L’avvalimento premiale per conseguire una migliore valutazione dell’offerta tecnica.
Nella disciplina degli appalti pubblici, l’avvalimento è di sicuro uno degli istituti che presenta un ambito applicativo piuttosto esteso, non senza alcune criticità.
In una precedente news qui consultabile è stato affrontato il tema nei suoi aspetti generali; il caso che qui invece si esamina verte su una particolare figura di avvalimento, comunemente definita “avvalimento premiale“.
La controversia trae origine da una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di un appalto misto di forniture e lavori in ambito di sicurezza stradale.
Il disciplinare di gara, nell’indicare i requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – professionale, prevedeva l’avvalimento, precisando che l’impresa designata quale ausiliaria avrebbe potuto assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati.
Il medesimo disciplinare stabiliva i criteri di valutazione dell’offerta tecnica ai quali la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto attenersi nell’attribuzione dei punteggi, valorizzando alcuni aspetti specifici quali, tra gli altri, le caratteristiche delle forniture proposte dai concorrenti, la qualità dei servizi aggiuntivi offerti, l’organizzazione, la qualifica e l’esperienza dei tecnici impiegati.
Senonché, avverso gli esiti della gara, la società seconda classificata proponeva ricorso innanzi al competente Tar lamentando, in particolare, l’indebito utilizzo che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe fatto dell’istituto dell’avvalimento per conseguire un miglior punteggio tecnico (cd. avvalimento premiale).
Lo specifico motivo veniva respinto dal Giudice di primo grado.
La Società, ritenendo errata ed ingiusta la pronuncia, proponeva appello, poi anch’esso comunque dichiarato infondato.
La tesi sostenuta dalla Società appellante si basava, a suo dire, su un illegittimo ed abusivo utilizzo dell’istituto dell’avvalimento il cui ricorso non solo era finalizzato al soddisfacimento dei requisiti partecipativi di cui la controinteressata (aggiudicataria) non era concretamente in possesso, ma anche allo scopo “in tesi avulso dalla funzione tipica dell’istituto” di conseguire una migliore valutazione della propria offerta tecnica.
In particolare, la Società esponeva che nei requisiti messi a disposizione da parte delle ausiliarie sarebbero stati inseriti degli elementi che, lungi dal rappresentare ciò che occorreva per l’accesso alla gara, sarebbero stati utilizzati ai fini premiali nella valutazione dell’offerta tecnica.
Il Consiglio di Stato, nel dirimere la controversia, si sofferma sulla “non sempre inequivoca” elaborazione giurisprudenziale che ha riconosciuto l’utilizzabilità dell’avvalimento premiale anche ai fini del riconoscimento di un maggior punteggio nella valutazione dell’offerta tecnica, ove essa sia formulata tenendo in considerazione le competenze, le risorse e le capacità effettivamente trasferite all’operatore economico ausiliato.
Secondo il Giudice adito, possono distinguersi due orientamenti (solo ipoteticamente contrapposti):
- il primo, sostanzialmente favorevole in quanto muove dalla considerazione che ciò che è oggetto del contratto di avvalimento entra a far parte organicamente della complessiva offerta presentata dalla concorrente;
- il secondo, apparentemente preclusivo, di carattere intermedio, che esclude siffatta tipologia di avvalimento nei casi in cui l’elemento di valutazione dell’offerta consista in un requisito soggettivo o curriculare.
Le premesse da cui muove il Consiglio di Stato ruotano attorno alla funzione essenziale dell’istituto, ovvero quella di consentire “nella prospettiva proconcorrenziale del favor partecipationis, l’ampliamento della platea dei potenziali concorrenti alle procedure evidenziali, attraverso l’abilitazione all’accesso di operatori economici che, pur privi dei necessari requisiti, dei mezzi e delle risorse richieste dalla legge di gara, siano in grado di acquisirli grazie all’apporto collaborativo di soggetti terzi, che ne garantiscano la messa a disposizione per la durata del contratto“.
Secondo la prospettazione operata dal Consiglio di Stato, appare fisiologico che un operatore, laddove ricorra all’avvalimento al fine di conseguire requisiti di cui è carente, nel formulare la propria offerta egli contempli anche beni prodotti o forniti dall’impresa ausiliaria messi a disposizione da quest’ultima.
Secondo la logica espressa, deve certamente ritenersi precluso che un operatore possa avvantaggiarsi delle esperienze pregresse dell’ausiliaria ovvero di titoli o attributi poiché in tal caso “non corrisponderebbe una reale ed effettiva qualificazione della proposta” poiché tali elementi non qualificherebbero operativamente ed integrativamente il tenore dell’offerta.
Nel precisare i tratti essenziali dell’ammissibilità nelle procedure ad evidenza pubblica dell’istituto dell’avvalimento premiale, il Consiglio di Stato afferma che “… a diversamente opinare, non solo si negherebbe la stessa ratio proconcorrenziale dell’istituto, ma si finirebbe per contraddire il canone di par condicio dei competitori, per i quali non sussistono, sul piano generale, preclusioni di sorta alla possibilità di indicare, nell’offerta, beni prodotti da altre imprese ovvero mezzi, personale e risorse, la cui disponibilità fosse acquisita in forza di contratti di subappalto o di subfornitura o di qualunque altro tipo di contratto idoneo” , pertanto “… non è esatto l’assunto… per cui l’avvalimento rilevi solo ai fini della qualificazione e non anche … per la valutazione dell’offerta“.