Contratti di fornitura: l’appaltatore subentrante non è tenuto alla clausola sociale di “riassorbimento”
Appalto di forniture: è legittima l’esclusione per mancata dichiarazione della clausola occupazionale?
La sentenza emessa dal TAR Campania, Napoli, sez. I, 5 settembre 2024, n. 4825 esamina la questione relativa alla mancata presentazione, da parte di un operatore economico, della dichiarazione recante l’impegno a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’ambito di un appalto di forniture. Cosa accade se il disciplinare di gara prevede tale obbligo in modo chiaro e inequivoco?
La vicenda
Un operatore economico, secondo classificato, ha impugnato l’aggiudicazione di un appalto di fornitura di prodotti chimici per il trattamento delle acque reflue e potabili nei confronti di un altro operatore, chiedendone l’annullamento.
Nel ricorso, l’impresa ha sostenuto che il disciplinare di gara prevedeva, con una clausola chiara e vincolante, che i partecipanti dovessero fornire una dichiarazione formale in cui si impegnavano a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato. Secondo la ricorrente, questa richiesta avrebbe rappresentato una scelta precisa dell’ente appaltante volta a proteggere il personale dell’appaltatore uscente, ossia la stessa ricorrente.
La ricorrente ha sostenuto che la mancata presentazione della dichiarazione da parte dell’aggiudicataria ne avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara. Inoltre, ha sottolineato che la mancanza di tale dichiarazione non sarebbe potuta essere sanata tramite soccorso istruttorio, trattandosi di un elemento costitutivo dell’offerta.
La stazione appaltante e la controinteressata si sono costituite in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso presentato dalla società ricorrente.
La decisione
Per il TAR, il ricorso è infondato.
L’appalto in questione riguarda la fornitura di beni e, pertanto, l’utilizzo della manodopera è marginale; a conferma di ciò, il disciplinare di gara indicava che i costi della manodopera fossero pari a zero. L’art. 57 del d.lgs. n. 36/2023 prevede l’obbligo delle clausole sociali solo per gli appalti di lavori e servizi, esclusi quelli di natura intellettuale e per i contratti di concessione. Di conseguenza, la c.d. clausola sociale, che prevede il riassorbimento del personale dell’appaltatore uscente, non è applicabile in questo caso, che riguarda un appalto di fornitura. Per corroborare la propria motivazione, il TAR ha richiamato le linee guida ANAC, approvate con la delibera n. 114 del 13 febbraio 2019, le quali confermano che tali clausole non si applicano ai contratti di fornitura.
Peraltro, la stazione appaltante non ha mai chiesto all’aggiudicatario di assumere, in tutto o in parte, il personale del precedente fornitore. Si tratta di una circostanza nota anche alla stessa ricorrente, la quale opera quale fornitore uscente nel medesimo appalto e non ha mai riassorbito il personale del precedente appaltatore.
Per concludere, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la clausola sociale in un appalto non impone l’integrale assunzione del personale precedente, ma deve comunque garantire la libertà economica degli operatori. Questa flessibilità mira a bilanciare la tutela del lavoro con la libertà d’impresa, evitando fenomeni di dumping sociale (TAR Lazio, Roma, Sez. IV, 3 giugno 2024, n. 11261). La disposizione del disciplinare richiamata dalla ricorrente, pertanto, non può essere interpretata in modo da imporre un obbligo di stabilizzazione dei lavoratori precedentemente impiegati dal precedente operatore; tutt’al più, da tale previsione discende l’obbligo di conformarsi ai restanti obblighi imposti dall’art. 57, D. Lgs. 36/2023.
TAR Campania, Sez. I, 5 settembre 2024, n. 4825
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