Compravendita e mancanza di qualità promesse: l’onere della prova grava sul compratore?
In una compravendita, in caso di mancanza di qualità promesse, grava sul compratore l’onere di dimostrare la sussistenza dei vizi.
Quando la cosa venduta difetta delle qualità promesse o quelle essenziali per l’uso a cui è destinata, il compratore ha diritto ad ottenere la risoluzione del contratto solo se denuncia i vizi al venditore nei termini previsti dalla legge, o dal contratto, e solo se dimostra che la cosa venduta difetti delle qualità promesse.
Ciò è quanto chiarito dal Tribunale di Latina che, con la sentenza qui in commento, ha ribadito i presupposti che distinguono le fattispecie contemplate dall’art. 1490 c.c. (Garanzia per i vizi della cosa venduta), dall’art. 1497 c.c. (Mancanza di qualità) dall’ipotesi della c.d. vendita di aliud pro alio.
Il caso specifico.
Una società agricola richiedeva ad un vivaio una cospicua fornitura di piante da kiwi da installare nei suoi impianti, specificando che la varietà della fornitura richiesta fosse quella “hayward”, particolarmente resistente e adatta alla coltivazione del kiwi giallo.
Nel corso del 2009, in Italia e nel mondo si verificava un’epidemia; pertanto, la società agricola provvedeva al relativo taglio e attendeva il c.d. “ricaccio” dei polloni delle piante innestate su varietà hayward, che avrebbe consentito l’immediata produttività delle piante con kiwi verdi resistenti al batterio.
Al momento del c.d. “ricaccio”, tuttavia, la società agricola notava che alcuni germogli avevano caratteristiche non tipiche della varietà hayward acquistata.
La società agricola, ritenuto che il vivaio avesse fornito piante diverse rispetto a quelle promesse, adiva il Tribunale di Latina affinché, accertato il grave inadempimento da parte del vivaio, condannasse il vivaio al risarcimento di tutti i danni.
La decisione del Tribunale.
Il Tribunale di Latina ha rigettato la pretesa del compratore in quanto, trattandosi di mancanza di qualità di promesse ex art. 1497 c.c., non ha fornito adeguata prova in ordine all’esistenza dei vizi.
Per giungere a tale conclusione, il Tribunale di Latina ha ripercosso la diversa disciplina applicabile in materia di vizi delle cose vendute ex art. 1490 c.c., del difetto di qualità promesse ex art. 1497 c.c. e della vendita c.d. aliud pro alio.
L’ipotesi della consegna di aliud pro alio, figura di elaborazione giurisprudenziale, è riscontrabile ogni qualvolta la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione della stessa, in modo da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto, o quando la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti.
Il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.), invece, riguarda le imperfezioni inerenti il processo di produzione, di fabbricazione, di formazione o di conservazione della res tradita.
Infine, la fattispecie contemplata dall’art. 1497 c.c. concerne la natura della merce e riguarda le differenze di sostanza, di razza di materia, di tessuto, di colore, di origine et similia, riferendosi genericamente a tutti quegli elementi sostanziali che, nell’ambito dello stesso genere, influiscono sulla classificazione della cosa in un tipo o in una specie piuttosto che in un’altra.
Quest’ultime due fattispecie si differenziano nettamente dall’ipotesi della consegna di aliud pro alio poiché sia il vizio redibitorio che la mancanza di qualità promesse o essenziali presuppongono che la cosa consegnata appartenga al genere merceologico dedotto nel contratto di compravendita.
La distinzione non è di poco conto.
La risoluzione in ipotesi di aliud pro alio soggiace alle regole ordinarie di cui agli artt. 1453 s.s. c.c., mentre le fattispecie contemplate dall’art. 1490 c.c. e 1497 c.c. sono vincolate alle preclusioni di decadenza e preclusione sancite dall’art. 1495 c.c., oltre che ad un particolare riparto dell’onere probatorio.
E proprio sul particolare onere probatorio che il Tribunale di Latina, una volta qualificata l’azione nell’ambito della categoria del difetto di qualità promesse, ex art. 1497 c.c., ha ritenuto di dover rigettare le domande proposte dalla società attrice.
Il giudicante, infatti, richiamato un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e pacifico secondo cui “la disciplina del riparto dell’onere della prova tra venditore e compratore, nelle azioni edilizie, […] deve essere risolto alla stregua del principio fissato nell’articolo 2967 c.c., che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”, ha ritenuto non provato dalla società attrice che le piante di kiwi oggetto dell’ordine di acquisto difettassero delle qualità promesse.
Nello specifico, il giudicante ha ritenuto che i vari ordini di acquisto non contenessero alcuna indicazione rispetto al tipo di varietà da acquistare, ma solo genericamente kiwi.
(Tribunale di Latina, Sez. I, 17.7.2023, n. 1674)