Contraccettivi di emergenza e obbligo di prescrizione medica, tra discrezionalità tecnica e principio di precauzione
I farmaci contraccettivi femminili di emergenza, sebbene ormai diffusi da tempo, sono ancora contrastati da associazioni antiabortiste. Alcune di queste hanno recentemente impugnato il provvedimento dell’AIFA con cui si dispone l’eliminazione dell’obbligo di prescrizione medica per la commercializzazione presso le farmacie italiane di un farmaco contraccettivo femminile di emergenza (c.d. “pillola dei 5 giorni dopo”) anche in favore di ragazze minorenni.
Il TAR Lazio ha nettamente respinto tutte le censure, ribadendo alcuni punti fermi relativi al sindacato sull’esercizio della discrezionalità tecnica e alla corretta applicazione del principio di precauzione.
In primo luogo, la sentenza ha confermato la competenza dall’AIFA in materia, spettando per legge all’Agenzia la classificazione dei medicinali soggetti a prescrizione medica e di quelli non soggetti a prescrizione, con un potere di va riconosciuta natura costitutiva (art. 87, d.lgs. n. 219/2006). La “farmacopea ufficiale”, pubblicata dal Ministero della salute, costituisce invece un’elencazione dotata di portata meramente ricognitiva.
Inoltre, il TAR ha ritenuto prive di fondamento le censure relativa a una possibile funzione antinidatoria (di impedimento dell’impianto nell’utero dell’ovulo già fecondato) del prodotto, che avrebbe dunque effetti non contraccettivi, ma “abortivi”. Invece, sulla base di quanto autorizzato, il farmaco in questione avrebbe una funzione meramente antiovulatoria, impedendo in altre parole la fecondazione.
Sul punto la sentenza sottolinea che l’attività amministrativa esercitata è squisitamente connotata da discrezionalità tecnica, sindacabile solo nelle ipotesi di manifesta illogicità o di palese erroneità, mentre non sono ammessi meri giudizi di “non condivisione”, rispetto alle conclusioni fornite dagli organi tecnico-amministrativi.
Quello del giudice amministrativo in merito, ricorda il TAR, è un controllo “intrinseco ma debole”, in cui il giudice non può sostituirsi alla pubblica amministrazione, ma deve limitarsi a verificare se le sue scelte rientrino o meno entro la ristretta gamma di scelte possibili sulla base delle coordinate tecniche e scientifiche da applicare al singolo caso.
Nel caso di specie, AIFA ha sostanzialmente fatto propria una relazione di parte ricca di fonti scientifiche dirette ad escludere tanto problematiche di salute quale che sia l’età di chi assume la sostanza in questione, quanto una ulteriore portata antinidatoria in capo al prodotto.
In merito alle censure relative ad asseriti effetti negativi del farmaco, quali possibili gravidanze extrauterine, effetti tossici sul fegato, capogiri, sonnolenza e perdita di concentrazione, il TAR ha ritenuto che quelle delle ricorrenti sul punto fossero opinioni e asserzioni generiche e ipotetiche e dunque inammissibili.
Infine, con riferimento al principio di precauzione, la sentenza ricorda che il principio comunitario di precauzione implica che, nel caso in cui sussistano incertezze quanto all’esistenza o alla portata dei rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono prendere provvedimenti di tutela senza dover attendere che la realtà e la gravità di tali rischi siano pienamente dimostrate, ma che tale potere non può essere esercitato sulla base di supposizioni, cioè di valutazioni meramente ipotetiche, e richiede comunque, in carenza di letteratura, la ricorrenza di un principio di probabilità del rischio per la salute.
Anche sotto tale profilo, le ricorrenti si sono limitate a riportare giudizi di natura meramente ipotetica e senza ancorare le proprie conclusioni ad effettive valutazioni di effettiva probabilità del rischio connesso.