L’affidamento diretto è una procedura di gara? La risposta del Consiglio di Stato alla luce del decreto Semplificazioni

affidamento diretto gara semplificazioniL’affidamento diretto di cui all’art. 36, comma 2, lett. a) del d.lgs. 50/2016 è una delle modalità di individuazione del contraente maggiormente utilizzate dalle amministrazioni per gli affidamenti sotto-soglia. Come noto, l’istituto trova applicazione negli affidamenti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 40.000 euro ed è caratterizzato dall’assenza di step procedurali predeterminati e analoghi alle altre procedure disciplinate dal Codice.

Un forte incentivo al suo utilizzo è derivato anche dall’ulteriore semplificazione dell’istituto operata dell’art. 1, comma 2, lett. a) e b) del d.l. Semplificazioni (d.l. n. 76/2020, conv. con mod. in l. n. 120/2020). In particolare, al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici e per far fronte alle ricadute economiche negative derivanti dall’emergenza sanitaria, l’art. 1 specifica che, per gli appalti la cui determina a contrarre (o atto equivalente) è adottata entro il 31 dicembre 2021, si può procedere ad affidamento diretto dei lavori per importo inferiore a 150.000 euro e per servizi e forniture, compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, per importi inferiori a 75.000 euro.

L’incerta semplicità che caratterizza questa modalità di affidamento ha invero condotto le stazioni appaltanti ad utilizzare una serie di cautele ulteriori non espressamente richieste dalla legge: è il caso ad esempio della richiesta dei preventivi a più operatori o della descrizione del criterio di aggiudicazione.

Le critiche a questo modus operandi, ritenuto contrario alla ratio legis dell’affidamento diretto, trovano la propria genesi nella risposta ad un quesito fondante: l’affidamento diretto è una procedura di gara?

Una risposta autorevole sul punto è stata di recente fornita dalla sent. n. 3287/2021 del Consiglio di Stato.

Nel caso deciso dai giudici di Palazzo Spada, una stazione appaltante aveva avviato una procedura ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a) del d.l. n. 76/2020, richiedendo ad alcuni operatori economici un preventivo per l’acquisto di scope e palette per l’immondizia. Nell’avviso, la stazione appaltante aveva specificato che si sarebbe comunque riservata di avviare eventuali negoziazioni con uno o più operatori economici interpellati ritenuti idonei all’esecuzione della prestazione richiesta, senza alcun vincolo sulla scelta finale.

A seguito del ricevimento dei preventivi, e dopo aver richiesto agli operatori economici di fornire le schede tecniche e dei campioni dei prodotti richiesti, la stazione appaltante aveva deciso di procedere con l’aggiudicazione, alla società che aveva offerto il prezzo più basso, di solo una parte delle attrezzature indicate nella richiesta di preventivo, affidando a successive indagini di mercato l’acquisto, in particolare, delle palette.

Una delle società invitate proponeva ricorso al TAR Liguria, lamentando l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione della lex specialis di gara, ritenendo che il prodotto offerto dall’aggiudicatario non rispondesse alle specifiche tecniche richieste dalla stazione appaltante, e per violazione della par condicio, avendo la stazione appaltante proceduto all’acquisito solo di una parte dei beni originariamente indicati nell’avviso.

I giudici, nell’accogliere il ricorso della ricorrente, hanno qualificato l’affidamento diretto oggetto del contenzioso alla stregua di una vera e propria procedura di gara, segnatamente in ragione del fatto che la stazione appaltante aveva indicato le specifiche dei prodotti, aveva fissato un disciplinare di gara e aveva predeterminato il criterio di aggiudicazione.

Il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del TAR Liguria, ha invece sostenuto che “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori…, non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze”.

Ripercorrendo i tratti essenziali dell’istituto, i giudici hanno ricordato che l’affidamento diretto previsto dal d.l. Semplificazioni, come quello in esame, non prevede espressamente la consultazione di più operatori economici, e che lo stesso art. 36 del Codice dei contratti pubblici, nella sua formulazione attuale, prevede la consultazione di cinque operatori economici solo nell’ipotesi di cui alla lettera b), ovvero per gli affidamenti diretti di appalti di servizi e forniture di importo compreso tra 40.000 euro e la soglia comunitaria (o 150.000 euro per i lavori).

Con riferimento poi alla stessa motivazione dell’affidamento, i giudici hanno evidenziato che sia l’art. 32, comma 2, del Codice, che l’art. 1, comma 3, del d.l. Semplificazioni, richiedono esclusivamente che la stazione appaltante motivi in merito alla scelta dell’affidatario, indicando sinteticamente nella determina a contrarre, o in un atto equivalente, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti.

In definitiva, il Consiglio di Stato ha ritenuto che per le caratteristiche del procedimento di acquisto posto in essere nel caso concreto dalla stazione appaltante, ovvero un affidamento sotto-soglia, ulteriormente semplificato rispetto a quello previsto dall’art. 36 del Codice, la stazione appaltante era libera di individuare il prodotto più rispondente alle proprie esigenze, senza la necessità di passare per delle attività procedimentali determinate, fermo restando l’obbligo di motivazione.

La pronuncia esaminata si colloca in verità in un solco tracciato già dal MIT, in risposta ai quesiti nn. 753 e 764 del 10 dicembre 2020, che, occupandosi delle procedure derogatorie di cui al d.l. n. 76/2020, ha avuto modo di precisare che l’affidamento diretto non presuppone una particolare motivazione, né lo svolgimento di indagini di mercato, né l’obbligo di richiedere preventivi, poiché la finalità dell’istituto è quella di addivenire ad affidamenti in tempi rapidi per appalti di modico valore, con procedure snelle.

In linea peraltro con le stesse Linee Guida ANAC n. 4, il MIT ha precisato che, per gli appalti di modico importo, la possibilità data alle stazioni appaltanti di mettere a confronto più offerte, non rappresenta un obbligo, ma è comunque una best practice. L’eventuale richiesta di preventivi e le modalità attraverso cui addivenire all’individuazione del contraente diretto rientrano nella discrezionalità della stazione appaltante: il limite sarebbe rappresentato, secondo il MIT, dal rispetto della necessità che tali attività non pregiudichino la celerità propria dell’istituto, specie in considerazione della ratio delle norme derogatorie di cui al d.l. Semplificazioni, e dal rispetto dell’art. 30 del Codice dei contratti pubblici, ossia dei principi generali di non discriminazione e trasparenza.

Ferma restando la rilevanza della pronuncia esaminata e gli spunti provenienti dal MIT, è comunque sempre necessario rammentare l’imprescindibilità dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 3, l. n.241/1990, che si concretizza nell’esplicitazione delle “ragioni della scelta del fornitore” ai sensi dell’art. 32, comma 2, d.lgs. n. 50/2016.

Cons. Stato, Sez. IV, 23/04/2021, n. 3287

MIT 10/12/2020, nn. 753 e 764