si ferma e continua ad arricchire i diversi orientamenti come con la sentenza del Consiglio di Stato oggetto della presente news.
Nel corso di una procedura di gara, la stazione appaltante attivava il soccorso istruttorio per consentire ad una delle partecipanti di emendare alcuni errori commessi nella compilazione del DGUE. Accadeva però che la medesima impresa non correggeva gli errori commessi così come previsto dalla comunicazione trasmessa, in quanto un virus informatico (c.d. ransomware) non le consentiva di venire a conoscenza, in tempo utile, della comunicazione di soccorso istruttorio. Sicché la stazione appaltante (che in un primo momento aveva proceduto all’esclusione della concorrente) si determinava a rimetterla in termini, ritenendo sussistente una causa di forza maggiore.
Nel contenzioso che seguiva, il TAR – disattendendo le argomentazioni della stazione appaltante – riteneva non sussistente una causa di forza maggiore, evidenziando come la inutilizzabilità del sistema informatico (infettato dal sopradescritto virus) non escludeva l’accessibilità, da parte dell’impresa, alla richiamata comunicazione di avvio del soccorso istruttorio – cui, secondo il Collegio, la partecipante avrebbe potuto accedere da altri device.
Ad avviso del TAR, con il caricamento della comunicazione nella relativa area di destinazione, il provvedimento doveva intendersi legalmente conosciuto dalla sua destinataria, la quale non aveva quindi diritto ad alcuna rimessione in termini.
Di opinione diametralmente opposta, invece, il Consiglio di Stato. Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti:
– dall’osservanza dei principi di leale collaborazione e di buona fede nei rapporti tra privato e P.A. deriva il potere dell’amministrazione di rimettere in termini il concorrente che, per causa di forza maggiore, si sia trovato nell’impossibilità di rispettare un termine previsto a pena di esclusione;
– l’espressione “causa di forza maggiore” va intesa come “un evento che non può evitarsi neanche con la maggior diligenza possibile” (in questi termini, Cass. Civ., Sez. III, 1.2.2018 n. 2480): ciò si verifica, come affermato da Cons. St., Sez. V, 18.10.2018 n. 5958, nel caso dell’attacco di un virus informatico che renda inservibili i sistemi e comprometta, nello specifico, il servizio di posta elettronica certificata richiedendo, per la sua soluzione, l’intervento di personale tecnico specializzato (oltre che del tempo per il ripristino del sistema medesimo).
Il sistema informatico dell’impresa destinataria del soccorso istruttorio era stato ripristinato solo in prossimità della scadenza del termine concessole; pertanto è evidente come non fosse possibile, per il concorrente, emendare in tempo gli errori commessi nella compilazione del DGUE (da qui la necessità della rimessione in termini). Né, viene infine precisato, l’impresa avrebbe potuto conoscere della comunicazione ricorrendo ad un altro device, non essendo provato che quest’ultima avesse avuto conoscenza, prima della scadenza del termine perentorio per adempiere al soccorso istruttorio, dell’avvenuta pubblicazione, sulla piattaforma telematica di gara, della comunicazione relativa all’attivazione del soccorso istruttorio medesimo.