Annullamento dell’aggiudicazione di appalto a contratto stipulato: risarcimento del danno?

Annullamento dell’aggiudicazione di appalto a contratto stipulato risarcimento del dannoSi torna a parlare delle sorti del contratto di appalto pubblico stipulato a valle di una procedura di gara successivamente annullata (annullamento aggiudicazione definitiva) e dell’eventuale risarcimento del danno. A seguito di regolare procedura di gara per l’affidamento di lavori da aggiudicare al prezzo più basso, la stazione appaltante, individuato il candidato che ha proposto un ribasso più vicino alla individuata soglia di anomalia, ha provveduto all’aggiudicazione definitiva stipulando con lo stesso il contratto di appalto.

Tuttavia, prima dell’inizio dei lavori, l’amministrazione, ravvisando l’esistenza di un errore materiale nella individuazione della soglia di anomalia, ha annullato in autotutela l’aggiudicazione definitiva, rimanendone travolto conseguentemente anche il contratto stipulato.

In particolare la stazione appaltante ha rilevato che un candidato aveva offerto un ribasso effettivo del 27,527% anziché 25,527%, come erroneamente letto in seduta pubblica. Ciò ha comportato l’adozione, in autotutela, dell’annullamento dell’aggiudicazione e la rideterminazione della soglia di anomalia per cui la gara veniva assegnata ad un’altra concorrente.

Insorge il precedente aggiudicatario innanzi al TAR contestando l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva e del contratto stipulato in favore dello stesso lamentando la violazione del principio di invarianza in relazione alla nuova determinazione assunta dalla stazione appaltante in merito al ricalcolo della soglia di anomalia e chiedendo il risarcimento del danno.

Il Collegio, nel rigettare il ricorso afferma quanto segue.

È legittimo, anche per giurisprudenza amministrativa di appello costante sul punto, l’annullamento a mente dell’art. 21 nonies della L. 241/1990 dell’aggiudicazione anche in presenza della stipulazione del conseguente contratto che, pertanto, risulterà travolto dalla mancanza del necessario atto presupposto, l’aggiudicazione.

Quanto al principio di invarianza, questo è contenuto nell’art. 95, comma 15, d.lgs. 50/2016 che testualmente recita: “Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, ne’ per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.

Ritiene il Collegio che tale previsione debba essere interpretata nel senso che la non modificabilità della soglia di anomalia riguarda e fa riferimento a evenienze afferenti sempre a nuove valutazioni discrezionali della stazione appaltante, anche se cassate dal giudice amministrativo. Nel caso di specie,  la vicenda oggetto di scrutinio attiene ad un mero errore materiale commesso dalla stazione appaltante in sede di lettura di una delle offerte.

Tale evenienza risulta, pertanto, estranea al principio di invarianza espresso dalla norma citata, ma deve ricondursi alla puntuale determinazione del dato fattuale espresso nelle singole offerte.

Infatti, se dovesse prevalere una diversa interpretazione, ogni errore di calcolo dovrebbe comportare la immodificabilità dell’avvenuta aggiudicazione e questo anche nelle ipotesi di una interessata e sinanche dolosa individuazione della soglia di anomalia contraria al dato reale.

In relazione alla richiesta di risarcimento del danno, il TAR osserva che l’azione, seppure legittima della PA, non esclude la possibilità di ottenere il risarcimento del danno patito, collegato alla responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, atteso il comportamento, all’evidenza, negligente della stessa che, per mancanza della dovuta diligenza, ha, non solo individuato e assegnato la gara a un candidato che non aveva avanzato il maggior ribasso nei termini normativamente indicati, ma ha anche provveduto alla stipulazione del contratto, rilevatosi poi, in conseguenza dell’azione di autotutela, nullo.

L’art. 1337 c.c. (“Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”), invero, ha valore di clausola generale e impone alle parti di assumere un comportamento improntato alla buona fede e alla correttezza professionale, per cui ogni colposa deroga agli indicati canoni comporta l’obbligo di risarcimento alla vittima dell’altrui comportamento scorretto.

Per prevalente indirizzo giurisprudenziale la conseguente azione di responsabilità è disciplinata dall’art. 2043 c.c..

L’evenienza risarcitoria attiene alla peculiare lesione che riguarda il pregiudizio che il comportamento della PA ha prodotto, ossia il nocumento che viene definito l’interesse negativo a non essere coinvolto in trattative ovvero in impegni negoziali rivelatesi poi, ab origine, non adeguati.

Nella presente vicenda, risulta per tabulas, proprio dal comportamento della stazione appaltante, l’esistenza dei presupposti per l’azione di risarcimento: elemento oggettivo, elemento soggettivo, nesso di causalità, ingiustizia del danno, atteso che la granitica giurisprudenza del giudice amministrativo ritiene, in merito, che la struttura dell’illecito extracontrattuale della Pubblica Amministrazione non diverga dal modello generale delineato dall’articolo 2043 c.c.. per cui è necessario provvedere alla sola quantificazione del danno nei termini sopra esposti.

Spettano alla ricorrente, a titolo di risarcimento, tutte le spese dalla stessa sostenute e documentate, connesse e conseguenti alla gara per cui è causa, a far data dalla aggiudicazione definitiva, poi annullata, sino all’annullamento dell’atto presupposto e del conseguente contratto stipulato, con esclusione quindi del mancato guadagno e del danno curriculare.

(TAR Lazio Roma, Sez. I bis, 4/2/2020, n. 1461)