Appalti pubblici. L’ accesso agli atti presuppone sempre la detenzione materiale dei documenti da parte dell’amministrazione.
In tema di appalti pubblici, condizione primaria perché sia possibile l’accesso agli atti di gara è la detenzione degli stessi da parte dell’amministrazione appaltante.
Come noto, finalità dell’istituto dell’accesso agli atti è consentire ai partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica l’esame dell’offerta presentata dall’operatore designato aggiudicatario della commessa.
A rigor del vero, l’istituto dell’accesso agli atti presenta numerosi profili problematici, come abbiamo illustrato nella precedente news sul tema (che potete trovare a questo link).
Ma cosa accade nel caso in cui l’amministrazione destinataria dell’istanza di accesso non è in possesso dei documenti di cui viene richiesta l’ostensione? Quesito, questo, cui viene offerta risposta dalla pronuncia oggi in commento.
Ma andiamo con ordine.
Un’impresa formulava istanza di accesso agli atti ex art. 22, L. 241/1990, per l’ostensione di tutta la documentazione afferente all’appalto di lavori indetto da una società pubblica per la ristrutturazione, il potenziamento e l’ammodernamento di un impianto di depurazione delle acque.
Sennonché la società pubblica destinataria dell’istanza negava l’accesso, sostenendo che le fosse impossibile esibire i documenti richiesti atteso che gli stessi non erano nella sua materiale disponibilità.
A fronte del rifiuto dell’amministrazione, l’impresa si rivolgeva al Difensore civico regionale, il quale veniva portato a conoscenza della circostanza che, all’esito di un procedimento tenutosi dinanzi la Commissione governativa per l’accesso ai documenti amministrativi, la società aveva sostenuto di non essere più in possesso dei richiesti documenti allorché, a seguito di cessione di ramo d’azienda, aveva trasferito tutta la propria documentazione (ivi inclusa quella di cui era richiesta l’ostensione), alla cessionaria.
Espletato il procedimento, il Difensore civico rilevava come la cessionaria non poteva sostenere di non essere in possesso della documentazione richiesta, atteso che i medesimi documenti – prima della cessione del ramo d’azienda – erano comunque in possesso della società cedente.
A fronte del rilievo critico così formulato dal Difensore civico, la cessionaria si limitava a confermare il rigetto dell’istanza di accesso, con la duplice motivazione che la cessione di ramo d’azienda non riguardava il contratto di appalto cui la documentazione richiesta si riferiva nonché che la documentazione richiesta, in ogni caso, riguardava documenti molto datati (di cui era venuto meno l’obbligo di conservazione a norma di legge).
La controversia veniva, pertanto, portata all’attenzione del giudice amministrativo. Il Collegio investito del contenzioso riguardante l’accesso ai predetti documenti, tuttavia, respingeva il ricorso, sostenendo che “il diritto di accesso trovava un limite nella disponibilità che l’Amministrazione intimata avesse della documentazione di cui si chiedeva l’ostensione: postulando l’accesso che i documenti fossero materialmente detenuti dall’amministrazione cui era rivolta l’istanza” (così TAR Lombardia Milano, Sez. I, 2.1.2023, n. 31).
In altri termini, il Collegio riteneva che, mancando la prova che la richiesta documentazione fosse nel possesso della cessionaria (prova che, sostiene il giudice amministrativo, non veniva in alcun modo fornita), nel caso di specie la richiesta di accesso andava respinta (anche in ragione della circostanza che la cessionaria negava di essere in possesso dei documenti richiesti), in applicazione del principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
A medesime conclusioni giunge il Consiglio di Stato.
In particolare, secondo i giudici di Palazzo Spada è assolutamente condivisibile l’assunto secondo cui “il diritto di accesso trova un limite (che è ad un tempo di ordine materiale e di ordine giuridico) nella disponibilità che l’Amministrazione abbia della documentazione di cui si chiede l’ostensione”.
Ciò significa, in altre parole, che la possibilità di acquisire determinati documenti è, come è logico attendersi, subordinata al possesso degli stessi da parte dell’amministrazione destinataria dell’istanza di accesso.
La pronuncia si colloca nel solco dell’orientamento giurisprudenziale prevalente che, a tal proposito, ha costantemente affermato che “la possibilità di acquisire (anche tramite visione od estrazione di copia) i documenti postula la materiale detenzione dell’Amministrazione cui è rivolta l’istanza (e ciò allorché alla stessa sia giuridicamente imputabile la relativa formazione, sia – ancor più – allorché, come nella specie, la stessa sia stata destinataria del relativo trasferimento) … ove l’amministrazione dichiari di non detenere il documento, assumendosi la responsabilità della veridicità della sua affermazione, non sarà possibile l’esercizio dell’accesso. Al cospetto di una dichiarazione espressa dell’amministrazione di inesistenza di un determinato atto, non vi sono margini per ordinare l’accesso, rischiandosi altrimenti una statuizione impossibile da eseguire per mancanza del suo oggetto, che si profilerebbe, dunque, come inutiliter data” (in questo senso si è pronunciato Cons. St., Sez. IV, 27.3.2020, n. 2142)