Carenza di un requisito (DURC irregolare) in capo all’ausiliaria: che succede?
L’art. 89, co. 3, del Codice dei Contratti prevede che la Stazione appaltante “impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione“.
Tale disposizione è oggetto di due contrapposte interpretazioni.
Secondo un primo orientamento “in caso di attestazione mendace del possesso dei requisiti ex articolo 80 da parte dell’ausiliaria, si applica l’articolo 89, comma 1, e la sanzione è l’esclusione del concorrente dalla gara; l’articolo 89, comma 3, trova invece applicazione nel caso di perdita dei requisiti (esistenti alla data della dichiarazione del loro possesso)” (TAR Lazio, Latina, Sez. I, 29.12.2017, n. 652).
Dunque, in tale prospettiva l’originaria carenza del requisito (e la sua falsa attestazione) in capo all’ausiliaria, in fase di gara ricadono sull’operatore economico partecipante alla stessa, mentre la possibilità di sostituzione dell’ausiliaria opererebbe solo in caso di perdita del requisito in un momento successivo alla dichiarazione.
A conclusioni diametralmente opposte è giunta, invece, la decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 26.4.2018, n. 2527.
In questo caso, in corso di procedura era emerso che l’ausiliaria dell’aggiudicataria non era in regola con il DURC (come invece dichiarato in sede di partecipazione). La SA ha, tuttavia, consentito all’ausiliaria, tramite richiesta rivolta alla concorrente, di regolarizzare tale posizione.
Secondo il TAR Marche, adito dalla seconda graduata, tale scelta della SA sarebbe stata legittima, poiché correttamente quest’ultima ha valutato le circostanze di fatto che avevano condotto l’istituto previdenziale a negare la regolarità contributiva, pervenendo alla conclusione che “un operatore economico non può subire le deleterie conseguenze legate alla perdita dell’aggiudicazione di un appalto pubblico (a cui spesso si aggiungono anche l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC) a causa dell’emissione di un d.u.r.c. negativo fondato su pretese unilaterali dell’istituto previdenziale, non risultanti da atti amministrativo o sentenze inoppugnati”.
Sicché,secondo il Giudice di primo grado, legittimamente la SA aveva ammesso la regolarizzazione.
La decisione, poi, aggiunge che “comunque” l’aggiudicataria non sarebbe stata passibile di provvedimento di esclusione ma, tutt’al più, la SA avrebbe dovuto ordinare la sostituzione dell’ausiliaria. Da ciò inferendo una sostanziale indifferenza della “via” tramite la quale l’aggiudicazione non è stata rimossa.
Il Consiglio di Stato ha riformato tale decisione.
Il Giudice di appello ha, in primo luogo, ribadito il principio per cui “la stazione appaltante che, in sede di verifica del possesso dei requisiti dichiarati, riceve dall’ente previdenziale comunicazione di D.U.R.C. irregolare è tenuta ad escludere l’operatore dalla procedura, revocando l’aggiudicazione eventualmente effettuata, senza procedere al previo invito alla regolarizzazione” (come sancito dall’Ad. Plenaria sentenza n. 6/2016). Da cui la riforma della decisione di primo grado in punto di “regolarizzabilità del DURC”.
Il Consiglio di Stato, dichiarata l’illegittimità della regolarizzazione intervenuta, afferma poi che la SA avrebbe dovuto richiedere all’aggiudicataria di sostituire l’ausiliaria, con conseguente illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, consolidatosi in assenza di tale obbligatorio passaggio (ossia, senza la sostituzione dell’ausiliaria).
A tale conclusione la decisione perviene tramite un attento esame dell’art. 89, co. 3, del Codice.
Tale norma, rileva la sentenza, “consente (anzi, impone) la sostituzione anche nell’ambito di rapporto tra imprese scaturito dalla stipulazione di un contratto di avvalimento ed anche nella fase precedente l’esecuzione del contratto (…)”, notando che “la sostituzione dell’ausiliaria durante la procedura è istituto patentemente derogatorio al principio dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura (nonché di coloro di cui intende avvalersi: e, per questa via, della stessa offerta), ma risponde all’esigenza stimata superiore di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e, in questo modo, sia pure indirettamente, stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per solo questo fatto, escluso”.
Esclusa la possibilità di disporre il subentro nel contratto (visto lo stato di avanzamento delle opere oggetto dell’appalto), il Consiglio di Stato ha riconosciuto all’appellante il risarcimento del danno per equivalente, limitando, tuttavia, la sua quantificazione in proporzione alle effettive probabilità che questa avrebbe avuto di ottenere il contratto laddove la SA avesse correttamente operato.
In particolare, il Giudice di appello ha rilevato che, molto probabilmente, laddove la SA avesse chiesto all’aggiudicataria di sostituire l’ausiliaria, questa avrebbe senz’altro proceduto in tal senso. L’ipotesi contraria (ossia che l’aggiudicataria non procedesse in tal senso) era piuttosto improbabile (stimata, percentualmente, dal Giudice, come pari al 20%).
Questo, in particolare, il ragionamento seguito dal Cons. Stato in sede di quantificazione:
- “considerato che, da un lato, la regolarizzazione è stata richiesta quando l’offerta dell’appellante era già stata considerata valida e inserita al secondo posto della graduatoria, ma, d’altro canto, valutato che, se l’amministrazione avesse richiesto la sostituzione dell’ausiliaria, è oggettivamente ipotizzabile – secondo l’id quod plerumque accidit e a parità dei restanti fattori – che Ambrosetti Group s.r.l. si sarebbe attivata individuando un’impresa ausiliaria idonea, è possibile concludere che l’appellante aveva una concreta chance di aggiudicazione del contratto (quantificabile, a far ricorso alla sintesi percentuale, intorno al 20 %) e dunque, non “mera possibilità di conseguire l’utilità sperata” .
- quindi, “considerato che il ribasso offerto dall’appellante, pari al 23,245% sul valore dell’appalto, era sostanzialmente equivalente al ribasso offerto dall’aggiudicataria (pari a 23,750%) onde, come si evince dal contratto stipulato, la società Gaspari Gabriele s.r.l. avrebbe svolto i lavori ricevendone il corrispettivo di € 1.567.498,65, avendo conto dell’utile che normalmente avrebbe potuto trarre – che non potrà stimarsi superiore al dieci per cento del valore a base d’asta (€ 156.749,86) – ed applicando ad esso la percentuale della chance precedentemente esposta (20%), il Collegio giunge ad individuare nella somma di € 31.349,97 il mancato guadagno a tale titolo (secondo il modello enunciato già da Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 2012, n. 5279)”.