Contratti pubblici: è legittima la risoluzione del contratto prima della consegna dei lavori?
È legittima la risoluzione del contratto prima della consegna dei lavori? In questi casi l’Amministrazione può riscuotere la garanzia prestata dall’appaltatore?
Il Tribunale Civile di Torino ha recentemente risposto positivamente il primo quesito, ribadendo che per l’escussione della garanzia la stazione appaltante è tenuta a provare di aver subìto un danno risarcibile.
Vediamo in dettaglio il caso.
Una società, risultata aggiudicatrice di un appalto per la manutenzione dei servizi antincendio presso taluni immobili di proprietà della stazione appaltante, ha chiamato in giudizio quest’ultima per aver ingiustamente risolto il contratto.
In particolare, la società, nel contestare la risoluzione, ha sostenuto che, non essendo ancora intervenuta la consegna effettiva dei lavori, la committente non poteva risolvere il contratto ma al più poteva applicare le sole penali; ha censurato, altresì, l’illegittimità dell’escussione della fideiussione da parte della stazione appaltante sull’assunto che la stessa non aveva subìto alcun danno e, infine, ha eccepito l’inesistenza o comunque l’illegittimità della clausola risolutiva espressa perché non doppiamente sottoscritta ex art. 1342 cc.
Costituitasi in giudizio, la committente ha dichiarato che la risoluzione era stata decisa all’esito di gravi inadempimenti da parte della società aggiudicataria. In particolare, aveva rilevato che i lavoratori che la società appaltatrice aveva proposto di impiegare non rispettavano i requisiti del bando e quelli premiali offerti. Il possesso dei requisiti minimi di gara non era stato oggettivamente valutato dalla stazione appaltante: nonostante le richieste di integrazione rivolte alla società, questa non aveva prodotto documenti idonei a riscontrare la sussistenza dei requisiti dichiarati.
La committente ha chiamato in giudizio la Compagnia assicurativa per l’escussione della garanzia, la quale, a sua volta, ha eccepito l’abusività della garanzia per totale assenza del danno risarcibile in capo alla stazione appaltante. Trattenuta la causa in decisione, il giudice ha esaminato alcune questioni aventi carattere preliminare.
La prima, concernente la possibilità o meno della committente di procedere alla risoluzione contrattuale prima di dare inizio all’esecuzione del contratto, è stata risolta positivamente dal giudicante.
A parere del giudice, infatti, indipendentemente dalle regole della specifica gara d’appalto, risulta nella logica delle cose che l’appaltatore, prima di iniziare l’appalto, documenti il possesso da parte dei lavoratori dei requisiti di professionalità richiesti: il possesso dei requisiti di professionalità, infatti, rappresenta una precondizione per l’esecuzione dell’appalto.
Per il Tribunale , dunque, la pretesa della committente di ricevere l’elenco dei lavoratori con le relative qualifiche professionali prima dell’inizio dell’esecuzione dell’appalto, è perfettamente legittima in quanto adempimento preliminare necessario per la consegna dei lavori, sicché in linea teorica la committente può procedere alla risoluzione del contratto di appalto ancor prima di dare inizio all’esecuzione del contratto.
La seconda, invece, riguardante la mancata doppia sottoscrizione ex art. 1342 c.c. della clausola risolutiva espressa, è stata definita dal giudice richiamando una giurisprudenza consolidata, per cui “la clausola risolutiva espressa non ha carattere vessatoria, in quanto essa non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341 c.c.“.
Fatte queste premesse, il giudice ha ritenuto che il comportamento della società affidataria integrasse un grave inadempimento degli obblighi assunti: la società non è stata, infatti, in grado di dimostrare il possesso, da parte dei lavoratori, dei requisiti minimi del bando né tantomeno di quelli offerti come premiali dalla stessa società.
Il Tribunale ha pertanto considerato legittima la risoluzione disposta e in linea con il dettato dell’art. 108 del d.lgs. 50/2016.
Tuttavia, la domanda volta all’incameramento della garanzia è stata disattesa. Il Tribunale ha infatti ritenuto che nel caso di specie non vi fosse un danno risarcibile. Richiamando l’art. 103 del d.lgs. 50/2016, ha precisato che la garanzia fideiussoria ha ad oggetto:
- le maggiori somme pagate dalla committente rispetto alle risultanze della liquidazione finale e non il pagamento delle eventuali penali;
- il rimborso delle eventuali maggiori somme pagate dalla committente per il completamento dei lavori nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno del contraente;
- il rimborso delle eventuali somme pagate dalla committente per quanto dovuto dal contraente per inadempienza e inosservanza delle norme e prescrizioni dei contratti collettivi di lavoro, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori comunque presenti in cantiere.
Per il riconoscimento di tali somme è però necessario un pregiudizio effettivamente subito dalla committente, la quale è tenuta a fornirne compiuta prova. Non essendo stata raggiunta nel caso in esame la prova del danno, la richiesta di escussione avanzata dalla committente è stata ritenuta abusiva.
Per consolidata giurisprudenza, l’incameramento della garanzia presuppone la prova del danno effettivo, non potendo pertanto discendere dalla mera risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatore qualora in concreto la committente non abbia patito alcun danno.
La committente non ha provato di aver subito un danno economico risarcibile, avendo sostanzialmente speso la medesima somma che avrebbe dovuto corrispondere alla società attrice.
La committente, infatti, aveva affidato l’incarico alla seconda classificata alle medesime condizioni cui si era impegnata la società attrice, mentre le spese sostenute per le ore di lavoro dei dipendenti della committente – resesi necessarie per la gestione dell’appalto – sono state ritenute dal Tribunale costi che sarebbero stati comunque sostenuti anche nel caso in cui l’appalto con l’attrice avesse avuto un andamento regolare, sicché non rappresentano un danno risarcibile.
(Trib. Torino, Sez. specializzata imprese, 12.7.2022, n. 2967)