L’istituto del grave illecito professionale ex art. 80, co. 5, lett. c): il carattere “elastico” della previsione normativa ed il principio del “contagio”.

“… una Società può essere esclusa da una procedura di gara, ex art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, per un grave illecito professionale commesso da un suo esponente, <<non tanto in virtù del principio di immedesimazione organica … quanto, piuttosto, per altro principio già definito del “contagio”>> … quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale: … l’aver riportato una condanna penale è indice di carenza di integrità e di affidabilità morale ….“.

Questa la sintesi del principio espresso dal Tar pugliese nell’ambito di una controversia insorta per l’affidamento di un appalto di servizi, nell’ambito della quale l’operatore economico ricorrente, a seguito dell’aggiudicazione della commessa da parte della Stazione appaltante, ha impugnato innanzi al Tar il provvedimento con il quale l’Ente ha disposto la revoca dell’aggiudicazione e proceduto allo scorrimento della graduatoria, sulla base delle risultanze istruttorie conseguite a seguito della valutazione dell’affidabilità dell’impresa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i.

In particolare, nel corso della verifica dei requisiti, emergeva che uno dei soggetti facenti parte della compagine societaria, l’ex Presidente del Consiglio di Amministrazione, all’epoca della gara era stato destinatario di una misura cautelare (poi revocata) in relazione a condotte che lo stesso avrebbe posto in essere nell’esclusivo (presunto) interesse di una diversa società, nella cui compagine l’autore della condotta incriminata assumeva la qualifica di socio.

Nel corso del giudizio, la società deduceva comunque di aver adottato delle misure dissociative (self cleaning) dalle condotte a lui ascritte, rimuovendolo da qualsiasi carica sociale e promuovendo un’azione di responsabilità per il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.

La ricorrente contestava dunque l’assenza dei presupposti dell’operato dell’Ente resistente, non potendo la circostanza ricondursi ad una precisa disposizione del codice appalti, ed anche l’insufficienza della motivazione in cui sarebbe incorsa.

Secondo il Giudice amministrativo, le censure dedotte nel ricorso sono prive di fondamento.

Le argomentazioni del Tar Puglia muovono dalla ricostruzione puntuale della fattispecie espulsiva prevista dall’art. 80, co. 5, lett. c), d.lgs. 50/2016 e s.m.i., secondo la quale è da escludere quell’operatore economico qualora  “c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”: in tale prospettiva, il Tar giunge ad applicare l’innovativa tesi per la determinazione delle condotte che rilevano ai fini della configurabilità del grave illecito professionale secondo il cd. “principio del contagio“.

La giurisprudenza amministrativa, dall’entrata in vigore del Codice, ha affrontato innumerevoli casi nei quali l’operatore economico è stato espulso da una procedura concorrenziale per aver commesso gravi illeciti tali da mettere in dubbio la propria integrità o affidabilità: in questa precedente news abbiamo affrontato il tema alle sue prime applicazioni.

Ciò che è cambiato, negli ultimi anni, sono le fattispecie che integrano la nozione di “gravi illeciti professionali”, stante l’evoluzione giurisprudenziale e l’incidenza della visione eurocomunitaria con quella del diritto interno.

Il Giudice amministrativo ha pertanto configurato il grave illecito professionale qualora sia idoneo e sufficiente ad integrare una causa di esclusione stabilendo genericamente che la sua assenza rappresenta “uno dei requisiti generali di partecipazione alle gare tese all’attribuzione di contratti pubblici“.

Le coordinate dalle quali il Tar muove le proprie considerazioni si fondano sulla previgente disciplina di cui alla direttiva 2004/18/CE che stabiliva che “2. Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico …d) che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”; in attuazione, già l’art. 38, comma 1, lett. f), 2° periodo, d.lgs. n. 163/2006 prevedeva: “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: … che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.

Il Tar rimarca, dunque, il carattere ampiamente discrezionale che già connotava il requisito generale così come era configurato nella previdente disciplina e la cui sussistenza o meno in concreto dipendeva anche dall’effettiva valutazione di una determinata condotta che la stazione appaltante eseguiva.

Nel nostro ordinamento nazionale il Codice dei Contratti di cui al d.lgs n. 50/2016, che ha dato attuazione alla direttiva 2014/24/UE, all’art. 80 ha individuato le cause di esclusione dalle gare per l’affidamento di appalti pubblici, prevedendo, per quanto di interesse, al comma 5, lett. c): “5. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico … qualora: c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Il Tar Puglia, muovendo da tale previsione normativa, fornisce una chiave di lettura delle previsione, asserendo (non molto condivisibilmente) che “la formulazione della norma è tale da consentirne un’interpretazione elastica, così da ricomprendere ogni ipotesi in cui, sulla base di una valutazione discrezionale, della quale viene data contezza attraverso un’idonea motivazione, la stazione appaltante ravvisi appunto un grave illecito professionale. La disposizione di cui al citato art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei Contratti, infatti, non indica la fattispecie astratta in maniera esaustiva, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa, all’integrazione dell’interprete, che utilizza allo scopo elementi o criteri extragiuridici. Perciò può attribuirsi rilevanza ad ogni tipologia di illecito che, per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale professionale e/o l’affidabilità del concorrente, dovendo ricomprendersi nel concetto di grave illecito professionale ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria, in particolare, ad un dovere imposto da una norma giuridica“.

Tale elasticità consente, pertanto, d attribuire rilevanza a tipologie di illeciti quelle condotte collegate all’esercizio dell’attività professionale e contrarie a particolari doveri giuridici.

Su tali premesse, il Tar giunge ad affermare che “Proprio l’evidenziato carattere estremamente elastico della previsione normativa in esame … unitamente alla ratio alla stessa sottesa, comporta che … non possa limitarsi la sua estensione ai casi strettamente e letteralmente riferibili all’operatore economico, inteso come ditta concorrente, dovendo l’illecito professionale concernente, come nella specie, un fatto di rilevanza penale, fisiologicamente necessariamente essere ascritto ad una persona fisica“.

Questa “estensione” è espressione del cd. “principio del contagio“: se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella attività professionale; secondo il Giudice amministrativo “inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni”.

Per tale ragione, conclude il Tar sulla questione, “è del tutto irrilevante stabilire se la condotta sanzionata in sede penale sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la Società di appartenenza, in quanto conta soltanto che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale; accertata questa condizione, quale che fosse il beneficiario del reato, l’aver riportato una condanna penale è indice di carenza di integrità e di affidabilità morale che la stazione appaltante può apprezzare per decidere se tenere in gara l’operatore economico ovvero escluderlo“.

Certamente ci si trova a commentare una pronuncia innovativa e, si potrebbe dire, utilizzando le medesime espressioni del Tar, estremamente “elastica”: se in linea di principio non deve sottacersi che la stazione appaltante sia tenuta a vagliare l’esperienza professionale del concorrente, anche a mezzo dei soggetti apicali mediante la quale la Società partecipante opera, in quanto sono costoro a determinarne il comportamento sul mercato, è altrettanto vero che tale verifica sull’esperienza pregressa dell’operatore non può estendersi fino a ricomprendere “esageratamente” tutte le condotte pregresse ed esterne ancorché riferite ai soggetti apicali in luogo di una circostanziata attività, dovendo l’ente pubblico effettuare una scelta sull’operatore economico affidabile al quale attribuire l’esecuzione delle prestazioni oggetto della procedura e non riferita ai singoli soggetti (sanzionati, ove ricorrano le condizioni, con gli strumenti previsti dall’ordinamento).

Si ritiene, infatti, che in tal caso il concetto di “grave illecito professionale” si riferisca a tutti quei comportamenti che assumono rilievo ai fini penali purchè commessi “dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la Società di appartenenza; quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale, venendo meno il principio dell’immedesimazione organica inteso quale modalità di imputazione all’operatore economico della volontà manifestata dalla persona fisica cui ne è affidata la rappresentanza diretta, incidendo in tal senso sull’interpretazione restrittiva che comunemente trova applicazione allorquando trattasi di ipotesi escludente.

(Tar Puglia Sez. I, 7.5.2021, n. 825)