Le responsabilità del CTU negli acquisti degli immobili all’asta
Con la sentenza n. 2049 del 27.10.2023, il Tribunale di Monza si esprime in merito alla responsabilità del CTU negli acquisti degli immobili all’asta.
Secondo il giudice, nello svolgimento dell’attività professionale, la figura dell’esperto è equiparabile a quella del CTU; di conseguenza, per i danni cagionati all’aggiudicatario, il perito risponde del proprio operato a titolo di responsabilità extracontrattuale, con onere di chi si assume danneggiato di provare il nesso di causalità tra il danno e la condotta del consulente.
La vicenda oggetto della sentenza è dirimente per comprendere la questione.
A seguito di una procedura esecutiva, un acquirente diviene proprietario di un immobile acquistato all’asta. Decide, poco dopo, di vendere il suo bene e scopre, solo dopo aver ricevuto una proposta di acquisto, che l’immobile non poteva essere venduto quale “immobile ad uso abitativo” in quanto si trattava di un immobile con destinazione d’uso “cantina”. Il proprietario, avendo fatto legittimo affidamento su quanto dichiarato in sede di acquisto da parte del perito, ritiene che l’architetto, nominato dal Tribunale di Monza, abbia commesso un errore in sede di perizia richiesta per la procedura esecutiva. Decide quindi di agire giudizialmente chiedendo che venga accertata la piena responsabilità del perito e chiedendo i danni derivanti dalla mancata vendita e le spese per la regolarizzazione dell’abuso. Si costituisce in giudizio il perito, negando qualsiasi responsabilità per due ordini di ragioni: i) da un lato, aveva richiesto tutti gli atti e schede catastali presenti, evidenziando come la scheda catastale si “presentava formalmente completa e corretta ed era consolidata – oltreché dallo stesso ufficio del catasto – anche da ben 4 notai con i successivi atti di trasferimento”; 2) dall’altro, invece, il prezzo di acquisto era stato formalmente ridotto del 25%, proprio perché vi potevano essere dei vizi e potenziali problematiche.
Trattenuto il giudizio in decisione, il Giudice non ha accolto la domanda dell’attore. Il motivo è unico: la giurisprudenza è lineare nel ritenere che “l’esperto nominato dal giudice è equiparabile al consulente tecnico d’ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice.” (Cass. 18.9.2015, n. 18313). Di conseguenza, per i danni cagionati all’aggiudicatario, il perito ne risponde a titolo di responsabilità extracontrattuale, ove ne sia accertato il suo comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell’incarico. Come ribadisce, ancora, il giudice in sentenza: “Il perito nominato ai sensi dell’art. 569 c.p.c. risponde esclusivamente dei danni cagionati alla parte che siano in rapporto di causalità con le sue attività e sempre che queste siano connotate dal requisito della colpa grave ex art. 64 c.p.c.”. Quindi spetta all’aggiudicatario la prova, oltre che del danno, del nesso di causalità tra questo e la condotta del consulente.
Ribadisce, altresì, il giudice che nell’esecuzione della prestazione dovuta, lo stimatore d’asta è tenuto ad osservare la diligenza qualificata ex art. 1176 del c.c., quindi dimostrare di aver impiegato tutte le energie e mezzi necessari per adempiere alla prestazione dovuta. Al netto della documentazione a cui ha avuto accesso il perito e da un semplice esame visivo effettuato nella proprietà, non era possibile individuare l’originaria destinazione urbanistica del bene, dato che dalla scheda catastale risultava che la destinazione abitativa era dichiarata conforme allo stato di fatto dell’immobile residenziale, composto da soggiorno, con angolo cottura, camera e bagno.
Il giudice, infine, riconosce come il perito avrebbe potuto presumere la presenza di un abuso ma questo non è sufficiente per imputare la responsabilità al perito, in quanto questa ricorre solo in caso di colpa grave, oppure inescusabile negligenza o imperizia nell’esecuzione degli atti che sono richiesti” (Cass. 11474/1992). Non avendo fornito, quindi, la prova della colpa grave in cui sarebbe incorso il convenuto, la domanda di risarcimento del danno è stata rigettata.
(Trib. Monza, Sez. II civ., 27.10.2023, n. 2049)