Variante alle NTA del PRG Roma: il “dissing” tra Soprintendenza e Roma Capitale

Mentre, lentamente, si è avviato l’iter che dall’adozione porterà all’approvazione della variante normativa alle NTA del PRG di Roma, abbiamo assistito nei giorni scorsi ad una corrispondenza (tutt’altro che cordiale) tra la Soprintendenza e Roma Capitale.

Infatti, è accaduto che il 7 febbraio scorso (a pochissimi giorni dalla pubblicazione della DAC 169/2024, di adozione della Variante alle NTA) la Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma ha contestato all’Amministrazione capitolina la violazione di un (supposto) obbligo procedimentale di coinvolgimento nell’iter che ha condotto alla adozione della Variante.

In particolare, la Soprintendenza, tramite una nota indirizzata a Roma Capitale (disponibile qui: NTA ROMA Lettera Soprintendenza), muove due “appunti”.

Secondo la Soprintendenza, Roma Capitale avrebbe violato sia l’art. 16 (commi 3,  11 e 12) della Legge Urbanistica sia l’art. 9 della L.R. 19/2022, in punto di mancato coinvolgimento della Soprintendenza in fase di redazione dello schema di delibera di adozione della variante alle NTA, poi votata dall’Assemblea Capitolina (in vero, con numerosi emendamenti, confluiti, appunto, nella DAC 169/2024).

La prima disposizione – l’art. 16 della L. 1150/1942 – pare non essere pertinente al procedimento di variante (normativa) in corso, atteso che l’oggetto della disposizione è la “approvazione dei piani particolareggiati“.

Quanto alla seconda norma, l’art. 9 (comma 62) della L.R. 19/2022 essa dispone che “Le varianti di cui al comma 61 sono adottate dall’Assemblea capitolina, previa consultazione degli enti pubblici e delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, garantendo, comunque, idonei processi di partecipazione e informazione dei cittadini”.

Evocate tali due disposizioni ed osservato che  “le modifiche apportate alle NTA interessano espressamente le disposizioni relative alla tutela architettonica, paesaggistica e archeologica del territorio del Comune di Roma“, la Soprintendenza ha quindi richiesto  “la sospensione del procedimento e la costituzione di un tavolo tecnico-istituzionale, finalizzato all’armonizzazione del progetto di variante con le attività di tutela del patrimonio architettonico, archeologico e paesaggistico svolte da questa Soprintendenza“.

A fronte di ciò, il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica l’11 febbraio ha risposto alla Soprintendenza (qui la nota: NTA ROMA Riscontro DPAU a Soprintendenza ) negando la sussistenza di qualsivoglia violazione procedimentale, in particolare rilevando che l’iter di formazione degli strumenti urbanistici e delle loro varianti è quello ex artt. 9-10 della Legge Urbanistica sicché “le consultazioni o iniziative esterne a questo iter istituzionale, come il citato art. 9 della L.R. n. 19/2022, possono costituire sì luogo propositivo e di confronto, peraltro non codificato né nel processo di individuazione dei soggetti da coinvolgere né nelle modalità attuative, ma non come luogo deputato per gli Enti ad esprimersi, configurandosi, piuttosto, come una mera fase consultiva e non decisionale”.

Fin qui la “cronaca”. Veniamo quindi a qualche breve notazione.

Ma prima di svolgere alcune considerazioni “strettamente giuridiche”, ciò che colpisce è l’apparente scarso livello di dialogo e collaborazione istituzionale.

Ed infatti appare difficile comprendere come sia potuto accadere che, a fronte di un iter di predisposizione dello schema di delibera di adozione della variante alle NTA PRG notoriamente in corso per diversi mesi (con le audizioni tenute dalla VIII Commissione permanente urbanistica, che hanno visto la partecipazione anche di Associazioni di cittadini) , la Soprintendenza – anziché richiedere audizione  – ha “preferito” avanzare una richiesta di “sospensione dell’iter” a delibera di adozione già approvata e pubblicata dall’Assemblea Capitolina.

Si tratta di qualcosa di veramente singolare e che mal si concilia con i principi fondamentali di leale collaborazione tra Stato ed Enti Locali.

Entrando poi nel merito, le considerazioni svolte dal DPAU appaiono condivisibili, atteso che, mentre il richiamo all’art. 16 della Legge Urbanistica appare poco pertinente, la disposizione di cui all’art. 9, co. 62, L.R. 19/2022, oltre a risultare norma di contenuto precettivo non univoco, pare riferirsi non all’acquisizione di pareri di enti istituzionalmente competenti in materia di Governo del territorio, bensì finalizzato ad acquisire contributi “partecipativi” in senso lato.

Peraltro, appaiono pertinenti rilievi del DPAU anche in punto alla effettiva capacità “precettiva” della norma regionale che, non fornendo indicazioni puntuali su modalità di svolgimento e/o soggetti da coinvolgere, resta previsione la cui osservanza rimane sostanzialmente rimessa (non nell’an ma nel quomodo) alla discrezionalità dell’Ente Locale.

D’altronde, la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico – prerogativa della Soprintendenza – non può avere come sede quella di mere “consultazioni” (come tali di per sé non vincolanti), essendo invece oggetto di una “protezione” a monte da parte della stessa Legge Urbanistica che, infatti, impone ai Comuni, in sede di redazione degli strumenti urbanistici, di osservare le previsioni vincolistiche esistenti, gerarchicamente sovraordinate e quindi “non disponibili” da parte degli strumenti di pianificazione. E’ questo il piano, sostanziale e non formale, sul quale andrà, se del caso, misurata l’eventuale non corretto esercizio del potere pianificatorio.