Appalti pubblici. Revisione prezzi tra aggiudicazione e stipula del contratto: possibile contrasto giurisprudenziale all’orizzonte?

Appalti pubblici. Revisione prezzi tra aggiudicazione e stipula del contratto: possibile contrasto giurisprudenziale all’orizzonte?Negli appalti pubblici, la possibilità di procedere con revisione prezzi in un momento antecedente la stipula del contratto continua ad essere un tema “caldo”.

Di recente, abbiamo parlato in questa news della pronuncia n. 9426/2022 del Consiglio di Stato che, nel confermare la pronuncia di primo grado resa dal TAR Lombardia Brescia n. 239/2022, ha negato la possibilità di procedere alla revisione dei prezzi nella fase intercorrente tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto.

A distanza di pochi giorni, una sentenza del TAR Sardegna si è espressa invece a favore della revisione prezzi nella delicata fase tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto.

Nei fatti sottoposti all’attenzione del Collegio, il ricorrente era divenuto aggiudicatario di una gara avente ad oggetto un servizio di raccolta rifiuti; l’aggiudicazione era stata disposta ad oltre due anni dalla data di presentazione dell’offerta in sede di gara.

Dato il considerevole lasso di tempo intercorso tra la presentazione dell’offerta (luglio 2012) e la stipula del contratto (avvenuta solo ad aprile 2014), la società aveva inoltrato all’Amministrazione una istanza di revisione del prezzo, in ossequio a quanto previsto da specifica disposizione contrattuale, in ragione degli aumenti riscontrati nel tempo trascorso – ben due anni – tra la presentazione delle offerte e l’inizio del servizio.

Secondo la ricorrente, infatti, il contratto conteneva non solo una clausola di revisione del prezzo relativa all’adeguamento del compenso durante l’esecuzione del contratto pluriennale (riferita all’indice FOI) ma anche una ulteriore clausola, inerente alla necessità di adeguare il compenso stante l’aumento del costo del personale e delle utenze non pro-futuro in corso di esecuzione del contratto (il cui ammontare non poteva superare il predetto indice FOI), bensì prima della stipula del contratto, rispetto a quanto oggetto di offerta in sede di gara.

La società, dunque, riteneva di avere diritto “a che il corrispettivo pattuito sia adeguato, a far data dall’avvio del servizio (e, quindi, dal giugno 2014), sulla base del maggior del costo del lavoro intervenuto tra il 2012 ed il 2014 (ricavabile dalle tabelle ministeriali FISE) e sulla base delle maggiori utenze attivate nel periodo ricompreso tra la data di presentazione delle offerte e l’avvio del servizio (sempre tra il 2012 ed il 2014). Il compenso così determinato doveva, poi, essere adeguato annualmente sulla base dell’indice FOI”, ossia in base alla clausola prevista dal contratto.

Tale istanza veniva, però, respinta.

Il rifiuto veniva motivato sulla base di un duplice ordine di ragioni: da un lato, la disposizione contrattuale invocata dalla società relativa agli aumenti verificatisi prima della stipula del contratto era da ritenersi nulla, in quanto non prevista nello schema di contratto approvato e posto a base degli atti di gara; dall’altro, la circostanza che la disposizione del Capitolato prevedeva la possibilità di una revisione dei prezzi solo nel caso in cui l’aumento delle utenze fosse risultato superiore del 20% rispetto a quelle indicate in sede di gara.

La questione giuridica individuata dal Collegio, dunque, riguarda la portata e i limiti del c.d. principio di immodificabilità del contratto, con specifico riferimento alla possibilità o meno di modificare il contenuto di determinate clausole contrattuali nel segmento temporale intercorrente tra aggiudicazione e stipula del contratto (e, in caso affermativo, entro quali limiti tale rinegoziazione sia possibile).

Su tale questione, evidenzia il Collegio, sussistono due posizioni contrastanti.

Un primo orientamento, capeggiato dalla citata sentenza del TAR Lombardia Brescia n. 239/2022, ritiene che l’istanza di revisione del prezzo formulata prima della stipula del contratto non possa trovare accoglimento per la semplice ragione che la sua formulazione presuppone, appunto, l’esistenza di un contratto valido ed efficace (posizione, questa, condivisa in sede d’appello anche dalla pronuncia n. 9426/2022 del Consiglio di Stato).

Secondo tale orientamento, la fase che precede la stipula del contratto è infatti contraddistinta dalla par condicio tra i concorrenti e dall’immodificabilità dell’offerta, principi che inibiscono qualsiasi tipo di cambiamento dell’oggetto del contratto o della proposta fatta dal privato (TAR Lazio Roma, Sez. III, 27.11.2017, n. 11732).

Una seconda e diversa tesi, invece, sostiene che “il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto” (come affermato da CGUE, Sez. VIII, 7.9.2016, C-549/14): facendo applicazione di tale principio, è stato affermato come non contrasterebbe con il principio di parità di trattamento e con il correlato obbligo di trasparenza la possibilità di procedere ad una revisione dei prezzi in una fase antecedente la stipula del contratto (TAR Toscana, Sez. I, 25.2.2022, n. 228).

Tale possibilità è motivata, in particolare, dal fatto che l’indizione di una gara di appalto costituisce un impegno particolarmente gravoso per l’amministrazione, con la conseguenza che gli esiti della stessa non possono essere vanificati da eventuali sopravvenienze.

In un simile contesto, “la scelta dell’amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l’accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all’amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell’aggiudicatario” (TAR Piemonte, Sez. I, 28.6.2021, n. 667).

Il Collegio, nell’accogliere il ricorso, si allinea a questa seconda tesi.

In particolare, secondo i giudici, la correttezza della seconda tesi trova conferma nel fatto che:

  • poiché “non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto”, la legittimità di una rinegoziazione sarebbe da rinvenire nella ratio stessa dell’istituto, ossia riequilibrare il rapporto economico contrattuale;
  • la “corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni”.

Fermo restando il principio secondo cui è possibile la modifica delle condizioni contrattuali anche in un momento antecedente la stipula del contratto, atteso che le modifiche non essenziali al contratto valorizzano la tipologia delle stesse e non il momento in cui esse intervengono  – così come evidenziato dalla citata CGUE – il Collegio ha concluso per la legittimità della clausola contrattuale “nella parte in cui ha previsto un adeguamento del compenso per l’appalto rispetto alla procedura di gara, in ragione del lungo tempo trascorso tra la presentazione dell’offerta e la stipulazione del contratto stesso”.

Per un approfondimento si veda l’ultima pubblicazione di Rosamaria Berloco, “Le sopravvenienze negli appalti pubblici”, Legislazione Tecnica 2022.

(TAR Sardegna, Sez. II, 16.11.2022, n. 770)