La disciplina dei criteri ambientali minimi prevista dall’art. 34 del Codice appalti.
Gli appalti attraverso i quali la Pubblica amministrazione acquisisce ben e/o servizi, sempre più con maggiore frequenza, prevedono che i beni e/o servizi siano rispondenti a particolari caratteristiche tecnico-funzionali.
Si tratta di una chiara applicazione della previsione ex art. 34 del Codice appalti che stabilisce espressamente che le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione “attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”
Nel sistema di pubblico acquisto, il legislatore ha previsto delle soluzioni standardizzate definite criteri ambientali minimi (C.A.M).
Essi sono solitamente definiti come un’insieme di requisiti previsti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato.
Il (neo) Ministero della transizione ecologia (ex Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) fornisce a questo link una serie di informazioni inerenti i criteri ambientali minimi e le diverse categorie merceologiche in riferimento all’oggetto dell’affidamento.
La sentenza oggetto del presente contributo consente di esaminare come opera il sistema dei C.A.M. nell’ambito di una gara d’appalto.
La questione sottoposta all’esame del Giudice ammnistrativo verte su di una procedura di gara relativa all’affidamento della fornitura e posa in opera di attrezzature e arredi per una struttura sanitaria.
Alla procedura partecipano due operatori economici: la parte ricorrente, ovvero la società seconda classificata, insorge avverso le determinazioni assunte dall’Ente pubblico di aggiudicazione della fornitura in favore di altro operatore deducendo una serie di motivi, due dei quali interessano l’applicazione proprio dei criteri ambientali minimi.
La disciplina di gara non indicava, espressamente, l’applicazione dei criteri ambientali, bensì una serie di caratteristiche riconducibili a quelle tipiche stabilite dai C.A.M.
Con il primo motivo, in particolare, la società ricorrente contesta il mancato possesso in capo all’aggiudicataria del requisito dei criteri ambientali minimi ai prodotti oggetto dell’offerta (trattasi di prodotti d’arredo nello specifico) facendo leva sul principio della eterointegrazione quanto all’osservanza dei criteri ambientali minimi ex art. 34 Codice appalti.
Il secondo motivo, invece, verte sulla violazione del decreto ministeriale 11 gennaio 2017 (relativo all’adozione dei criteri ambientali minimi per gli arredi per interni, per l’edilizia e per i prodotti tessili) che, a ragion della ricorrente, impone ai fini della verifica dei prodotti ai criteri ambientali minimi specifici documenti, mentre nella procedura di gara in questione la stazione appaltante avrebbe esaminato solo ed esclusivamente una dichiarazione di impegno del concorrente e certificati non corrispondenti alla documentazione puntualmente prevista nel citato decreto.
La decisione assunta dal Tar campano è risultata favorevole per la ricorrente e, dunque, il ricorso fondato.
Nell’esaminare la questione, il Giudice amministrativo opera preliminarmente un richiamo al procedimento cautelare dello stesso giudizio, nell’ambito del quale era stato ritenuto che i C.A.M. erano elementi essenziali dell’offerta, la cui sussistenza era da verificarsi in un tempo antecedente all’aggiudicazione e come presupposto di questa.
Confermando il principio espresso in fase cautelare, per poter qualificare esattamente la natura giuridica dei C.A.M., il Tar opera preliminarmente una distinzione tra requisiti di partecipazione ed esecuzione, osservando in maniera puntuale che “… i criteri ambientali minimi non possono essere qualificati in senso proprio come requisiti, né di partecipazione, né di esecuzione; non di partecipazione, dal momento che questi afferiscono al concorrente, sia in quanto operatore economico (cd. requisiti generali), sia quale imprenditore del settore (cd. requisiti speciali); i requisiti di esecuzione sono invece condizioni soggettive ed oggettive dell’appaltatore, previsti onde assicurare il puntuale adempimento di obbligazioni inerenti al contratto pubblico per cui è stata indetta gara; in tal senso, essi sono esigibili non in capo al concorrente, e quindi fin dal momento della gara, ma solo dall’appaltatore ed al momento della stipulazione, essendo solo tale soggetto colui che deve assicurare la corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali; l’esigenza di una verifica successiva alla conclusione della gara è ascrivibile ad esigenze di economia procedimentale, diversamente costituendo un ingiustificato aggravamento del procedimento un accertamento preventivo relativo a tutti i concorrenti, nonché al rispetto del principio di proporzionalità e di favor partecipationis; invero, costituirebbe un onere eccessivo imporre a chi è semplice concorrente il possesso di condizioni e requisiti che si rivelerebbero privi di concreta utilità in caso di mancata aggiudicazione …“.
Venendo poi alla disamina del caso, il Tar afferma che “si è in presenza di elementi essenziali dell’offerta, ossia di caratteristiche qualitative che la norma impone debbano essere possedute dalle cose oggetto di fornitura, nel caso di specie arredi ed attrezzature che, sebbene appartenenti ad un genus, devono essere identificate, presentate e comprovate come qualitativamente idonee dal punto di vista del soddisfacimento dei criteri ambientali minimi“.
Nel giungere alla conclusione, il Giudice amministrativo acclara, dunque, l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, disponendone l’annullamento, poiché la staziona appaltante non aveva preventivamente verificato l’osservanza dei criteri ambientali minimi relativamente ai beni che costituivano l’oggetto dell’offerta della società.