Energie rinnovabili: impianti di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza.

La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energie rinnovabili sono soggetti, come noto, alla disciplina autorizzativa contenuta nel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 e s.m.i.

L’art. 12, co. 1, del citato decreto, sancisce che le opere “… per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti“.

Si tratta di un aspetto essenziale previsto dal legislatore che denota una caratteristica propria degli impianti e, in via sostanziale, delle autorizzazioni rilasciate dagli enti competenti (regioni o province, a seconda delle deleghe concesse) a seguito di un procedimento unico.

Recentemente abbiamo affrontato il tema dell’incidenza dei progetti relativi alle energie rinnovabili rispetto alla tutela paesaggistica: a questo link abbiamo esaminato un caso pratico nell’ambito del quale il Giudice amministrativo, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, ha dedotto la prevalenza della caratterizzazione agricola dell’area rispetto alla finalità dell’opera.

Il Giudice amministrativo, nel definire l’ambito applicativo della normativa, specie nei giudizi di valutazione della compatibilità ambientale di tali complesse opere, ha ripetutamente circoscritto i profili della discrezionalità amministrativa (legati sempre più a funzioni di carattere politico – amministrativo) rispetto all’interesse alla realizzazione dell’opera.

Nella vicenda che qui si esamina, ad esempio, il Consiglio di Stato si è soffermato sulla legittimità delle valutazioni tecnico – discrezionali espresse dall’Organo tecnico preposto al rilascio dell’atto autorizzativo per la costruzione di un’opera complessa di produzione di energie rinnovabili deducendo, in linea di principio, quanto ai limiti che incontra il sindacato giurisdizionale, che “… l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto è anch’esso scrutinabile, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione “che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile» …“.

Le valutazioni scientifiche, pertanto, costituiscono la linea di demarcazione per il sindacato giurisdizionale e possono condurre, altresì, ad escludere, come nel caso di specie, l’accoglimento di un’istanza istruttoria concernente l’esperimento di una consulenza tecnica d’ufficio che si tradurrebbe in “… un riesame di merito da parte dell’organo giurisdizionale in ordine alle valutazioni di compatibilità ambientale condotte dagli organi a ciò deputati ex lege …“.

Un’ulteriore aspetto essenziale della vicenda riguarda il complessivo impatto che il progetto o l’opera potrebbe avere sull’ambiente: secondo il Giudice amministrativo, infatti, non è meritevole d’accoglimento la presunta violazione dedotta dalla società proponente del principio di cui all’art. 12, comma 1, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, secondo cui gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili “sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.

Al fine di ricostruire l’iter logico – motivazionale, il Consiglio di Stato ha fondato il proprio convincimento alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente, che si rinviene, tra l’altro, dalla disciplina sovranazionale, secondo il quale “se è vero che – come ha chiarito la Corte costituzionale … la predetta disposizione è espressione del “principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili” che discende direttamente dalle direttive europee in materia … e che conseguentemente la giurisprudenza esige che il giudizio di compatibilità ambientale per detti impianti sia svolto in modo analitico e puntuale e non mediante formule stereotipe … il Collegio non aderisce all’opzione dell’appellante che giunge ad interpretare il principio nel senso che l’interesse alla realizzazione degli impianti debba sempre considerarsi prevalente su quello alla tutela dell’ambiente, perché ciò comporterebbe di fatto la sterilizzazione (e, quindi, la negazione) del bilanciamento di interessi cui è istituzionalmente preposta l’autorità competente in materia di VIA (peraltro, anch’essa sulla scorta di specifiche direttive europee) “.

Ciò dunque significa che il paradigma normativo di cui all’art. 12, co. 1, d.lgs. 387/2003 e s.m.i., secondo il quale gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabilisono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti” non ha carattere assoluto ma soggiace al principio del bilanciamento degli interessi contrapposti, in relazione al quale l’autorità competente è tenuta a porre in essere le valutazioni ai fini del rilascio del provvedimento autorizzativo.

(Cons. St., Sez. IV, 12.11.2021, n. 7550)