Affidamento in house e partecipazione a holding con vocazione commerciale

Come è noto, perché un’amministrazione possa legittimamente affidare un servizio “in house” a una propria controllata, devono sussistere tre requisiti:a) l’amministrazione deve esercitare sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

  • a) l’amministrazione deve esercitare sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;
  • b) la società deve svolgere la propria attività in via prevalente per l’amministrazione controllante (oggi è espressamente previsto che si deve trattare di oltre l’80 per cento delle attività della controllata);
  • c) nella società non deve esservi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione che non comportino controllo o potere di veto e non esercitano un’influenza determinante sulla società.

In una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha affrontato la questione della sussistenza del secondo requisito, quello dell’attività prevalente, nel caso in cui la società affidataria detenga a sua volta una partecipazione di controllo in una holding attiva in settori estranei alla produzione di servizi di interesse generale e a vocazione commerciale. Tali devono ritenersi, infatti, la “vendita di energia e gas” svolte direttamente nei confronti dell’utenza, in seguito alla liberalizzazione dei rispettivi settori sono qualificabili come attività commerciali.

In tal caso, il raggiungimento dell’80% di attività andrebbe apprezzato con riferimento al fatturato realizzato dall’intero gruppo societario che, nel caso di specie, aveva una duplice vocazione, di società strumentale allo svolgimento di servizi pubblici da un lato e di operatore di mercato dall’altro. Pertanto, alla società partecipante non poteva legittimamente essere affidato un servizio in house.

Cons. Stato, Sez. V, 12/11/2019, n. 7752


Appalti al volo – Cauzioni provvisorie e definitive: come si ottengono e a cosa servono?

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo parliamo della disciplina delle garanzie per la partecipazione a una gara e di quelle definitive.

Ci interroghiamo sulle modalità operative per ottenere una cauzione e della differenza tra quella provvisoria e quella definitiva.
 
I nostri ospiti sono Stefania Fatica, Cristiano Murgolo e Roberto Murgolo, consulenti in materia assicurativa che operano nel settore degli appalti pubblici.
 
La sentenza del giorno è: TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 16 ottobre 2019, n. 1598.
 
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Il presente materiale è per fini informativi e non costituisce consulenza legale.
 
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Minor prezzo e caratteristiche standardizzate: serve adeguata motivazione

Come confermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, è pacificamente riconosciuto alla stazione appaltante il potere discrezionale di bandire la gara con il criterio del miglior prezzo per l’affidamento di servizi che abbiano oggettive caratteristiche standardizzate (Cons.St., Ad.Plen., 21 maggio 2019, n. 8).
Tuttavia, il carattere standardizzato delle prestazioni comprese nel servizio, non è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione del criterio del prezzo più basso. A rigore, infatti, del comma 5 dell’art. 95, si richiede espressamente “una adeguata motivazione”.
A tal proposito, è recentissima la pronuncia del TAR Veneto su un ricorso presentato da un nota compagnia petrolifera per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione concernente la stipula di un contratto di fornitura di lubrificanti, definito dalla stazione appaltante con caratteristiche standardizzate e, pertanto, aggiudicato con il criterio del minor prezzo.
Nella decisione del TAR circa l’illegittimità della scelta del criterio del minor prezzo ha assunto un particolare rilievo la previsione del bando che consentiva l’uso di prodotti non solo equivalenti, ma anche compatibili con quelli attualmente in uso, anche meno costosi.
Il TAR ha ricordato, innanzitutto, che nelle procedure di gara esperite con il criterio del miglior prezzo, è escluso in via radicale l’apprezzamento sugli aspetti qualitativi delle offerte dei concorrenti. Pertanto, il criterio del minor prezzo è sicuramente una scelta legittima frutto della discrezionalità amministrativa, ma è pur sempre una deroga al principio generale dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ragion per cui l’obbligo motivazionale non è pretermissibile.
Dal combinato disposto dell’art. 95, comma 5, e dalle linee guida ANAC di attuazione del d.lgs. n. 50/2016, le stazioni appaltanti che procedono con il criterio del minor prezzo devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta. Inoltre, devono anche dimostrare che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore.
Il TAR ha ammesso che le ragioni della deroga possano risultare oltre che da una motivazione esplicita, anche dagli atti di gara, laddove emerga in modo palese ed incontrovertibile la standardizzazione delle prestazioni richieste. Tuttavia, nel caso di specie, non risultava nemmeno evincibile dagli atti da gara un contenuto delle prestazioni tale da elidere del tutto gli spazi entro i quali potesse essere utile attivare un confronto competitivo sul profilo qualitativo fra i concorrenti. Ciò perché la documentazione di gara stessa richiedeva la fornitura di prodotti compatibili con quelli già in uso, consentendo, di conseguenza, possibili soluzioni diverse frutto della discrezionalità dei partecipanti, il che di per sé sarebbe in contraddizione con la nozione di forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato.
Concludendo, il TAR Venezia accoglie il ricorso, poiché dalla lettura della lex specialis emerge la carenza motivazionale, infatti la stazione appaltante si è limitata a richiamare la previsione normativa che fonda la scelte del criterio di aggiudicazione, senza accompagnare detto richiamo con un apparato motivazionale adeguato, come richiesto dalla previsione di legge.

Modifiche al Codice di giustizia contabile

Sono state adottate delle disposizioni integrative e correttive al codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174/2016), che disciplina i giudizi devoluti alla giurisdizione della Corte dei Conti, fra cui i giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno erariale e in giudizi pensionistici nelle materie di sua competenza.

Le nuove previsioni, che entrano in vigore il 30 ottobre 2019, incidono su vari istituti processuali. Si riportano di seguito alcune fra le tante novità.

Ad esempio, nell’ottica di una maggiore digitalizzazione del processo contabile, si prevede che anche le parti – e non più solo il pubblico ministero contabile – possano effettuare le notificazioni degli atti direttamente a indirizzi di posta elettronica certificata risultanti da pubblici elenchi o registri.

Come modifica di più ampio respiro si segnala la previsione per cui si estende al giudizio pensionistico l'applicazione del rito ordinario del giudizio di responsabilità contabile (ossia le norme processuali generali recate dalla Parte II, Titolo III del Codice), sempre che non espressamente derogato dalle norme specifiche.

Con riferimento alla fase preprocessuale, si prevede che la procura alle liti, contenente comunque  l'elezione  di domicilio, in tale fase si rilasci in calce o a margine dell'invito o delle deduzioni ed abbia effetto anche per  la  successiva fase  del  giudizio. La modifica interviene inoltre sulla disciplina relativa alla presentazione delle deduzioni scritte. Il testo previgente prevedeva che la possibilità per il soggetto cui era indirizzato l’invito a dedurre di presentare deduzioni scritte con la relativa documentazione e gli altri elementi di prova entro 45 giorni dall'invito, o nel maggior termine fissato dal PM. Tale termine era prorogabile su richiesta motivata del destinatario dell'invito da presentarsi entro 5 giorni dalla notificazione dell'invito stesso. Il decreto interviene su tale ultimo termine – in effetti molto breve – per così da consentire al destinatario un tempo congruo per valutare se chiedere o meno la proroga, prevedendo che la relativa istanza possa essere presentata al PM non oltre 15 giorni prima della scadenza del termine.

D.lgs. 7/10/2019, n. 114 


Appalti al volo - Corte dei Conti e appalti pubblici: cosa, quando e perché

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo si parla di danno erariale nell’ambito degli appalti pubblici.

In particolare, si fa il punto su cosa sia la responsabilità per danno erariale, su quando la Corte dei Conti possa intervenire nei confronti dei funzionari pubblici (e talvolta anche di coloro che non lo sono) e sulle varie fattispecie di danno configurabili nella nostra materia.

La sentenza del giorno è: Corte dei Conti, Sez. giur. Veneto, 15 marzo 2019, n. 36.

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L’accesso agli atti delle gare e gli “indizi” della piena conoscenza

Il Consiglio di Stato torna sulla questione dell’individuazione del momento dal quale decorre il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara d'appalto, nel caso in cui il ricorrente dichiari di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solo a seguito di accesso agli atti, con una pronuncia benevola, anche con riferimento ad eventuali elementi “indiziari” della piena conoscenza.

Dopo aver precisato di ritenere che, in virtù della formulazione vigente dell’art. 76 del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante non sia più obbligata, nella comunicazione d’ufficio dell’avvenuta aggiudicazione, ad esporre le ragioni di preferenza dell’offerta aggiudicata, la sentenza in esame riepiloga alcuni princìpi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza del vecchio Codice, ritenuti ancora validi. Fra questi, l’insegnamento della Corte di giustizia dell’Unione europea per cui il termine per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto che si ritenga leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione. Secondo il Consiglio di Stato, la dilazione temporale, che nel vecchio Codice era fissata nei dieci giorni previsti per l’accesso informale ai documenti di gara, può ora ragionevolmente essere fissata nei quindici giorni previsti per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato.

Ove però la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori, il termine non inizia a decorrere finché l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura. Inoltre, la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione al concorrente non sarebbe surrogabile da altre forme di pubblicità legali, quali, in particolare, la pubblicazione del provvedimento all’albo pretorio della stazione appaltante. In ogni caso, anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione, il termine decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, pur se non si accompagnata dall’acquisizione di tutti gli atti del procedimento.

Con riguardo al provvedimento di aggiudicazione di una procedura di gara, la necessaria percepibilità dei profili di lesività dell’atto si traduce nella circostanza che il concorrente deve aver acquisito piena contezza del nominativo dell’aggiudicatario e del carattere definitivo dell’aggiudicazione.

Nel caso di specie, la stazione appaltante non aveva proceduto ad effettuare la comunicazione del provvedimento di aggiudicazione e il Consiglio di Stato ha ritenuto non fosse possibile desumere la piena conoscenza dell’avvenuta aggiudicazione da un elemento indiziario, quale l’interruzione del rapporto di lavoro con gli autisti e la dismissione degli automezzi, cui la ricorrente, nella sua veste di gestore uscente, era stata costretta già da tempo. Non è stato ritenuto sufficiente nemmeno il riferimento effettuato in tale contesto dall’Amministrazione agli “atti relativi all’aggiudicazione”, che non avrebbe consentito al destinatario di sapere con certezza se l’aggiudicazione definitiva fosse stata adottata, né tanto meno il nominativo dell’aggiudicatario. Né si poteva ritenere che la ricorrente avesse l’onere di proporre l’istanza di accesso “al buio”, invertendo la sequenza che prevede prima la comunicazione dell’aggiudicazione e poi l’accesso agli atti della procedura.

Cons. Stato, Sez. V, 20/09/2019, n. 6251

 

 


Appalti al volo - Due chiacchiere sulle riserve dell’appaltatore

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo si parla delle riserve che l’appaltatore può apporre sui documenti contabili.

Ci si confronta anche con la questione dell’eccezione di inadempimento in caso di mancato pagamento della Committente.

Ospite della puntata è Pier Luigi Gianforte, ingegnere riservista con esperienza pluriennale.

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Il tetto massimo per il punteggio economico nelle procedure negoziate

Il tetto massimo per il punteggio economico nelle procedure da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo si applica anche alle procedure negoziate ai sensi dell’art. 63 del Codice dei contratti pubblici?

Il Consiglio di Stato si è trovato a rispondere a questo interrogativo nell’ambito di una procedura negoziata relativa all’affidamento dei servizi di vigilanza armata e di portierato all’interno del Parco Archeologico del Colosseo, in cui era stato previsto un punteggio per l’offerta economica di 50 punti su 100.

La sentenza in esame ritiene sia “preclusa, e comunque altamente dubbia” l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 95, co. 10-bis che prevede il tetto massimo di 30 punti per l’offerta economica alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, giacché l’art. 63 contiene solo un rinvio generico alle condizioni più vantaggiose ai sensi dell’art. 95 e in ragione dell’urgenza che caratterizza la procedura in questione, finalizzata ad assicurare il servizio nelle more dell’espletamento della relativa gara CONSIP.

(Cons. St., Sez. V, 8.08.2019, n. 5628)


Appalti al volo - BIM tra criticità e innovazione

Nella nuova puntata del podcast Appalti al volo si parla del Building information modeling (BIM) nelle procedure ad evidenza pubblica.

In particolare, ci si confronta con la questione delle specifiche tecniche da applicare al BIM e della necessità di evitare capitolati “copia e incolla”.

L’ospite della puntata è Hilario Bourg, open BIM manager Graphisoft.

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Divieto di ribasso nel costo della manodopera nel bando? Illegittima l’esclusione senza verifica di congruità

È illegittima l’esclusione automatica da una procedura ad evidenza pubblica disposta a carico di un’impresa che abbia operato un ribasso nel costo della manodopera senza una previa verifica di congruità, anche nell’ipotesi in cui il divieto operare ribassi su tale costo sia espressamente previsto nel bando di gara.

Lo ha precisato il TAR Valle d’Aosta, rammentando che le tabelle ministeriali, su cui è calcolato il costo della manodopera indicato dalla Stazione appaltante, esprimono un costo del lavoro medio e non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici, bensì solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, a differenza dei salari minimi, che non sono suscettibili di essere derogati in peius. Da tale assunto, ormai consolidato, circa il valore delle tabelle ministeriali, insomma, non è consentito alla Stazione appaltante discostarsi, nemmeno nel caso di un’espressa previsione nella documentazione di gara.

Né può condurre a una conclusione diversa la circostanza che il disciplinare di gara conteneva una clausola sociale di assorbimento del personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, che la Stazione appaltante asseriva essere strettamente connessa con la prescrizione relativa all’inderogabilità del costo del lavoro, in quanto tale clausola deve essere interpretata conformemente ai principi di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza.

Il TAR ha concluso sottolineando che, a fronte della non univocità delle disposizioni riguardanti la non ribassabilità del costo del lavoro e la clausola sociale, non era richiesta l’immediata impugnazione del bando di gara.

(TAR Valle d’Aosta, Sez. U, 9/08/2019 n. 44)