Appalti pubblici: il funzionario minaccia di non autorizzare il pagamento dei SAL se l’appaltatore iscrive riserva. Responsabilità aquiliana della committente.
La Corte di Cassazione torna, in tema di appalto di opere pubbliche, sull’onere di iscrivere riserve in relazione ai comportamenti dolosi o gravemente colposi dell’Amministrazione che ne abbiano causato la mancata apposizione nelle forme di legge.
Come noto, in tema di appalto di opere pubbliche, l’onere della riserva posto a carico dell’appaltatore si estende a tutte le pretese incidenti sul compenso complessivamente dovuto. Ne consegue che la mancata apposizione della riserva nel primo documento utile comporta la decadenza della relativa pretesa pecuniaria.
Sulla base di tale principio, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 23 giugno 2014 aveva rigettato l’impugnazione di un lodo arbitrale promossa da una impresa la quale aveva azionato il procedimento per ottenere la condanna della Committente al risarcimento dei danni subiti nell’ambito della esecuzione di un appalto di lavori, facendo però presente la tardiva apposizione delle relative riserve.
In particolare, il Giudice del gravame aveva ritenuto che l’attore era decaduto dalle pretese azionate non avendo provveduto alla formulazione delle relative riserve nella forma ad substantiam e nei termini previsti dal capitolato generale applicabile ratione temporis. Aveva quindi ritenuto inammissibile la prova testimoniale richiesta dall’appaltatore avente ad oggetto le pressioni esercitate dagli organi dell’Amministrazione per dissuadere l’attore dall’iscrizione delle riserve, motivando tale decisione sulla base del disposto dell’art. 2725 c.c. il quale vieta la prova testimoniale per i contratti e per gli atti per i quali è prescritta la forma ad substantiam.
Avverso la suddetta pronuncia l’impresa ha promosso ricorso in Cassazione deducendo, per quanto di interesse, la violazione e la falsa applicazione delle norme in materia di riserve nel contratto di appalto e degli artt. 2724 e 2725 c.c. Segnatamente, essa ha lamentato che la mancata formulazione delle riserve sarebbe derivata dalla violenza morale esercitata dai funzionari della stazione appaltante, che avevano minacciato di non autorizzare il pagamento degli stati di avanzamento dei lavori in caso di apposizione di riserva da parte dell’appaltatore.
La Cassazione ha accolto tale motivo di impugnazione.
Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha avuto modo di definire ancora una volta i contorni dell’istituto delle riserve e le eccezioni al principio di decadenza delle relative pretese pecuniarie a causa della mancata tempestiva apposizione delle medesime.
Nella specie il Supremo Consesso ha osservato che all’onere di riserva fanno eccezione le pretese riguardanti “a) fatti estranei all’oggetto dell’appalto o alla finalità di documentazione cronologica dell’iter esecutivo dell’opera, b) comportamenti dolosi o gravemente colposi dell’Amministrazione nell’esecuzione di adempimenti amministrativi, quando non incidano direttamente sull’esecuzione dell’opera e risultino quindi indifferenti rispetto alle finalità delle riserve, c) fatti c.d. continuativi, quando l’appaltatore non abbia potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi a lui pregiudizievoli la percezione della loro incidenza economica”.
La Cassazione ha dunque chiarito che nella seconda categoria sono incluse le pretese ricollegabili a fatti che siano il prodotto di un’attività del tutto scissa e contraria ai fini della gestione dell’appalto, o a quelli che, costituendo fatti illeciti, abbiano con l’esecuzione dell’opera un legame puramente occasionale (cfr. Cass., Sez. I, 13 luglio 1983, n. 4759), con la precisazione che, in quanto fonte di responsabilità non contrattuale ma aquiliana, gli stessi danno luogo ad un diverso titolo giustificativo della pretesa (cfr. Cass., Sez. II, 8 ottobre 1981, n. 5300).
E’ proprio a tale categoria che va ricondotta la pretesa fatta valere dall’appaltatore nel caso in questione. Infatti, la Suprema Corte ha ribadito da un lato che “le pretese aventi ad oggetto la esecuzione dei maggiori lavori sono sottoposte ad onere di riserva per le quali non può trovare applicazione la eccezione al divieto di prova per testimoni prevista dall’art. 2724 c.c.”, dall’altro, che ove, come nel caso in questione, la pretesa dell’appaltatore abbia ad oggetto una condotta colposa dei funzionari dell’Amministrazione finalizzata a impedire l’iscrizione tempestiva delle predette riserve deve ritenersi che questa sia sottratta all’onere della riserva.
Ne fa da corollario che la dimostrazione della predetta condotta non richiede necessariamente la produzione di un documento scritto, non trattandosi di fornire la prova della riserva, ma quella delle predette pressioni dalle quali deriva la pretesa risarcitoria e che quindi la prova testimoniale è da ritenersi ammissibile.
In conclusione, ove i funzionari dell’Amministrazione adottino una condotta colposa o dolosa atta a impedire o scoraggiare l’apposizione delle riserve questa potrebbe dare titolo ad una pretesa risarcitoria da parte dell’appaltatore avente ad oggetto il danno cagionato dal comportamento illecito dell’ente committente senza essere sottoposto all’onere della preventiva formulazione della riserva.