L’accesso all’offerta tecnica: la CGUE impone di motivare il diniego delle stazioni appaltanti
Premessa
L’accesso agli atti della procedura di gara e, segnatamente, alle offerte tecniche dei candidati, costituisce un aspetto fondamentale per comprendere e valutare la percorribilità di un ricorso avverso l’aggiudicazione.
Nel nostro ordinamento, l’art. 53, comma 5 del d.lgs. 50/2016 esclude il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione delle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. Il successivo comma 6, invece, ammette l’accesso c.d. difensivo a tali informazioni, consentendo al concorrente, ai soli fini della difesa in giudizio, di prendere visione dei suddetti atti.
Il problema che spesso si pone con riferimento all’accesso attiene non solo all’opposizione che la società controinteressata – la cui offerta è soggetta a richiesta di visione – propone al fine di inibire l’accesso alla propria offerta, ma anche, e soprattutto, alla prassi delle stazioni appaltanti che tendono spesso a recepire acriticamente la suddetta dichiarazione, con il risultato di inibire qualsiasi tipo di conoscenza dell’altrui offerta e, dunque, la sua conoscibilità ai fini della presentazione di un ricorso.
Non mancano peraltro casi in cui le amministrazioni negano l’accesso sulla base dell’irrilevanza della documentazione ai fini del ricorso che l’interessato ha intenzione di proporre.
Nei fatti, il risultato di un simile modus operandi mina la posizione degli offerenti, che restano tutelati solo parzialmente, perché finiscono per disporre di una quantità minore di informazioni rispetto a quelle che potrebbero essere necessarie per agire a difesa dei propri interessi.
Ne deriva che la tutela effettiva della posizione degli operatori che hanno partecipato alla gara, ma che non sono risultati aggiudicatari rimane vincolata ad una decisione giudiziale sull’ostensione della documentazione tecnica che, se negativa, mina di per sé le chance di accoglimento del ricorso proposto contro l’aggiudicazione.
Una simile prassi è stata già correttamente stigmatizzata in alcune sentenze nazionali, nelle quali i giudici hanno avuto modo di precisare che le dichiarazioni presentate dalla controinteressata devono essere valutate dalla stazione appaltante, la quale dovrà rilevare la pertinenza e la validità delle ragioni prospettate a sostegno del diniego.
A rimarcarne l’irragionevolezza è intervenuta altresì una recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Il caso
La questione oggetto di giudizio origina da una gara per l’affidamento di servizi di raccolta dei rifiuti urbani in un comune della Lituania.
La seconda graduata aveva richiesto alla stazione appaltante l’accesso all’offerta proposta dal raggruppamento risultato primo in graduatoria, ricevendo solo le informazioni dell’offerta non riservate.
A seguito del rigetto da parte del Comune della contestazione mossa avverso l’aggiudicazione, ritenuta dall’ente lacunosa e insufficiente, la società aveva promosso un giudizio innanzi al tribunale lituano per ottenere l’accesso all’offerta tecnica del raggruppamento, sostenendo l’esigenza di prendere visione della stessa ai fini della proposizione del giudizio avverso l’aggiudicazione.
Nel corso del giudizio di primo grado, l’amministrazione aveva affermato che il raggruppamento aggiudicatario aveva qualificato gran parte delle informazioni trasmesse come riservate ed aventi valore commerciale, precisando che la loro divulgazione ai concorrenti avrebbe potuto recargli pregiudizio. Il giudice aveva accolto la tesi dell’amministrazione, qualificando la documentazione richiesta come riservata e, dunque, non divulgabile, negando così l’accesso a tutta la documentazione richiesta dalla società ricorrente.
In sede di appello, invece, il giudice ha annullato sia il diniego d’accesso sostenuto dall’Amministrazione che la graduatoria finale, ordinando di procedere ad una nuova valutazione delle offerte.
Sulla base dell’appello promosso dal Comune, il giudice di Cassazione lituano ha formulato rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo, chiedendo, in sostanza, alla Corte di chiarire quale sia il corretto bilanciamento tra la tutela delle informazioni riservate fornite da un offerente e l’effettività dei diritti della difesa degli altri offerenti.
L’obbligo dell’amministrazione di proteggere le informazioni riservate e l’obbligo di motivazione del diniego
In premessa la Corte di Giustizia ricorda che, in base a quanto previsto dal diritto dell’Unione e dalle direttive in materia di appalti, al fine di non falsare la concorrenza tra le imprese, è necessario che le amministrazioni aggiudicatrici non divulghino informazioni che gli operatori economici considerano riservate, compresi i segreti tecnici o commerciali.
In linea di principio, dunque, a seguito di una richiesta di accesso alle informazioni riservate contenute nell’offerta dell’operatore aggiudicatario, l’amministrazione aggiudicatrice non deve divulgare tali informazioni, potendo imporre legittimamente agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni che sono state rese disponibili ai fini della procedura di appalto. La Corte spiega infatti che “poiché le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici sono fondate su un rapporto di fiducia tra gli operatori economici e le amministrazioni aggiudicatrici, questi ultimi devono poter comunicare a tali amministrazioni aggiudicatici qualsiasi informazione utile nell’ambito della procedura di aggiudicazione, senza temere che esse rivelino a terzi elementi di informazione la cui divulgazione potrebbe recare pregiudizio a tali operatori”.
A fronte di ciò, l’amministrazione aggiudicatrice non può tuttavia essere vincolata dalla semplice affermazione di un operatore economico secondo la quale le informazioni trasmesse sono riservate. Tale operatore deve infatti dimostrare la natura realmente riservata delle informazioni alla cui divulgazione esso si oppone, dimostrando, ad esempio, che esse contengono segreti tecnici o commerciali, che il loro contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza o che la loro divulgazione potrebbe essergli pregiudizievole.
Nel caso in cui l’amministrazione rifiuti di comunicare le informazioni riservate di un operatore economico ad uno dei concorrenti, questa è tenuta a sua volta rispettare l’obbligo di motivazione.
È infatti la motivazione del diniego che permette, secondo la Corte, il giusto bilanciamento tra il divieto di divulgare le informazioni riservate comunicate da operatori economici, il principio di effettività della tutela giurisdizionale e il rispetto del diritto di difesa delle parti.
Tale bilanciamento, infatti, non può non tenere conto del fatto che, in mancanza di informazioni sufficienti che consentono di verificare se la decisione dell’amministrazione relativa all’aggiudicazione dell’appalto sia viziata da eventuali errori o illegittimità, un offerente non ha la possibilità, in sostanza, di intraprendere un ricorso efficace avverso tale decisione.
In ragione di ciò, dunque, l’amministrazione aggiudicatrice deve indicare chiaramente i motivi per i quali ritiene che le informazioni alle quali è chiesto l’accesso o, quanto meno, alcune di esse, siano riservate.
Oltre a ciò, l’amministrazione aggiudicatrice deve altresì comunicare in una “forma neutra”, tale da preservare la natura riservata dei dati, il contenuto essenziale delle informazioni che sono state ritenute riservate all’offerente che li richiede e, più in particolare, il contenuto dei dati concernenti gli aspetti determinanti della sua decisione e dell’offerta selezionata. A tal fine, ad esempio, un’amministrazione può chiedere all’operatore la cui offerta è stata selezionata di fornirle una versione non riservata dei documenti contenenti informazioni riservate che può essere trasmessa agli altri offerenti che ne fanno richiesta.
Sottolinea la Corte che “l’obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di proteggere le informazioni considerate riservate dell’operatore economico al quale è stato aggiudicato l’appalto pubblico non deve essere interpretato talmente estensivamente da privare l’obbligo di motivazione della sua sostanza e da privare di effetto utile l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665 che enuncia, in particolare, l’obbligo per gli Stati membri di prevedere ricorsi efficaci. A tal fine, l’amministrazione aggiudicatrice può, in particolare e purché il diritto nazionale al quale è soggetta non vi si opponga, comunicare in forma sintetica taluni aspetti di una candidatura o di un’offerta nonché le loro caratteristiche tecniche, di modo che le informazioni riservate non possano essere identificate”.
Chiarisce poi la Corte che nell’ambito di un ricorso relativo ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, il principio del contraddittorio non implica che le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto al complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione fornite dai vari concorrenti.
Le amministrazioni, infatti, hanno l’obbligo di fornire all’offerente le informazioni sufficienti a salvaguardare il diritto a un ricorso efficace, tutelando comunque il diritto degli altri operatori alla tutela delle informazioni riservate e dei loro segreti commerciali.
In questo contesto, il ruolo del giudice nazionale è quello di verificare, tenendo conto sia della necessità di salvaguardare una concorrenza leale sia della necessità di tutelare le informazioni realmente riservate e in particolare i segreti commerciali dei partecipanti alla gara d’appalto, che l’amministrazione aggiudicatrice abbia correttamente ritenuto che le informazioni che ha rifiutato di comunicare siano riservate. A tal fine, il giudice nazionale deve procedere ad esaminare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, prendendo visione delle informazioni riservate e dei i segreti commerciali. Alla luce di ciò il giudice deve valutare l’adeguatezza della motivazione: a seguito dell’istruttoria condotta, ove questa risulti insufficiente, deve annullare la decisione di rifiuto e, dunque, permettere l’ostensione degli atti al richiedente.
L’auspicio
La pronuncia esaminata segna un passo importante per tutti gli operatori economici ma anche per le stazioni appaltanti. L’onere di motivazione che viene imposto alle amministrazioni, infatti, permette agli operatori di conoscere, seppur in una “forma neutra” e sintetica, il contenuto delle offerte degli altri concorrenti e dell’aggiudicatario, anche ove queste siano riservate, potendo così ponderare in maniera più razionale la proposizione di un ricorso. Le stesse stazioni appaltanti, poi, non soggiacciono più alle opposizioni avanzate dalle società controinteressata, potendo (rectius: dovendo) assumere esse stesse una decisione circa il grado di riservatezza delle informazioni rese, garantendo, anche in questa fase, la par conditio tra tutti gli offerenti.