Revisione dei prezzi prima della stipula del contratto: il Consiglio di Stato conferma l’inammissibilità
È legittimo formulare una istanza di revisione dei prezzi ex art. 106, comma 1, lett. a), d.lgs. 50/2016 in un momento antecedente la stipula del contratto d’appalto?
Il quesito era stato oggetto di una sentenza del TAR Lombardia, sede di Brescia, n. 239/2022 (di cui abbiamo parlato in questa news) che aveva ritenuto inammissibile una istanza di revisione prezzi avanzata prima della stipula del contratto.
Secondo il TAR Lombardia, l’istanza di revisione dei prezzi veniva formulata ancor prima della sottoscrizione del contratto (momento in cui “non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non era giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto”). Tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, infatti, una volta cessata la vincolatività dell’offerta, l’impresa aggiudicataria può unicamente svincolarsi dal contratto e rifiutarne la sottoscrizione.
Il TAR aveva inoltre precisato che, sebbene la lex specialis escludesse in maniera espressa la revisione dei prezzi, l’impresa, al fine di far fronte agli aumenti imprevedibili dei costi, tali da squilibrare il sinallagma contrattuale, avrebbe potuto “sempre esperire il rimedio civilistico di cui all’art. 1467 c.c., chiedendo la risoluzione del contratto d’appalto per eccessiva onerosità sopravvenuta”.
La società ricorrente ha promosso appello avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso.
Il Consiglio di Stato, investito dell’appello, ha confermato le conclusioni cui era giunto il TAR Lombardia.
In particolare, secondo i giudici di Palazzo Spada, la previsione di lex specialis che esclude la possibilità di revisione dei prezzi “reca una chiara e non irragionevole manifestazione della volontà della stazione appaltante circa l’esclusione, da parte di quest’ultima, della possibilità di procedere all’adeguamento del contratto da stipulare relative al corrispettivo, in caso di sopravvenienze che incidano su di esse, salvo che negli stringenti limiti indicati dalla disposizione”.
Nonostante la preclusione contenuta nella legge di gara, nel caso di specie non poteva comunque trovare applicazione l’art. 106, d.lgs. 50/2016: più precisamente, non era applicabile né il meccanismo di revisione prezzi di cui all’art. 106, comma 1, lett. a) (non essendo contemplata dal bando una clausola revisione prezzi), né l’art. 106, comma 1, lett. c) che “fa testuale ed espresso riferimento a quelle “modifiche dell’oggetto del contratto” che si correlano alle “varianti in corso d’opera””. Precisa il Collegio che la lett. c) dell’art. 106, comma 1 del Codice disciplina le modifiche che riguardano l’oggetto del contratto con riferimento alle prestazioni in esso dedotte, mentre le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno ricondotte alla fattispecie di cui alla lett. a), che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle “variazioni dei prezzi e dei costi standard”.
Ciononostante, precisa il Consiglio di Stato, le modifiche previste dall’art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sono in ogni caso riferite ai contratti, “dal che può dedursi che il contratto debba essere stato già stipulato, perché se ne possa prospettare una sua modifica”.
Nel caso di specie, invece, la società istante aveva chiesto la modifica delle pattuizioni prima ancora di procedere alla stipulazione del contratto, sicché è legittima, in conclusione, la reiezione dell’istanza da parte dell’Amministrazione appaltante.