La Corte di giustizia sulle concessioni demaniali: la proroga del titolo concessorio deve essere disapplicata dai giudici nazionali e dalle autorità amministrative, comprese quelle comunali.

La Corte di giustizia, con la sentenza del 20 aprile 2023 resa nella causa C-348/22, ha definitivamente chiuso ogni partita possibile in tema di concessioni demaniali marittime.

Dopo aver esaminato le questioni pregiudiziali formulate, in sede di rinvio, dal TAR Puglia, sede di Lecce, la Corte di giustizia ha affermato che i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, debbano applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse.

Con la pronuncia in commento è stata definitivamente messa una pietra sopra ad ogni ulteriore possibilità di sostenere che sia esclusa l’applicabilità della direttiva Bolkestein al settore delle concessioni balneari.

Per la Corte di Giustizia, infatti, la direttiva 2006/123 è perfettamente valida, in quanto correttamente adottata con la maggioranza necessaria; la stessa, inoltre, deve applicarsi alle concessioni di occupazione del demanio marittimo anche quando non presentino un interesse transfrontaliero certo, ma meramente interno.

Gli obblighi contenuti nella Bolkestein, inoltre, devono ritenersi enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso, sicché gli stessi sono immediatamente produttivi di effetti diretti. Ne consegue che l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali anticomunitarie incombe non solo in capo ai giudici, ma pure in capo alle autorità amministrative, ivi comprese quelle comunali.

Un punto importante, inoltre, è quello relativo alla valutazione della scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili: l’art. 12 della direttiva Bolkestein, – afferma la CGUE-, deve essere interpretato nel senso che non osta a che tale valutazione avvenga combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione. Si tratta di una precisazione degna di nota dopo la sentenza Promoimpresa, nella quale invece l’accertamento sulla scarsità della risorsa era stato demandato al giudice nazionale, prescrivendo di prendere in considerazione anche il fatto che le concessioni sono rilasciate a livello comunale.

È stata ritenuta irricevibile, invece, in quanto irrilevante ai fini della decisione principale, la questione pregiudiziale relativa alla compatibilità con l’art. 12 della direttiva Bolkestein dell’art. 49 del Codice della navigazione, che prevede l’automatica devoluzione, al termine del periodo concessorio, delle opere inamovibili realizzate sul demanio, senza che sia corrisposto alcun indennizzo. Sul punto, ad ogni modo, anche la VII sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza 5 settembre 2022, n. 8010, ha interpellato la Corte di Giustizia, che dunque avrà modo di pronunciarsi.

L’esito della decisione della Corte di giustizia era dai più già annunciato.

La sentenza in commento si inserisce in uno scenario normativo e giurisprudenziale, in cui l’incertezza e la confusione la fanno da padrona. Infatti, dal rinvio pregiudiziale disposto dal TAR Lecce al pronunciamento della Corte di Giustizia, la vicenda normativa delle concessioni demaniali, nel nostro ordinamento, è stata particolarmente intensa.

A soli tre mesi di distanza dal rinvio pregiudiziale disposto dal TAR Lecce, il legislatore italiano, messo anche alle strette dall’Adunanza plenaria con le ormai note sentenze nn.  17 e 18 del 2021, ha adottato la Legge 5 agosto 2022, n. 118 entrata in vigore il 27 agosto 2022, con la quale è stato individuato quale termine ultimo di validità delle concessioni vigenti il 31 dicembre 2023.

Sennonché, il sistema di riforma introdotto dalla legge Concorrenza, apparentemente improntato all’accelerazione, è stato parzialmente frenato dal c.d. decreto Milleproroghe (d.l. 29 dicembre 2022, n. 198, conv. in L. 24 febbraio 2023, n. 14) che ha previsto un generale differimento dei termini inizialmente previsti per l’attuazione della riforma delle concessioni demaniali in chiave concorrenziale, prorogando, di fatto, di un altro anno, le concessioni in essere che avrebbero dovuto cessare al 31 dicembre 2023.

Se, da un lato, però, il legislatore italiano, con il decreto Milleproroghe, ha voluto concedere maggiore tempo al Governo per dare attuazione alla riforma introdotta dalla legge Concorrenza, dall’altro, il Consiglio di Stato si è sempre contrapposto, in maniera netta, a qualsiasi proroga, anche a quella introdotta dalla legge di conversione del decreto Milleproroghe, ritenendola in contrasto con il diritto europeo.

Emblematica, in tal senso, è stata la sentenza n. 2192 del 1° marzo 2023, con la quale, a distanza di pochi giorni dalla conversione del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198 (c.d. Milleproroghe), il Consiglio di Stato, pronunciandosi su un ricorso proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza (AGCM) avverso una delibera di giunta comunale che aveva disposto l’estensione delle concessioni demaniali marittime fino al 2033 in base a quanto stabilito dalla L. 145/2018, ha espressamente statuito che: “sulla base di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, con le ricordate sentenza nn. 17 e 18 del 2021, non solo i commi 682 e 683 dell’art. 1 della L. n. 145/2018, ma anche la nuova norma contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, del D.L. 29/12/2022, n. 198, conv. in L. 24/2/2023, n. 14, che prevede la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere, si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato”.

La sentenza del 1° marzo 2023, che ha generato grande scalpore, non è però stata l’unica, in tema di concessioni demaniali, ad esser stata pubblicata, dopo la conversione in legge del decreto Milleproroghe. Con la sentenza n. 2740 del 15 marzo 2023, la sezione settima del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi sul rigetto di un’istanza di rinnovo o proroga di una concessione di un’area boscata, ha nuovamente ribadito che alle concessioni demaniali si applicano l’art. 12 della direttiva servizi 2006/123 (ne abbiamo parlato qui).

I giudizi di Palazzo Spada, dunque, nel ribadire l’applicabilità dell’art. 12 della direttiva servizi 2006/123 alle concessioni demaniali, hanno continuato a disapplicare la proroga del titolo concessorio, di volta in volta, invocata dal concessionario uscente.

Ora, a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia, in tema di concessioni demaniali, sembra essere inevitabile, oltre che indifferibile, un’inversione di rotta del Governo e del Parlamento.

Ora più che mai è necessario un repentino intervento legislativo, con il quale venga assunta una posizione chiara in merito alla riforma delle concessioni demaniali marittime.

In attesa, dunque, di conoscere le prossime indicazioni che il Governo intenderà assumere, i principi espressi dalla Corte di giustizia con la decisione dello scorso 20 aprile rappresentano il faro guida per i giudici amministrativi e per le amministrazioni comunali.

CGUE, 20 aprile 2023, c-348/22