L’efficacia degli accordi bilaterali nel settore dell’energia rinnovabile.
Le questioni attinenti l’efficacia degli accordi stipulati tra enti pubblici e operatori economici privati per lo sviluppo di iniziative legate alla promozione di energia rinnovabile sono state oggetto di particolare attenzione a partire dall’entrata in vigore del d.lgs. 387/2003.
Come è noto, il d.lgs. 387/2003, all’art. 12 recante le disposizioni per la razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, ha previsto il divieto assoluto di rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e gestione degli impianti subordinato a misure di compensazioni a favore delle regioni e delle province.
Nel solco di una promozione e valorizzazione piena dello sviluppo energetico “green”, l’art. 1, co. 4, lett. f), l. 239/2004, ha previsto misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale legate a particolari circostanze ambientali e territoriali con esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Entrambe le disposizioni si accomunano per aver introdotto comunque il divieto assoluto di stipulare accordi a contenuto meramente patrimoniale in favore di enti locali in relazione al rilascio di titoli per la costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, indirizzo poi confermato dalle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili“.
La giurisprudenza amministrativa, a più riprese, è stata investita delle questioni attinenti la validità e l’efficacia delle convenzioni sottoscritte tra enti ed operatori economici privati (titolari di impianti energetici), convenzioni all’interno delle quali le parti hanno previsto vere e proprie “misure di compensazione” a carattere meramente patrimoniale a carico delle società private e a beneficio delle amministrazioni facendo ricorso a delle previsioni legislative originariamente “poco chiare”.
Dette misure di compensazione hanno ricevuto un arresto all’indomani delle pronunce rese dalla Corte Costituzionale, da ultimo quella del 23.3.2021, n. 46: prima di ciò, esse hanno consentito agli enti di “salvaguardare” parzialmente i bilanci, nonostante tali convenzioni fossero state reputate nulle dalla giurisprudenza amministrativa.
La pronuncia che viene qui in commento è resa dal Consiglio di Stato a seguito di una lite che insorge tra l’impresa titolare del parco eolico e l’Amministrazione ove l’infrastruttura è stata realizzata; l’oggetto del contendere è proprio la validità della convenzione sottoscritta, nel caso di specie, nel 2006 (prima del rilascio del provvedimento autorizzativo) nella parte in cui l’atto negoziale prevedeva la corresponsione di un corrispettivo economico da parte dell’impresa in favore dell’ente per obbligazioni connesse all’implementazione dell’opera.
Dai fatti di causa emerge che, una volta conseguita l’autorizzazione, la Società versava regolarmente nel corso degli anni le somme pattuite in favore dell’ente civico.
Rivolgendosi al Giudice amministrativo, la società richiedeva la declaratoria di nullità della convezione sottoscritta tra la società e l’ente nella parte in cui era previsto il pagamento di un “corrispettivo economico” e, conseguentemente, la richiesta di restituzione di quanto già corrisposto.
Dopo che il Giudice di primo grado aveva ritenuto infondato il ricorso proposto dalla società ricorrente, il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla validità o meno della decisione del Tar, ha ritenuto il ricorso d’appello altrettanto infondato.
La pronuncia appare di rilevo laddove consente di analizzare alcuni elementi essenziali di tali convenzioni.
In disparte ogni considerazione sugli aspetti peculiari della vicenda, trattandosi nel caso di specie di una convenzione che secondo il Supremo Consesso amministrativo contiene misure di compensazione a carattere meramente patrimoniale, legittime per la disciplina all’epoca vigente, ciò che rileva nella vicenda è la distinzione operata dal Giudice amministrativo tra due concetti essenziali nel tema dello sviluppo dell’energia rinnovabile: le misure di compensazione e le misure di mitigazione ambientale (o di riequilibrio ambientale).
Secondo il Giudice amministrativo le prime (misure di compensazione) comprendono “… tutti gli interventi rivolti a ridurre gli effetti deteriori dell’impatto di una opera da realizzare sul contesto ambientale in cui è collocata …“.
Aggiunge, sempre il Consiglio di Stato, che “… con le misure compensative si vuol sostituire una risorsa ambientale che si assume deteriorata con una risorsa equivalente (in ciò, appunto, consisterebbe la <<compensazione>>)…“.
Secondo la prospettazione del Giudice di secondo grado “… la risorsa acquisita dalla cittadinanza in sostituzione può essere anche una risorsa meramente patrimoniale, per la natura illimitatamente scambiabile del denaro …“.
Le misure di mitigazione, invece, consistono più propriamente in azioni concrete di parziale riequilibrio ambientale e territoriale, le quali sono normativamente previste, seppur in termini generali (qui il link per una consultazione completa delle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili“).
Dalla disamina complessiva del caso, il Consiglio di Stato giunge dunque a ritenere valido ed efficace l’obbligo assunto dall’operatore economico privato con l’Ente poiché tali accordi (di carattere meramente patrimoniale) erano certamente consentiti dal quadro normativo vigente al tempo della loro conclusione, accordi non più ammissibili stanti le differenti regole poste dalle Linee guida del 2010..
Certamente, il ragionamento seguito dal Giudice amministrativo si presta a molteplici riflessioni: nonostante il Consiglio di Stato ritenga “legittimi” tali accordi, senza alcun dubbio tali misure di compensazione si prestano ad un diversità di veduta laddove consistano in un mero versamento di somme di denaro poiché astrattamente costituiscono un ostacolo all’iniziativa privata nel settore energetico (anche sotto il profilo autorizzativo), specie allorquando tali accordi intervengono con un soggetto pubblico privo di specifiche competenze amministrative, ma comunque deputato a svolgere un ruolo essenziale nella fase di implementazione delle infrastrutture energetiche.
Certamente, a ragion di chi scrive, l’analogia tra la risorsa ambientale deteriorata e quella patrimoniale appare poco convincente ove lo sviluppo deve intendersi sostenibile e con un favor di riguardo verso le generazioni future.