Contratti pubblici: è possibile la modifica tramite transazione?
È possibile la modifica dell’accordo contrattuale, originariamente sottoscritto tra l’amministrazione committente e l’operatore aggiudicatario, mediante una transazione? A fornire una risposta è l’ANAC, con una delibera di recente pubblicazione.
Nella delibera viene domandato all’ANAC di stabilire se sia possibile per la stazione appaltante concludere un accordo transattivo e riassegnare l’appalto al medesimo operatore, destinatario di un provvedimento di risoluzione contrattuale ex art. 108, comma 3, d.lgs. 50/2016 (cui seguiva l’annotazione della predetta risoluzione nel casellario tenuto dall’ANAC, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 213, comma 10, d.lgs. 50/2016).
Al fine di fornire risposta al quesito, l’ANAC ricorda innanzitutto che l’istituto della transazione, disciplinato dall’art. 208, d.lgs. 50/2016, è specificamente rivolto a dirimere tutte le controversie relative a diritti soggettivi che potrebbero eventualmente sorgere nell’ambito dell’esecuzione dei contratti pubblici. A tal scopo, tuttavia, spetta alla competente Avvocatura dello Stato l’onere di emettere un motivato parere, con il quale vengano esaminati tutti gli interessi sottesi (e, comunque, riconducibili) alla questione oggetto dell’accordo transattivo medesimo.
Secondo l’Autorità, è ben possibile, per l’Amministrazione, concludere accordi con l’appaltatore allo specifico fine di risolvere le controversie eventualmente sorte nel corso dell’esecuzione del contratto.
Pertanto è certamente legittimo il ricorso alla transazione c.d. semplice, ossia meramente modificativa della situazione giuridica che ha determinato il contrasto tra le parti, mentre è da escludersi il ricorso alla transazione c.d. novativa, finalizzata ad instaurare un nuovo rapporto contrattuale con l’appaltatore, diverso da quello originariamente esistente, al fine di soddisfare un interesse difforme rispetto a quello pattuito.
Sicché, la natura imperativa ed indisponibile dei sistemi di affidamento degli appalti pubblici è tale da non permettere la conclusione di accordi che alterino in maniera radicale il contenuto dell’accordo originariamente sottoscritto: ciò in quanto accordi transattivi di tale natura (che, vale ricordarlo, si porrebbero come fonti regolatrici del rapporto del tutto nuove) violerebbero quelle disposizioni (non suscettibili di deroga) in materia di scelta del contraente e di definizione del contenuto del contratto.
Secondo l’ANAC, dunque, la conclusione di accordi di natura transattiva tra committente ed appaltatore, al quale verrà affidato, in cambio della rinuncia alle pretese da questi avanzate in sede giurisdizionale, un nuovo appalto, determina un vulnus agli equilibri concorrenziali: “Le procedure di affidamento sono, infatti, rigorosamente soggette alla normativa comunitaria e nazionale a tutela della libera concorrenza e non possono essere oggetto di scambi transattivi in termini di “affidamento lavori/rinuncia alle liti»”.
A medesime conclusioni, ricorda l’Autorità, è giunta già da tempo la giurisprudenza sovranazionale, allorquando affermava che “modifiche apportate alle disposizioni di un appalto pubblico in corso di validità costituiscono una nuova aggiudicazione (…) quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale e siano, di conseguenza, atte a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto” (in questi termini, cfr. Corte di Giustizia CE, Sez. III, 19.6.2008, C-454/06).
Secondo la Corte di Giustizia, peraltro, si ha sostanziale modifica dell’appalto iniziale (tale da determinare una nuova aggiudicazione) in casi ben specifici, ossia:
- a) quando le modifiche apportate alle disposizioni inizialmente pattuite siano tali da dimostrare (per la loro radicale innovatività) la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali dell’appalto;
- b) quando vengano introdotte modifiche che, se originariamente previste, avrebbero comportato l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli in origine ammessi;
- c) quando la modifica altera l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario in modi non previsti dall’accordo originariamente sottoscritto.
A tal proposito, la stessa Corte ha poi chiaritoo che “dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, anche quando tale modifica costituisca, obiettivamente, una modalità di composizione transattiva, comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine a una controversia, dall’esito incerto, sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto” (Corte di Giustizia CE, Sez. VIII, 7.9.2016, C-549/14).
In conclusione, secondo l’ANAC non sarebbe possibile risolvere le controversie eventualmente insorte tra committente ed appaltatore destinatario di una risoluzione contrattuale, affidando a quest’ultimo un nuovo appalto a condizione che egli rinunci alle pretese avanzate in sede giurisdizionale, atteso che tale affidamento sarebbe contrario ai principi codicistici di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.