Revisione prezzi: istanza inammissibile prima della stipulazione del contratto

revisione prezziIl tema della revisione prezzi negli appalti pubblici sta entrando sempre più a far parte della vita quotidiana degli operatori che continuano a subire gli effetti degli aumenti dei costi dei materiali.

Come fronteggiare l’aumento dei costi dell’appalto che si verifica nelle more della stipula del contratto? Cosa è possibile fare se la revisione prezzi non è prevista dal contratto?

Una parziale risposta ai quesiti ci giunge da una recentissima sentenza del TAR Lombardia.

Partiamo dal caso. Nel giugno del 2018 un Comune bandiva una procedura aperta per l’affidamento dei servizi integrati di igiene urbana. Alla gara partecipavano due concorrenti. La seconda classificata, gestore uscente del servizio, aveva impugnato l’esito della procedura in quanto l’aggiudicataria difettava dei requisiti morali di cui all’art. 80 d.lgs. 50/2016. Dopo il rigetto del ricorso da parte del TAR, il Consiglio di Stato aveva accolto l’appello proposto dall’impresa che, dunque, era divenuta aggiudicataria dell’appalto. Il Comune aveva così disposto l’avvio del servizio a partire dal 1 ottobre 2020 e, nelle more, la proroga del servizio in capo alla medesima impresa, quale gestore uscente.

Sennonché nell’agosto 2020, la ricorrente si trovava costretta a chiedere all’amministrazione appaltante la revisione dei prezzi offerti in gara, ai sensi dell’art. 106 del d.lgs. 50/2016, al fine di rimediare all’aumento dei costi di smaltimento, e alla parallela diminuzione degli introiti, intervenuto nel periodo intercorrente tra l’indizione della gara (giugno 2018) e la successiva aggiudicazione alla richiedente (agosto 2020).

Secondo la ricorrente, i costi di smaltimento dei rifiuti avevano subito un incremento medio di oltre il 40% sui valori precedenti. Si trattava, secondo la ricorrente, di circostanze imprevedibili alla data di formulazione dell’offerta e tali da sconvolgere il piano economico di esecuzione contrattuale, implicando a carico del gestore una perdita economica, con conseguente indebito arricchimento dell’amministrazione comunale. Di qui la necessità di riequilibrare le condizioni economiche del contratto.

L’amministrazione appaltante respingeva la richiesta e invitava la società a stipulare il contratto, comunicando che in difetto avrebbe revocato l’aggiudicazione.

Avverso la determinazione dell’amministrazione, l’impresa ha promosso ricorso al TAR.

Secondo la ricorrente, dunque il provvedimento di diniego di revisione prezzi sarebbe errato perché:

  1. ha ricondotto l’istanza di revisione alla fattispecie di cui alla lett. a) dell’art. 106 comma 1, d.lgs. 50/2016, ossia alla revisione prezzi, mentre la ricorrente l’aveva formulata ai sensi della lett. c) della stessa norma, allegando cioè un deterioramento delle condizioni economiche dell’appalto derivante da “circostanze impreviste e imprevedibili”, quali l’aumento dei costi di smaltimento e la parallela diminuzione degli introiti intervenuti nel periodo intercorrente tra l’indizione della gara e la successiva aggiudicazione alla richiedente.
  2. ha ritenuto che l’art. 106 comma 1 lett. c) sarebbe utilizzabile soltanto in presenza di un contratto in corso, e non in presenza di un contratto non ancora stipulato, vigendo in tale fase il principio della modificabilità dell’offerta a tutela della par condicio dei concorrenti. La ricorrente, invece, dopo l’esclusione dell’unica altra concorrente per difetto dei requisiti di partecipazione, era rimasta l’unica legittimata all’aggiudicazione, per cui non vi sarebbe stata alcuna esigenza di tutela della par condicio.
  3. il rigetto era stato motivato sulla scorta dell’art. 46 comma 2 del capitolato speciale, che escludeva espressamente la revisione prezzi dell’appalto in caso di aumento dei costi unitari relativi allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti. Secondo la ricorrente, invece, il divieto di revisione prezzi previsto dall’art. 46 sarebbe ricollegabile esclusivamente alla lett. a) dell’art. 106 comma 1, e non alla lett. c) della stessa norma, invocata dalla ricorrente, basata sul sopravvenire in corso d’opera di circostanze impreviste e imprevedibili al momento della formulazione dell’offerta.
  4. secondo l’amministrazione, l’aumento dei costi di smaltimento sarebbe stato del tutto prevedibile in sede di offerta.

Il TAR, tuttavia, ha respinto il ricorso in relazione a tutti i profili dedotti.

Innanzitutto, il TAR ha ritenuto infondata la pretesa della parte ricorrente di inquadrare la propria domanda nella lett. c) dell’art. 106 comma 1 d.lgs. 50/2016, che non disciplina la revisione dei prezzi, bensì le varianti in corso d’opera. La domanda della ricorrente, infatti, era da inquadrarsi, secondo il Collegio, nell’ambito della revisione prezzi prevista dall’art. 106, comma 1, lett. a).

Peraltro, secondo i giudici, anche a voler qualificare la richiesta della ricorrente nell’ambito della lett. c) dell’art. 106, non era stata in ogni caso provata la sopravvenienza di circostanze impreviste e imprevedibili, in quanto la ricorrente si era limitata a documentare un aumento del costo generale del servizio e del servizio di spazzamento, non anche dello smaltimento e del trasporto dei rifiuti. Secondo i giudici, poi, che un simile aumento dei costi non fosse un evento imprevisto e imprevedibile alla data di indizione della gara in esame sarebbe dimostrato proprio dallo stesso art. 46 comma 1 del capitolato speciale di gara, che escludeva la revisione dei costi unitari afferenti allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti a carico dell’impresa aggiudicataria.

Inquadrando la richiesta della ricorrente nella revisione prezzi prevista dall’art. 106, comma 1, lett. a), i giudici hanno precisato che sebbene la norma rimetta alla discrezionalità della stazione appaltante l’inserimento o meno di clausole revisione prezzi nei documenti di gara, in assenza di una simile clausola, l’impresa è comunque tutelata per i casi di aumento sproporzionato dei costi dell’appalto, potendo attivare l’art. 1467 c.c., ossia la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.

Nel caso di specie, era espressamente esclusa la clausola di revisione prezzi che, in ogni caso non poteva essere formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto.

In tale fase, infatti, i giudici hanno escluso la possibilità di ricorrere ad un simile rimedio. L’istituto della revisione prezzi, infatti, presuppone, per sua stessa natura, la presenza di un contratto già in corso e che includa una clausola revisione prezzi. A prescindere dalla presenza di una clausola revisione prezzi, nella fase tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, come quella in esame, una volta cessata la vincolatività dell’offerta – che a norma dell’art. 32, comma 4 del Codice è tale per un periodo di 180 giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione -, l’impresa aggiudicataria può legittimamente svincolarsi dal contratto e rifiutarne la sottoscrizione.

Sulla scorta di tali considerazioni i giudici, dunque, hanno rigettato interamente il ricorso, con conseguente condanna alle spese interamente a carico della ricorrente.

Analizzando tuttavia il testo della sentenza, fermo restando la peculiarità del servizio in questione, diverse erano le soluzioni a disposizione dell’impresa per ovviare alla situazione di rincaro dei costi verificatasi nelle more della stipula del contratto.

Preliminarmente, è necessario precisare che l’applicabilità dell’art. 106, ossia delle modifiche contrattuali, alla delicata fase che interviene tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto è ampiamente discussa in giurisprudenza. Vi sono infatti sentenze che ammettono l’attivazione delle soluzioni promosse dalla norma anche in questa delicata fase, purché le modifiche attengano ad aspetti meramente esecutivi.

In questa delicata fase, tuttavia, come sottolineato anche dal giudice, l’impresa avrebbe potuto svincolarsi dal contratto e non sottoscriverlo, posto che la sua offerta non era più vincolante e, dunque, non sarebbe incorsa in alcuna sanzione. Peraltro, il rifiuto dell’impresa di sottoscrivere il contratto avrebbe determinato la riedizione della gara, non essendoci altri partecipanti in graduatoria (l’altro operatore concorrente, infatti, era stato escluso a seguito della sentenza del Consiglio di Stato per carenza dei requisiti ex art. 80 del Codice), per cui la ricorrente avrebbe potuto partecipare alla nuova gara con prezzi aggiornati, garantendosi in ogni caso una proroga del servizio, essendo il gestore uscente.

In secondo luogo, ove l’impresa avesse voluto comunque conseguire il contratto, avrebbe potuto procedere alla sottoscrizione dello stesso con riserva, manifestando di non accettare l’eventuale revisione dei prezzi non idonea al ristoro o comunque clausole inerenti all’importo totale dell’affidamento. L’istituto delle riserve, se ben utilizzato, rappresenta l’unico strumento in grado di tenere indenne l’impresa contraente dalle conseguenze derivanti dal rincaro dei prezzi.

Ad ogni modo, dopo la sottoscrizione del contratto con riserva, è possibile procedere con un’istanza di adeguamento dei prezzi prima della consegna del cantiere, dialogando con l’amministrazione, oppure proporre alla committenza la stipula di un atto aggiuntivo che modifichi in parte l’importo del contratto.

A tal proposito ricordiamo che il comma 1 dell’art. 29 del decreto Sostegni-ter prevede che per i bandi o gli avvisi pubblicati a partire dal 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023 è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’art. 106, comma 1, lett. a) del Codice.

Da ultimo, poi, l’impresa avrebbe potuto istaurare delle trattative con l’Amministrazione basate sull’imprevedibilità del crescente aumento dei prezzi dovute anche alla straordinaria ed eccezionale situazione pandemica, evidentemente imprevedibile per gli atti di gara anteriori al 2020. Fondamentale, dunque, è analizzare le singole situazioni e argomentare bene le istanze che vengono presentate alle amministrazioni.

Si tratta evidentemente di mere riflessioni, la cui percorribilità deve sempre essere vagliata in relazione al caso di specie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 10/03/2022, n. 239