Il principio di precauzione nei giudizi di compatibilità ambientale: il rischio ambientale non deve essere ipotetico.

La quarta Sezione del Consiglio di Stato ha affrontato, con una recente pronuncia, una delle tematiche ambientali più attuali ovvero il principio di precauzione nell’ambito della vicenda relativa alla realizzazione di una centrale di compressione del gas che interessa il metanodotto della cd. “Rete Adriatica“.

Sotto il profilo tecnologico, si tratta di un’opera strategica particolarmente complessa che, in linea generale, assolve alla finalità di incrementare la pressione presente all’interno delle tubature del gas naturale che, nel caso del nostro Paese, proviene in massima parte da giacimenti che si trovano all’estero: l’infrastruttura, in questo modo, è in grado di fornire la necessaria spinta per percorrere la rete nazionale dei metanodotti e arrivare agli utilizzatori, ovvero alle famiglie e alle industrie.

La costruzione e gestione di tali infrastrutture passa, necessariamente, attraverso il conseguimento da parte del proponente di una particolare autorizzazione ambientale, che si articola in un procedimento complesso nell’ambito del quale viene espresso sostanzialmente un giudizio di compatibilità ambientale da parte dell’ente competente (il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nel caso di specie, ente appellato insieme ad altri), la cui disciplina si ricava, in via generale, dal d.lgs. 152/2006 e s.m.i.

Uno degli aspetti interessanti della vicenda attiene alla presunta inadeguatezza delle soluzioni tecniche seguite per progettare l’opera, che, secondo la prospettazione offerta dall’ente regionale appellante, rappresenterebbe comunque un pericolo per l’ambiente; tuttavia, nel merito, il Supremo Consesso amministrativo ha ritenuto l’appello infondato.

Le motivazioni giuridiche espresse dal Consiglio di Stato appaiono certamente interessanti sul piano della ricostruzione del quadro normativo applicabile.

Il Giudice d’appello opera preliminarmente un richiamo ai circoscritti poteri di cui dispone il Giudice amministrativo nell’ambito delle scelte operate dalle pubbliche amministrazioni (il ministero, in questo caso) nell’esercizio delle proprie funzioni: “… per principio giurisprudenziale del tutto pacifico … le scelte adottate dall’amministrazione nel programmare e progettare opere come quelle per cui è causa sono scelte tecniche soggette ad ampia discrezionalità, e come tali non sono sindacabili dal Giudice amministrativo se non in casi di esito abnorme o manifestamente illogico, esito che secondo logica deve essere dimostrato da chi contesta le scelte stesse. In tali termini, occorre allora osservare che la ricorrente appellante si è limitata ad asserire che l’opera sarebbe inadeguata, in particolare sotto il profilo del rischio sismico, ma non ha reso concreta tale affermazione. In altre parole, non ha dato la specifica dimostrazione di quali sarebbero le scelte manifestamente illogiche compiute nel progettare la centrale in questione“.

Segue poi un’ulteriore considerazione che costituisce il nucleo centrale delle valutazioni di merito espresse dal Consiglio di Stato, la quale fa leva proprio sui principi ambientali applicabili al caso di specie: ” … tutta la normativa di cui al d. lgs. 152/2006 è ispirata al rispetto del principio di precauzione, e pertanto affermare, come fatto nella sentenza impugnata, e come è incontestato, che le procedure di VIA ed AIA ivi previste sono state rispettate significa anche che il principio stesso è stato presuntivamente rispettato. Ciò posto, non si può a priori escludere che il rispetto di tali procedure non sia sufficiente, e che quindi uno spazio per l’ulteriore applicazione del principio rimanga, ma nel far ciò si devono tenere conto i criteri individuati dalla giurisprudenza, conformi del resto alla comune logica. Infatti, l’applicazione del principio non si può fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico, fondato su mere supposizioni allo stato non ancora verificate in termini scientifici … la ricorrente appellante quindi, anche in questo caso, avrebbe dovuto offrire con criteri scientifici la specifica dimostrazione di criticità del progetto lasciate per così dire scoperte dalle procedure espletate“.

Si tratta, in particolare, di un chiaro ed univoco caso di applicazione di uno dei principi cardini del diritto ambientale finalizzato a contenere il danno ambientale, ovvero quello di precauzione, di derivazione comunitaria e strettamente connesso a quello di prevenzione. Detto principio concerne il rischio che possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva del progetto: esso presuppone un’azione concreta in caso di rilievo di situazioni di pericolo (anche solo potenziale), per la salute umana e per l’ambiente poiché mira ad assicurare un alto livello di protezione nella realizzazione di opere e progetti di particolare rilievo.

(Cons. St. Sez. IV, 14.7.2020, n. 4545)