La disciplina dell’incremento premiante delle categorie di qualificazione di lavori pubblici.

Il sistema di categorie e classifiche di lavori pubblici, obbligatoria per partecipare a procedure ad evidenza pubblica per importi superiori ad euro 150.000,00, costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici.

Il sistema delineato dal legislatore, contenuto nel d.P.R. 207/2010 e s.m.i., stabilisce che la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto.

Nella precedente news consultabile a questo link abbiamo affrontato il tema della legittimità della decisione con cui una S.A. richieda ai soggetti partecipanti ad una procedura di gara di appalto pubblico la produzione di certificazioni ulteriori rispetto alla attestazione SOA ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti nel bando.

La pronuncia del Giudice amministrativo marchigiano che si prende in considerazione affronta, invece, le modalità di applicazione della previsione normativa di cui all’art. 61, co. 2, d.P.R. 207/2010, nelle ipotesi di partecipazione mediante raggruppamento di imprese, disposizione che, come già accennato, prevede la possibilità che l’operatore economico in possesso di una categoria possa validamente partecipare alle gare ed eseguire lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto.

Si tratta, dunque, di verificare l’esatta modalità con la quale opera l’attribuzione del beneficio dell’incremento virtuale del quinto della propria qualificazione all’operatore economico che sia parte di un RTI.

Nel giudizio, la società ricorrente espone la tesi interpretativa in forza della quale nei casi di raggruppamenti di tipo verticale, il parametro alla cui stregua interpretare la norma di cui all’art. 61, co. 2, del d.P.R. n. 207/2010, sarebbe l’art. 92, comma 3, del medesimo testo normativo, in base al quale negli RTI di tipo “verticale” i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla mandataria nella categoria prevalente, mentre nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l’importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola. Con la conseguenza che, affinché la mandante di un RTI verticale possa beneficiare dell’incremento del quinto della qualificazione posseduta, sarebbe sufficiente che, così come per l’impresa singola, essa abbia (con l’incremento del quinto) la qualificazione necessaria a coprire gli importi delle lavorazioni nella categoria scorporabile assunta.

La tesi interpretativa non è tuttavia condivisa dal Giudice amministrativo.

Muovendo dall’esegesi della disposizione, il Tar richiama i precedenti giurisprudenziali secondo i quali, anche con riferimento ai raggruppamenti di tipo verticale o misto, la condizione della qualificazione almeno pari ad un quinto dell’importo dei lavori a base di gara deve intendersi come qualificazione almeno pari ad un quinto dell’importo complessivo dei lavori e non come pari ad un quinto dell’importo della singola categoria scorporabile la cui esecuzione è assunta dalla mandante che invoca l’incremento.

Fondamentale alla decisione appare, per il Giudice amministrativo, l’esatta individuazione della ratio delle disposizione che  è quella di non esasperare gli effetti della qualificazione “virtuale” quando le imprese esecutrici siano una pluralità e il requisito di qualificazione risulti, di conseguenza, molto frazionato.

Da tale assunto il Tar ne ricava le regole applicative, sia nelle ipotesi di partecipazione singola, che in quella plurisoggettiva: “L’inequivoco tenore letterale della disposizione … consente di ricavare le seguenti regole:

– la qualificazione in una categoria abilita l’impresa singola a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto: dunque, ogni impresa può partecipare alle gare ed eseguirne i rispettivi lavori avuto riguardo alla propria qualificazione in una specifica categoria e nei limiti della classifica posseduta;

nel caso di imprese raggruppate o consorziate “la medesima disposizione” si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata: ciò significa che, anche nel caso di raggruppamento, ciascuna singola impresa è abilitata a partecipare ed eseguire i lavori in riferimento alla propria qualificazione in una categoria e nei limiti della classifica col beneficio dell’incremento del quinto, ma subordinatamente alla ulteriore condizione che essa sia qualificata per un importo pari ad almeno un quinto “dell’importo dei lavori a base di gara“.

L’interpretazione resa è quella dunque basata proprio sulla ratio della norma, che è quella di garantire l’attuazione dei principi eurounitari di concorrenza e “favor partecipationis”, strettamente connessi a quelli, costituzionali, di buon andamento, imparzialità e libertà d’iniziativa economica privata, al fine di consentire l’accesso alle gare d’appalto anche alle imprese, singole o associate, le quali hanno una qualificazione di poco inferiore a quella richiesta dai bandi.

Non può sottacersi che l’opposta tesi (che fa leva sull’assunto per il quale per beneficiare dell’incremento del quinto per la categoria scorporabile l’impresa dovrebbero possedere una qualificazione di gran lunga superiore allo stesso requisito di partecipazione), condivisa da un orientamento giurisprudenziale minoritario, parrebbe illogica in quanto le imprese componenti il RTI, qualora dovessero avere una qualificazione di poco inferiore a quella richiesta dalla stazione appaltante, non potrebbe concorrere all’aggiudicazione, vanificando l’intento della norma e limitando oltremodo la platea dei partecipanti, con conseguente violazione del fine perseguito dal legislatore, che è, come detto, quello di favorire la concorrenza.

(T.A.R. Marche Sez. I, 9.12.2021, n. 851)