Attività ricettive (alberghiere ed extra) e destinazioni urbanistiche a Roma: tra P.R.G. e regolamenti regionali 8/2015 e 17/2008
Il settore hospitality, in particolare a Roma, risulta essere in grande fermento.
Con questo breve contributo cercheremo, quindi, di esaminare alcune questioni relative ai rapporti – talvolta tesi o quantomeno “non chiarissimi” – tra la disciplina di PRG (le NTA del 2008) e la regolamentazione recata dai Regolamenti regionali nn. 17/2008 (strutture alberghiere) e 8/2015 (strutture extra-alberghiere).
I. Ricettività e destinazione urbanistica nel PRG di Roma
L’art. 6 NTA considera espressamente nella categoria di cui al co. 1, lett d) – destinazione d’uso “turistico-ricettive” le seguenti funzioni: “strutture ricettive alberghiere – (fino a 60 posti letto: CU/b; oltre 60 posti letto e motel: CU/m); strutture ricettive extra-alberghiere – (fino a 60 posti letto e ostelli: CU/b; oltre 60 posti letto: CU/m); strutture ricettive all’aria aperta – (CU/m)“.
Le singole norme di tessuto, poi, recano previsioni di dettaglio, atte a regolare e circoscrivere “zona per zona” le attività turistico-ricettive insediabili.
Fra tali disposizioni, ad esempio, si segnala per la “Città Storica”, l’art. 24, co. 14-15 NTA il quale, da un lato, ammette le “strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere”, con esclusione dei “motel” e, dall’altro, puntualizza che “il cambio di destinazione d’uso da funzioni abitative ad altre funzioni è ammesso solo per i piani seminterrati, piani terra e mezzanini; è ammesso altresì negli altri piani, al solo fine di consentire l’ampliamento delle destinazioni a “strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere”, a condizione che occupino, prima dell’ampliamento, almeno il 70% della SUL dell’Unità edilizia”.
Il tutto con l’ulteriore previsione, ex art. 26 NTA (relativa al tessuto T-1), che le “strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere” oltre 60 posti letto, (…) , sono ammesse esclusivamente negli edifici con tipologia edilizia speciale individuati nell’elaborato G1.“Carta per la qualità”, compatibilmente con i requisiti strutturanti specificati nel capitolo “Edifici con tipologia edilizia speciale” dell’Elaborato G2.“Guida per la qualità degli interventi”.
Uno spaccato, quello della disciplina urbanistica in Città Storica (preso quale esempio), che rende chiaro come esistano nel PRG numerosi “paletti” per il cambio d’uso ad alberghiero che, in tale zona della Città, è a dir poco complesso.
II. I Regolamenti regionali
Il R.R. 17/2008 prevede che le strutture alberghiere(alberghi/hotel, residenze turistico alberghiere/residence):
a) devono possedere la destinazione turistico-ricettiva, sia al livello urbanistico sia al livello catastale (cfr. art. 2, co. 5)
b) con la (apparente, e vedremo al riguardo il pensiero del TAR Lazio) eccezione, a determinate condizioni, della sola ipotesi delle “dipendenze” di esistenti strutture alberghiere (cfr. art. 6, co. 4-bis), ipotesi di problematico coordinamento con le NTA PRG).
Circa le strutture extra-alberghiere il quadro è ben più articolato, prevendo il R.R. 8/2015 che per alberghi, ostelli per la gioventù, ostelli/hostel è necessaria la destinazione turistico-ricettiva (essendo irrilevante che il Regolamento individui una destinazione catastale “non alberghiera”): in tal senso, peraltro, si registrano (i) la Circolare Regione Lazio prot. n. 47778 del 29.1.2018 inviata a Roma Capitale con ove si afferma che per utilizzare un immobile come hostel è necessaria la destinazione urbanistica “turistico-ricettiva” (ii) un decreto cautelare del TAR Lazio, n. 4507/2018; (iii) l’ordinanza TAR Lazio n. 2290/2019, confermata da Cons. Stato n. 4177/2018.
Invece, per “guest house/affittacamere” e “case e appartamenti per vacanze” il Regolamento esclude la necessità di cambio di destinazione d’uso.
III. “Attriti” tra Regolamenti regionali e NTA PRG: i casi di affittacamere/case vacanza nonché delle “dependance” alberghiere.
1. Partendo dall’ultimo punto accennato (la non necessità di cambio d’uso da residenziale a turistico-ricettivo per le categorie affittacamere e case vacanza) si deve registrare, in effetti, un latente contrasto tra NTA PRG e Regolamentazione regionale.
Il PRG, infatti, da un lato non contempla espressamente le due categorie in esame e, dall’altro, riconduce l’intero segmento della ricettività extra-alberghiera nella destinazione urbansitica turistico-ricettiva.
La questione è stata affrontata da TAR Lazio n. 7480/2015.
Qui il Giudice Amministrativo, chiamato a valutare la legittimità del provvedimento di Roma Capitale che aveva inibito una SCIA presentata per una attività extra-alberghiera di affittacamere, ha osservato come la disciplina “contenuta nel Regolamento regionale e nella pianificazione locale … non osti alla utilizzazione degli appartamenti … (a destinazione civile abitazione) per attività di affittacamere (…)” e ciò avuto anche riguardo al fatto che, sempre secondo il TAR, l’art. 6 NTA PRG non contempla espressamente la specifica funzione “affittacamere” all’interno dell’art. 6, co. 1, lett. d) (pur riferita, genericamente, alle attività ricettive, anche extra-alberghiere).
Da sottolineare come Roma Capitale non abbia appellato tale decisione.
D’altronde, si aggiunge, la conclusione del TAR appare condivisibile anche alla luce dell’art. 6, co. 2, NTA PRG a mente del quale “per le destinazioni d’uso non comprese o non direttamente riconducibili alla classificazione del comma 1 [ossia l’elenco delle varie funzioni e relative specifiche], si procede per analogia funzionale e di carico urbanistico (…)”.
2. La seconda ipotesi che esaminiamo – sempre “a campione” – è la questione della destinazione d’uso occorrente per l’insediamento delle “dipendenze” degli alberghi.
L’art. 6, co. 4-bis, del Regolamento regionale n. 15/2008 (“disciplina delle strutture ricettive alberghiere”) dispone che le dipendenze (ossia “locali per l’alloggio dei clienti, situati in stabili, o parti di essi, con un numero di camere o appartamenti anche inferiore a sette”) di una struttura alberghiera che devono trovarsi entro 300 metri dall’immobile principale (o “casa madre”), a condizione del mantenimento della “unitarietà della gestione e dell’utilizzo dei servizi”, “non sono soggette a cambio di destinazione d’uso ai fini urbanistici e rispettano i requisiti previsti per le abitazioni e la normativa vigente in materia urbanistica, igienico-sanitaria e di sicurezza degli impianti”.
Tale disposizione pare porre una deroga alla necessità della destinazione turistico-ricettiva in ipotesi di dependance alberghiera.
La questione, in particolare, si è posta in relazione alla norma (esaminata in precedenza) che, per gli immobili a destinazione residenziale in Città Storica consente il cambio d’uso (di piani superiori al mezzanino) soltanto al fine di “consentire l’ampliamento delle destinazioni a “strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere”, a condizione che occupino, prima dell’ampliamento, almeno il 70% della SUL dell’Unità edilizia”.
2.1 Sul punto si registra una presa di posizione del DPAU che, con nota prot. 134995 del 19.11.2020, ha rilevato che “le norme regolamentari che discendono da quelle delle NTA del PRG vigente (…) non possono essere disapplicate” e ciò anche in quanto “un’applicazione generalizzata e liberalizzata del Regolamento Regionale potrebbe configgere con uno dei principi informatori della normativa urbanistica della Città Storica che è quella di preservare la destinazione residenziale prevalente”.
2.2 Inoltre, sulla portata della speciale norma ex art. 6, co. 4-bis del R.R. 15/2008 si è di recente espresso anche il TAR Lazio, con la sentenza n. 8167/2022.
Anche in questo caso veniva in rilievo l’art. 24 NTA nella parte in cui vieta il cambio d’uso da abitativo ad altre funzioni.
La ricorrente – richiamando la norma regionale – aveva evidenziato che questa consentirebbe l’esercizio di attività turistico-ricettiva di dipendenza alberghiera in locali aventi destinazione residenziale, purché nel rispetto della vigente normativa in materia urbanistica, igienico-sanitaria e di sicurezza degli impianti, così ammettendo l’esercizio dell’attività di tipo turistico-ricettivo presso locali con destinazione d’uso residenziale.
Il TAR ha rigettato il ricorso, ritenendo [con un percorso motivazionale piuttosto singolare, che collega inspiegabilmente il R.R. 15/2008 alla L.R. 7/2017 sulla rigenerazione urbana (?) ] che l’art. 6, co. 4-bis del Regolamento regionale non sarebbe idoneo a derogare le norme di Piano Regolatore, stante, tra l’altro, l’art. 2 del Regolamento stesso secondo il quale “le unità immobiliari adibite a strutture recettive alberghiere possiedono la relativa destinazione d’uso ai fini urbanistici e catastali”.
2.3 A parere nostro, tanto la posizione del DPAU quanto la sentenza del TAR non sono condivisibili (quest’ultima per certi versi incomprensibile, nei riferimenti normativi): infatti la superiorità gerarchica del Regolamento regionale, la natura speciale ed eccezionale dell’art. 6, co. 4-bis nonché la posteriorità della disposizione regionale rispetto al PRG di Roma depongono chiaramente nel senso di ritenere le norme di PRG recessive rispetto alla disposizione regionale. Si auspica, quindi, che la questione possa essere riesaminata dal Consiglio di Stato.
IV. Sullo sfondo: il permesso di costruire in deroga quale “via di fuga”.
Esaminati – “a campione” – tali aspetti, deve solo ricordarsi come una (possibile) soluzione alle rigidità del Piano Regolatore può essere costituita dal ricorso al Permesso di costruire in deroga ex art. 14 del D.P.R. 380/2001.
Tale disposizione, che consente di derogare (esclusivamente) il P.R.G. in punto di “limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi nonché le destinazioni d’uso ammissibili“, previa valutazione di sussistenza di ragioni di “interesse pubblico” da parte del Consiglio comunale, è infatti dalla giurisprudenza amministrativa ritenuta pienamente applicabile ad interventi edilizi concernenti le strutture alberghiere.
Ad esempio ha di recente statuito Cons. Stato 346/2020, che “la costruzione e l’ampliamento di strutture alberghiere rientra infatti tra gli impianti di interesse pubblico per i quali è consentito il rilascio di permesso di costruire in deroga ai sensi dell’art. 14, comma 1, T.U. Edilizia. La giurisprudenza amministrativa ha costantemente ritenuto che le strutture alberghiere rientrino tra gli impianti a interesse pubblico per i quali è consentito il rilascio di (…) permesso di costruire, ai sensi d(…) dell’art. 14 T.U. Edilizia (cf…). Secondo questo Consiglio non è necessario che l’interesse pubblico attenga al carattere pubblico dell’edificio o al suo utilizzo, ma è sufficiente che coincida con gli effetti benefici per la collettività che potenzialmente derivano dalla deroga, in una logica di ponderazione e contemperamento calibrata sulle specificità del caso”.
Chiaramente, si tratta di strumento peculiare e applicabile in presenza di un effettiva valutazione – al livello di Consiglio comunale – di un pubblico interesse, tuttavia, come indicato dalla casistica giurisprudenziale, esso può rappresentare una speciale soluzione in diverse fattispecie.