Aumento costi causa covid-19 e anticipazione del prezzo negli appalti pubblici: tra facoltà della stazione appaltante e “vorrei ma non posso” del Legislatore.
I temi aumento dei costi (extra covid-19) e anticipazione del prezzo negli appalti pubblici sono temi caldi in questo momento storico.
La normativa emergenziale che ha cercato di far fronte alle circostanze sopravvenute in relazione all’esecuzione e alla stipula dei contratti di appalto pubblico comincia a trovare una propria interpretazione anche a livello giurisprudenziale.
Una recente sentenza del TAR Milano ha fatto chiarezza su alcune delle norme maggiormente significative, coniate dal legislatore proprio per cercare di contenere lo shock economico e patrimoniale delle imprese. Tra queste:
- L’art. 207 del D.L. n. 34/2020, convertito con modifiche dalla L. n. 77/2020, che ha innalzato la percentuale dell’anticipazione del prezzo dal 20% al 30%;
- L’art. 91 del D.L. n. 18/2020, che all’art. 3 del D.L. n. 6/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 13/2020, che ha inserito il comma 6-bis, secondo cui “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”;
- L’art. 8, comma 4, lett. b) del D.L. n. 76/2020, convertito con modifiche dalla L. n. 120/2020 che prevede il riconoscimento, per i lavori in corso di esecuzione al 16.7.2020, dei maggiori costi derivanti dall’adeguamento e dall’integrazione del piano di sicurezza e coordinamento ai fini del rispetto delle misure di contenimento dettate dalla normativa emergenziale, da rimborsarsi in occasione del primo SAL successivo all’approvazione dell’aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento recante la quantificazione degli oneri aggiuntivi.
La controversia sottoposta all’attenzione del TAR Milano origina nell’ambito di una gara per la realizzazione di una scuola, per cui la società ricorrente era risultata aggiudicataria nel febbraio 2020, ben prima del lockdown disposto causa covid-19.
Nelle more della stipula del contratto, la società aveva richiesto di inserire nella bozza del contratto la previsione di cui all’art. 207 del D.L. n. 34/2020, e dunque l’anticipazione del prezzo del contratto pari al 30%, nonché il riconoscimento di ulteriori costi per la sicurezza, così come previsti dall’art. 8, comma 4 lett. b) del D.L. n. 76/2020.
Nel novembre 2020, periodo in cui come è noto si è registrato un significativo aumento dei costi, in particolare, dell’acciaio, non essendo intervenuta la stipula del contratto, la ricorrente aveva proceduto a comunicare alla stazione appaltante lo scioglimento del vincolo contrattuale ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50/2016, proprio in considerazione dell’alterazione economico-finanziaria derivante dall’emissione dei nuovi provvedimenti per contenere l’aumento dei contagi da covid-19.
In conseguenza di ciò, la stazione appaltante aveva revocato in autotutela l’aggiudicazione, procedendo altresì ad incamerare la cauzione provvisoria, a richiedere il rimborso delle spese per la pubblicazione e ad inoltrare una segnalazione all’ANAC.
Il ricorso della ricorrente si incentra proprio sull’asserita illiceità dell’operato dell’amministrazione, la quale non ha dato seguito alla richiesta dell’aggiudicataria di inserire nel contratto le nuove previsioni sancite dalla normativa emergenziale, ossia l’innalzamento dell’anticipazione dal 20% al 30% e il riconoscimento di ulteriori costi per la sicurezza.
Sul punto il TAR Milano ha stabilito che la corresponsione dell’importo dell’anticipazione del prezzo al 30% non si configura come un diritto dell’operatore economico, bensì come una facoltà esercitabile esclusivamente dalla stazione appaltante.
Secondo il Collegio, dunque, il testo dell’art. 207 sarebbe chiaro nell’attribuire discrezionalità alla stazione appaltante, posto che l’importo percentuale di anticipazione “può essere incrementato (e non deve)…nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione”.
Ad avviso di chi scrive, l’interpretazione fornita dal TAR, sebbene in linea con il dato letterale della norma (si poteva fare di più), sembrerebbe confermare il “vorrei ma non posso” che ha ispirato il legislatore nella redazione della normativa emergenziale ossia il rilancio dell’economia e delle imprese.
Il TAR, nel confermare la legittimità dell’operato della stazione appaltante, che aveva proceduto con la revoca dell’aggiudicazione solo a fronte della richiesta (legittima) di scioglimento del vincolo contrattuale, ha sottolineato come la ricorrente non fosse stata in grado di provare in che modo la mancata tempestiva disponibilità delle maggiori somme avesse di fatto reso antieconomica la stipulazione del contratto.
Il tutto secondo i giudici ha a che vedere con la mancata prova del danno subito dall’impresa.
Con riferimento ai maggiori costi derivanti dall’adeguamento e dall’integrazione del piano di sicurezza e coordinamento, i giudici hanno ritenuto non applicabile al caso di specie il comma 4 dell’art. 8 del decreto Semplificazioni poiché la norma subordina il riconoscimento di maggiori costi “ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore” del D.L. n. 76/2020, e cioè, al 16.7.2020, mentre in questo caso la richiesta della società ricorrente faceva riferimento a lavori non ancora iniziati.
Con riferimento infine alla clausola di esonero di responsabilità di cui al comma 6-bis della L. n. 13/2020, idonea, a parere della ricorrente, a paralizzare ogni pretesa azione risarcitoria della stazione appaltante, nonché l’illegittimità di tutti i provvedimenti consequenziali, i Giudici si sono espressi ponendo al centro della propria decisione l’elemento probatorio.
Il Collegio ha riscontrato che la ricorrente si era limitata a richiamare, del tutto genericamente, lo stato di emergenza sanitaria, senza fornire alcun dato obiettivo da cui potersi desumere, in conseguenza dell’emergenza covid-19, un peggioramento della propria condizione patrimoniale idonea a precluderle l’esecuzione del contratto.
Precisa il Collegio, che in ossequio al principio generale secondo cui ciascuna delle parti ha l’onere di provare i fatti che allega e dai quali pretende di far derivare conseguenze giuridiche a suo favore, l’art. 3, comma 6-bis della L. n. 13/2020 impone alla parte che ne invoca l’applicazione l’onere di provare l’eccessiva onerosità sopravvenuta che ha alterato il rapporto di proporzionalità tra le reciproche prestazioni.
In definitiva, il TAR Milano ha ritenuto ingiustificato il rifiuto alla stipula del contratto della società ricorrente e, dunque, corretto l’operato della stazione appaltante che aveva proceduto a revocare l’aggiudicazione e a porre in essere i relativi atti consequenziali.