La storia infinita del subappalto negli appalti pubblici tra giurisprudenza e decreto semplificazioni: limite sì, limite no.
Torniamo a parlare dell’istituto del subappalto negli appalti pubblici, limite sì, limite no: tema particolarmente caro al nostro Legislatore, il quale, quasi a emulare il romanzo fiabesco “La storia infinita” di Michael Ende, tenta di trovare una soluzione “al male” arrecato dalla UE con la procedura di infrazione contro l’Italia.
Giuristi e operatori ricorderanno molto bene le numerose modifiche subite dall’art. 105, d.lgs. 50/2016, e altrettanto bene ricorderanno la tarantella – ad oggi ancora “in ballo” – sulla percentuale massima di prestazioni subappaltabili, (40% – 30%).
Come noto, l’art. 105, co. 2, stabilisce che “il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. (…) l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo di lavori, servizi o forniture (…)”.
Il limite del 30%, fino a due anni fa, costituiva la regola generale.
Con il decreto Sblocca Cantieri, n. 32/2019, convertito in l. 55/2019, il Legislatore interviene innalzando il limite della quota subappaltabile fino al 31.12.2020 determinandola nel 40% del valore complessivo dell’appalto.
Con il decreto “Milleproroghe 2021” (art. 13) viene prorogato il limite del 40 % dello Sblocca cantieri sino al 31.12.2021.
A questo punto, con il decreto Semplificazioni n. 77/2021 (in attesa di conversione), il Legislatore, ancora una volta, rivede l’istituto del subappalto con una disciplina transitoria ed una a regime:
- dal 1.6.2021 al 31.10.2021, il subappalto è consentito fino al 50% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi e forniture (periodo transitorio);
- dal 1.11.2021 non è previsto alcun limite per il ricorso al subappalto. La stazione appaltante dovrà operare una valutazione “gara per gara”, sull’eventuale limitazione dell’istituto (cd liberalizzazione del subappalto a regime).
Non può sottacersi che il subappalto è da sempre motivo di conflitto tra l’Europa e l’Italia.
Difatti, la Commissione europea con lettera di messa in mora inviata il 24.1.2019 ha avviato la procedura di infrazione contro l’Italia (alla quale seguono le note pronunce della Corte di Giustizia UE del 2019), sottolineando la circostanza che la disciplina del subappalto italiana si pone in contrasto con la normativa comunitaria e i principi eurocomunitari.
In particolare, per quanto riguarda i limiti quantitativi, la Commissione osserva che “nelle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE non vi sono disposizioni che consentano un siffatto limite obbligatorio all’importo dei contratti pubblici che può essere subappaltato. Al contrario, le direttive si basano sul principio secondo cui occorre favorire una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici, e il subappalto è uno dei modi in cui tale obiettivo può essere raggiunto. Conformemente a tale approccio, l’art. 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE consente alle amministrazioni aggiudicatrici di limitare il diritto degli offerenti di ricorrere al subappalto, ma solo ove siffatta restrizione sia giustificata dalla particolare natura delle prestazioni da svolgere”.
Nello scenario appena descritto, si registrano pronunce giurisprudenziali spesso discordanti sulla legittimità del predetto limite quantitativo.
Difatti, il TAR Lazio (sentenza del 15.12.2020, n. 13527) si esprime in modo diametralmente opposto a quanto affermato dal Consiglio di Stato (sentenza del 17.12.2020, n. 8101) a distanza di soli due giorni:
- il TAR ritiene legittimo il limite quantitativo per il ricorso al subappalto;
- il Consiglio di Stato ribadisce la necessità di adeguare la normativa nazionale alla disciplina europea, secondo la quale deve prevalere il principio di massima partecipazione delle piccole e medie imprese, e quindi, il massimo utilizzo possibile dello strumento del subappalto.
La decisone del TAR Lazio
In particolare, il TAR Lazio conferma la legittimità del limite quantitativo previsto dall’art. 105, co. 2, d.lgs. 50/2016 – individuato nella misura del 40% fino al 31.12.2021.
Nel caso di specie, la ricorrente lamenta l’illegittimità della lex specialis che fissava nel 30% il limite al subappalto. Secondo la ricorrente, tale previsione contrastava con:
- il decreto Sblocca Cantieri, che aveva portato la quota subappaltabile al 40%;
- le pronunce della CGUE.
Il Collegio prende le mosse dalle indicazioni rese in ambito comunitario e nel rigettare il ricorso afferma che la pronuncia della Corte, “pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30%, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori”, nel senso che la Corte ha sì “considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato”, ma non esclude “invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari (ndr. di evitare infiltrazioni mafiose), un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo”, cosicché “non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40%” previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019.
A fronte di siffatte considerazioni, il TAR rigetta il ricorso affermando che è legittimo prevedere limiti al subappalto (inferiori al 40%).
La pronuncia del Consiglio di Stato
A distanza di qualche giorno rispetto alla pronuncia del TAR Lazio, il Consiglio di Stato è chiamato a pronunciarsi su una controversia avente ad oggetto l’affidamento di una concessione di servizi pubblici di ristorazione da parte di un Comune.
In particolare, la seconda classificata deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione, poiché l’aggiudicataria aveva espresso la volontà di subappaltare a terzi in misura eccedente il limite del 30% dell’importo complessivo dell’appalto.
Ebbene, i Giudici di Palazzo Spada, in netto contrasto con l’orientamento espresso dal TAR Lazio, affermano che “(…) la norma dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro – comunitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Consiglio di Stato, sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come i limiti ad esso relativi (30 per cento) secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, (…) deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea”.
Tanto è stato confermato anche di recente, con sentenza del 31.5.2021, ove il Consiglio di Stato afferma che “va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la norma del Codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18, e 27 novembre 2019, C-402/1”.
Alla luce di quanto sopra, si può desumere che il quadro normativo “convulso” tenderà a fomentare il dibattito giurisprudenziale, a spese, ovviamente, degli operatori del settore.
Attendiamo a questo punto la legge di conversione del decreto Semplificazioni bis con la consapevolezza che il dibattito sarà ancora più acceso.
(TAR Lazio Roma, Sez. III quater, 15.12.2020, n. 13527)
(Cons. St., Sez. V, 17.12.2020, n. 8101)
(Cons. st., Sez. V, 31.5.2021, n. 4150)