Concessioni Balneari: le sentenze del TAR Lecce smuovono le acque
Lo scorso 2 novembre, il TAR Lecce, con due distinte sentenze, è tornato a parlare delle concessioni demaniali marittime e della loro proroga.
Il TAR è stato chiamato a pronunciarsi su gli atti di proroga delle concessioni balneari al 2033 disposti da due comuni pugliesi.
Per il Collegio, la c.d. Legge Concorrenza 2021 – L. 5 agosto 2022, n. 118 – e il successivo c.d. decreto Milleproroghe – D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito con L. 24 febbraio 2023, n. 14 – hanno reso i ricorsi avviati dall’AGCM improcedibili “atteso che tutte le CDM in essere verranno a scadere – ex lege – alla data del 31 dicembre 2024”.
Il caso specifico
Come accaduto anche in altre occasioni, l’AGCM ha impugnato, con separati ricorsi, le delibere di due giunte municipali di approvazione dell’atto di indirizzo di applicazione della Legge 145/2018 dispositiva della proroga ex lege del termine finale di durata fino a dicembre 2033.
A sostegno dei ricorsi, l’AGCM ha dedotto la violazione dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, c.d. direttiva Bolkestein, nonché la violazione dei principi di liberà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nel mercato interno di cui agli artt. 49 e 56 TFUE, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria.
In vista della trattazione della causa, l’AGCM ha depositato istanza di sopravvenuto difetto di interesse, ritenendolo soddisfatto all’esito delle sentenze dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 2021, nonché in considerazione dell’entrata in vigore della Legge Concorrenza 2021.
Con successiva ordinanza, il TAR ha però disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea il cui procedimento si è concluso con l’ormai nota sentenza del 20 aprile 2023.
La decisione del TAR
Dopo una sintetica ricostruzione della vicenda, il TAR Lecce ha evidenziato che la sentenza della CGUE dello scorso 20 aprile deve costituire per il Giudice un indiscutibile punto di riferimento, essendo qualificabile come sopravvenienza normativa.
Per il TAR Lecce, dunque, la sentenza della CGUE del 20 aprile, per un verso, si pone in continuità rispetto alla precedente sentenza Promoimpresa del 2016, venendo confermata l’irrilevanza del requisito dell’ “interesse transfrontaliero certo” ai fini dell’applicazione della direttiva Bolkenstein, per altro, ha una portata decisamente modificativa ed innovativa.
Sotto quest’ultimo aspetto, due le novità che, a parere del TAR Lecce, la Corte di Giustizia avrebbe introdotto:
- La valutazione della scarsità delle risorse naturali disponibili come “preliminare accertamento”, al cui esito risulta subordinata espressamente l’applicabilità stessa dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2 della direttiva Bolkestein;
- il soggetto tenuto ad effettuare tale preliminare valutazione è individuato nello Stato-amministrazione e non nel Giudice nazionale.
I giudici hanno, quindi, affermato che alla luce delle innovative statuizioni di cui alla sentenza CGUE del 20 aprile 2023 deve ritenersi che:
- risulta precluso al Giudice nazionale di statuire in via generale ed astratta sulla scarsità della risorsa, in assenza della previa definizione di criteri obiettivi ed uniformi da parte del Governo;
- l’applicabilità del disposto di cui all’art. 12 paragrafi 1 e 2 della Direttiva Bolkestein è subordinata alla previa verifica e valutazione da parte dello Stato membro della scarsità della risorsa naturale, procedimento che si caratterizza per l’ampia discrezionalità e che costituisce adempimento doveroso e necessario, in quanto primo presupposto o pre-condizione.
Sulla base di tali considerazioni, il TAR Lecce ha dichiarato i ricorsi improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse poiché tutti i provvedimenti impugnati dall’AGCM risultano privi di efficacia per effetto della normativa sopravvenuta: la Legge Concorrenza 2021 e il successivo decreto Milleproroghe hanno fatto venire meno il paventato danno derivante all’AGCM dalla proroga delle concessioni al 31.12.2033, “atteso che tutte le CDM in essere verranno a scadere – ex lege – alla data del 31 dicembre 2024”.
In altre parole, per il TAR la scadenza delle concessioni è al momento fissata dalla legge al 31 dicembre 2024 in attesa del riordino in materia annunciato dalla Legge Concorrenza: in attesa di conoscere le determinazioni del governo in merito alla scarsità della risorsa, la possibilità che alle concessioni demaniali marittime si applichi la c.d. direttiva Bolkenstein e che, dunque, le stesse vadano affidate tramite procedure di selezione, resta in discussione.
Considerazioni conclusive
Il TAR Lecce – un tribunale che è apparso sul tema delle concessioni demaniali una “voce fuori dal coro” – sembra in parte contraddire il noto responso in materia reso dalle sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021.
Ricorderete che con le sentenze gemelle, il Consiglio di Stato aveva affermato l’applicabilità dell’art. 12 della direttiva 2006/123 al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, sottolineando che dall’insieme dei dati emerge che “le aree demaniali marittime (ma analoghe considerazioni valgono per quelle lacuali o fluviali) a disposizione di nuovi operatori economici sono caratterizzate da una notevole scarsità, ancor più pronunciata se si considera l’ambito territoriale del comune concedente o comunque se si prendono a riferimento porzioni di costa ridotte rispetto alla complessiva estensione delle coste italiane, a maggior ragione alla luce della già evidenziata capacità attrattiva delle coste nazionali e dell’elevatissimo livello della domanda in tutto il periodo estivo (che caratterizza l’intero territorio nazionale, al di là della variabilità dei picchi massimi che possono differenziare le singole zone). Pertanto, nel settore delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, le risorse naturali a disposizione di nuovi potenziali operatori economici sono scarse, in alcuni casi addirittura inesistenti, perché è stato già raggiunto il – o si è molto vicini al – tetto massimo di aree suscettibile di essere date in concessione.”.
Richiamando alcuni passaggi della sentenza della CGUE dello scorso 20 aprile 2023, il TAR ribadisce che per poter affermare che alle concessioni demaniali si applica la direttiva Bolkestein è necessario prima valutare la scarsità o meno della risorsa e che, in ogni caso, tale valutazione, allo stato attuale non ancora definitiva, spetta solo ed esclusivamente al Governo e non al Giudice nazionale. È lo Stato-amministrazione, dunque, ad indicare i criteri per determinare se una risorsa può dirsi scarsa o meno: al giudice spetta unicamente valutare se i risultati derivano dalla corretta applicazione dei criteri definiti.
Tuttavia, appare doveroso precisare che dalla lettura della sentenza della CGUE dello scorso 20 aprile non sembra che la Corte di Giustizia abbia inteso escludere la possibilità per il giudice nazionale di valutare la scarsità della risorsa.
Al punto 78, la CGUE si è così espressa: “A tal riguardo, occorre precisare che l’indicazione contenuta al punto 43 della sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558), secondo la quale spettava al giudice nazionale verificare se il requisito relativo alla scarsità delle risorse naturali, previsto dall’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, fosse soddisfatto, non può significare che solo i giudici nazionali siano tenuti a verificare la sussistenza di tale requisito. Infatti, allorché il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività è limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, ogni amministrazione è tenuta ad applicare, in forza di tale disposizione, una procedura di selezione tra i candidati potenziali e a garantire che tutte le condizioni previste da detta disposizione siano rispettate, disapplicando, se del caso, le norme di diritto nazionale non conformi”.
A parere di chi scrive, dunque, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR Lecce, la CGUE sembra essersi limitata a valorizzare come la valutazione circa la scarsità delle risorse sia demandata non solo al giudice nazionale, ma coinvolge anche le stesse amministrazioni e, dunque, lo Stato, quale soggetto tenuto ad applicare la normativa europea.
TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 2.11.2023, n. 1223
TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 2.11.2023, n. 1224