Energie rinnovabili: il dissenso della Soprintendenza deve essere sempre “costruttivo”.

Energie rinnovabili: il dissenso della Soprintendenza deve essere sempre “costruttivo”.

In materia di energie rinnovabili, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo sancito il principio per cui, allorquando la Soprintendenza è chiamata ad esprimersi per la realizzazione ed esercizio di impianti, è illegittimo il mero dissenso all’approvazione senza che siano espresse le possibili soluzioni concretamente assentibili.

Le questioni giuridiche oggetto di disputa.

A prescindere che si tratti di piccoli, medi o grandi interventi per la realizzazione ed esercizio di impianti energetici, l’autonomia energetica e gli investimenti in tali settori comportano seri problemi ogni qualvolta l’intervento volto all’adeguamento tecnologico si ponga in contrasto (anche solo apparente) con la salvaguardia dei valori paesaggistici.

La normativa sovranazionale è volta a potenziare l’impiego di fonti rinnovabili, essendo la produzione di energia un’attività di interesse pubblico che contribuisce allo sviluppo economico.

È d’obbligo anche considerare che l’evoluzione tecnologica ha radicalmente modificato gli assetti costruttivi tanto da ritenere, a titolo esemplificativo, che la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici, innovando gli immobili per tipologia e morfologia, non è più percepita come un fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettato dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva.

La questione affrontata dal Giudice amministrativo pone una comparazione tra due distinti interessi di matrice ambientale coinvolti: la produzione di energia e la salvaguardia dei valori paesaggistici, interessi che trovano collocazione proprio nel procedimento amministrativo ove ne viene garantita la pubblicità e trasparenza della loro valutazione.

Nell’ambito di un procedimento richiesto da un operatore economico privato per la realizzazione ed esercizio di un impianto agrivoltaico integrato ecocompatibile di medie dimensioni, finalizzato al rilascio di autorizzazione unica ex art. 12, d.lgs. 387/2003 e s.m.i., durante la fase istruttoria propedeutica alla conferenza di servizi decisoria, la Soprintendenza beni culturali ed ambientali rendeva un primo parere negativo, costringendo la società proponente a modificare il progetto al fine di risolvere le criticità geomorfologiche.

A fronte di tale rielaborazione progettuale, la Soprintendenza rendeva un nuovo parere ai sensi dell’art. 146, d.lgs. 42/2004 e s.m.i., ritenendo il progetto “incompatibile con la tutela paesaggistica ed archeologica che pertanto non può essere approvato”.

Il realizzando impianto, infatti, ricadeva in area sottoposta a vincolo e che l’unico rimedio per superare le criticità sarebbe stata la delocalizzazione in altra area.

Avverso tale parere è insorta la società proponente, impugnando, tra l’altro, il verbale della conferenza di servizi, lamentando l’illegittimità per plurimi profili di diritto, tra cui la violazione del principio del dissenso costruttivo e del contemperamento degli interessi costituzionali, oltre il vizio motivazionale.

Pronunciandosi sulla questione, il Tar ha ben evidenziato l’evoluzione interpretativa degli interessi di matrice ambientale che sono coinvolti nei procedimenti amministrativi complessi, fornendo un’interpretazione evolutiva delle previsioni normative alla luce dei dettami forniti dall’Unione europea sullo sviluppo sostenibile e delle energie rinnovabili.

A ragion del Giudice amministrativo, infatti, le censure formulate dalla società ricorrente risultano fondate posto che il nuovo parere reso dalla Soprintendenza si pone in termini del tutto negativi senza, rispettivamente, evidenziare la rielaborazione progettuale e le modifiche apportate dal proponente dopo il primo diniego e, secondariamente, non reca alcuna reale indicazione per superare il dissenso espresso.

Si riscontra, dunque, la violazione del principio del dissenso costruttivo nel parere espresso dall’Organo.

Riguardo tale principio, l’orientamento giurisprudenziale prevalente ha costantemente affermato che “non è possibile emettere un diniego all’intervento edilizio, senza indicare al proponente le possibili soluzioni edificatorie assentibili. Tale diniego si pone, infatti, in contrasto con il principio di leale collaborazione, il quale impone alla Soprintendenza di esprimere un dissenso costruttivo, evidenziando le modifiche o le prescrizioni in ragione delle quali il progetto possa eventualmente superare il vaglio, indicando quale tipo di accorgimento tecnico o, al limite, di modifica progettuale potrebbe far conseguire all’interessato l’autorizzazione paesaggistica”.

La pronuncia in commento si arricchisce di un’ulteriore precisazione, utile a comprendere la portata innovativa del principio: “la tutela del preminente valore del paesaggio non deve necessariamente coincidere con la sua statica salvaguardia, ma richiede interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare le iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici del bene paesaggio”.

Nel caso di specie, la Soprintendenza, nel nuovo parere, non ha fatto emergere le nuove risultanze dell’istruttoria ed i relativi approfondimenti cui era chiamata la stessa in ragione della rimodulazione del progetto: l’Amministrazione, invero, si è limitata ad una formula generica e stereotipata che si concretizza nell’affermazione che sull’area sussiste un vincolo paesaggistico apposto, senza un approfondimento specifico (anzi, affermando apoditticamente che considerato che “la vigenza stessa del vincolo esclude qualunque possibilità di realizzazione dell’impianto”), malgrado la normativa di settore non preveda alcun automatismo tra la sussistenza di un vincolo paesaggistico e la realizzazione degli impianti energetici.

È ormai noto che non può ritenersi sufficiente il generico richiamo all’esistenza del vincolo per impedire la realizzazione di un intervento, essendo al contrario necessario, da parte della Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, un apprezzamento di compatibilità da condurre sulla base di rilevazioni e di giudizi puntuali sull’effettiva consistenza e a localizzazione dell’intervento, al fine di confermare o escludere la concreta compatibilità dello stesso con i valori tutelati nello specifico contesto di riferimento.

Tali elementi, applicati al settore energetico, consentono di operare un bilanciamento degli interessi coinvolti in modo da garantire sempre e comunque lo sviluppo sostenibile e la promozione di iniziative imprenditoriali, specie nel settore delle energie rinnovabili.

TAR Sicilia, Sez. V, 26 agosto 2024, n. 2482

 

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