Presidente del collegio consultivo tecnico: possono essere nominati anche gli avvocati del libero foro?
Il decreto del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (MIMS) n. 12 del 17.1.2022 – “delle linee guida per l’omogenea applicazione da parte delle Stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico” esclude al punto 2.4.2 gli avvocati del libero foro dalla nomina a Presidente del collegio consultivo tecnico.
La previsione è stata impugnata innanzi al TAR Lazio poiché il citato decreto ministeriale non consente agli avvocati del libero foro di assumere la carica di Presidente del collegio consultivo tecnico.
Il succitato punto 2.4.2 lettera c), infatti, prevede espressamente, per quanto di interesse per l’avvocatura, che tale funzione possa essere assunta solamente da “giuristi, che ricoprono o hanno ricoperto la qualifica di: (…) avvocato dello Stato (…). Per tutte le indicate qualifiche professionali è richiesta una anzianità nel ruolo (…) non inferiore a dieci anni”.
Con ordinanza n. 2585 del 19.4.2022, il Collegio – accogliendo la domanda cautelare – evidenzia che:
– il punto 2.4.2 lettera c) è formulato in maniera discriminatoria per gli avvocati del libero foro, laddove si consideri che per questi è prevista la possibilità di essere nominati componenti del CCT (come previsto dal punto 2.4.3 lettera b), il quale elenca i requisiti che devono essere posseduti al fine della nomina a componente il CCT);
– la categoria degli avvocati del libero foro non rientra tra quelle dei giuristi di cui al punto 2.4.2 lettera a) in quanto tale disposizione prevede, quali requisiti per la nomina a Presidente del CCT, lo svolgimento di funzioni incompatibili con l’esercizio della professione forense;
– l’avvocato del libero foro, peraltro, non rientra neppure tra i giuristi indicati nella disposizione impugnata, in quanto per tale compito potranno essere nominati soltanto soggetti in possesso di qualifiche tutte accomunate dalla sussistenza di un rapporto di servizio non contrattualizzato e di diritto pubblico (rapporto che si instaura con l’amministrazione a seguito del superamento di prove concorsuali pubbliche, quali quelle per magistrato, avvocato dello Stato ovvero prefetto);
– di contro, quella di “dirigente di stazioni appaltanti con personalità giuridica di diritto privato soggette all’applicazione del codice dei contratti pubblici” – che il punto 2.4.3 elenca tra le qualifiche abilitanti alla nomina a componente il CCT per i giuristi – è riconducibile a soggetti che prestano essenzialmente attività in favore di soggetti con personalità giuridica di diritto privato (con la conseguenza che sarà irragionevole la loro equiparazione alle succitate categorie di magistrato, prefetto o avvocato dello Stato).
È dunque discriminatoria, secondo il Collegio, la decisione del Ministero di non consentire agli avvocati del libero foro di essere nominati Presidente del CCT.
L’art. 6, comma 8 bis, del d.l. 76/2020 ss.mm.ii. (cd. decreto Semplificazioni) impone invero al Ministero di definire i requisiti professionali del Presidente del CCT nel rispetto di quanto previsto dall’articolo medesimo; dunque, l’esclusione degli avvocati del libero foro contrasta con la funzione stessa del CCT (finalizzato ad una “rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”).
Tale decisione di escludere gli avvocati del libero foro è altresì illogica laddove si consideri che essi possono essere nominati a svolgere la carica apicale di altri istituti con finalità deflattive del contenzioso (si pensi alla Camera arbitrale per i contratti pubblici di cui all’art. 210 d.lgs. 50/2016).
Per tali motivi – e ricordato che il CCT è istituto a tempo (la cui durata è prevista fino al 30.6.2023) – è evidente il danno grave ed irreparabile derivante dall’impossibilità degli avvocati del libero foro di essere nominati Presidente del CCT (pur essendo stati designati dalle parti per tale ruolo): ne deriva, pertanto, per il Collegio la necessità di sospendere l’efficacia del punto 2.4.2 lettera c) impugnato.