Caro materiali: il silenzio delle SA sulle istanze di compensazione 1-septies d.l. 73/2021 è illegittimo.

Caro materiali: il silenzio delle SA sulle istanze di compensazione 1-septies d.l. 73/2021 è illegittimo.Torniamo sul caro materiali: il silenzio delle SA sulle istanze di compensazione 1-septies d.l. 73/2021 è illegittimo.

Così ha stabilito di recente una sentenza del TAR Campania.

Si tratta di una tesi che noi di Legal Team abbiamo patrocinato sin da subito. Nel nostro paper di approfondimento sul “caro materiali negli appalti pubblici” (scaricabile gratuitamente cliccando qui), abbiamo sempre ritenuto che tra i rimedi per far fronte alla mancata risposta alle istanze di compensazione presentate dagli appaltatori ai sensi dell’art. 1-septies d.l. 73/2022 si potesse agire innanzi al giudice amministrativo con un’azione avverso il silenzio.

La tesi è riportata anche nel libro “Le sopravvenienze negli appalti pubblici”, edito Legislazione Tecnica, 2022.

La nostra tesi è ad oggi confermata anche nella giurisprudenza.

Vediamo nel dettaglio cosa ha statuito il TAR Campania.

IL CASO

In data 30.11.2021 la società ricorrente aveva formulato istanza di compensazione ai sensi dell’art. 1-septies del d.l. 73/2021 (conv. in l. 106/2021) relativa all’aumento dei prezzi registratosi nel primo semestre 2021.

La ricorrente aveva infatti richiesto la compensazione dei prezzi per i materiali contabilizzati o annotati nel libretto misure dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021, per un appalto di lavori che era stato regolarmente completato il 23.11.2021.

Dopo circa un anno dalla presentazione dell’istanza, in assenza di riscontro da parte della stazione appaltante, la società aveva promosso un ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, chiedendo al giudice di ordinare all’amministrazione l’espletamento dell’istruttoria e la conclusione del procedimento volto a ottenere le compensazioni richieste.

LA DECISIONE DEL TAR

Il TAR Campania ha accolto il ricorso.

Nella motivazione della sentenza, i giudici hanno colto l’occasione per riassumere il quadro normativo in materia di caro materiali, evidenziando altresì le soluzioni che possono essere realizzate dall’appaltatore per ottenere le somme spettanti.

I giudici hanno così ripercorso gli istituti che nel corso del tempo il legislatore ha coniato per far fronte all’aumento dei prezzi negli appalti pubblici, il c.d. caro materiali: al meccanismo delle c.d. compensazioni straordinarie, introdotte dall’ dell’art. 1-septies del d.l. 73/2021 (conv. in l. 106/2021) si è poi affiancato l’art. 29 del c.d. decreto Sostegni-ter (d.l. 4/2022, conv in l. 25/2022) che ha riproposto l’obbligo della clausola revisione dei prezzi (art. 29, comma 1, lett. a)) e, per i soli contratti relativi a lavori, l’obbligo della stazione appaltante di valutare le variazioni dei prezzi dei singoli materiali da costruzione, ove superiori al 5% del prezzo rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, secondo la metodologia rilevata dall’Istat e sulla base delle determinazioni del Ministero (art. 29, comma 1, lett. b)); infine è intervenuto il c.d. decreto aiuti (d.l. 50/2022, conv. in l. 91/2022), che ha introdotto un meccanismo di adozione dei SAL sulla base dei prezzari aggiornati.

Ripercorsa la normativa di settore, i giudici hanno precisato come il legislatore abbia “introdotto una speciale ipotesi di revisione straordinaria del prezzo d’appalto, nel contesto emergenziale che ha dettato l’intervento legislativo, la quale non si discosta nella sua natura (se non per l’eccezionalità delle previsioni) dall’istituto generale della revisione prezzi”.

È proprio sulla scorta di tale considerazione che i giudici hanno affermato la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in forza della previsione di cui all’art. 133, primo comma, lettera e), c.p.a.

In tema di revisione prezzi del contratto d’appalto, infatti, la giurisprudenza riconosce la giurisdizione del giudice amministrativo nelle ipotesi in cui “viene in rilievo l’esistenza un potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, mentre il giudice ordinario conosce della pretesa che si concreta in una richiesta di adempimento, sulla base di una clausola contrattuale che delinei esattamente l’obbligazione della parte pubblica (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7/7/2022 n. 5651, che ha affermato necessaria una “specifica clausola di regolamentazione della revisione prezzi, nell’ambito del contratto di appalto, in cui venga riconosciuta ex ante la spettanza della revisione e siano individuati tempistiche e criteri per determinare l’importo da riconoscere all’appaltatore”, mentre la discrezionalità dell’Amministrazione non è esclusa dall’esistenza di “pertinenti disposizioni di legge [che] non determina alcun vincolo al riconoscimento in concreto della revisione, la quale quindi – sulla base del puro rimando al parametro normativo di riferimento – non può dirsi determinata né nell’an, né nel quantum (Cons. Stato, III, n. 2157 del 2022)”)”.

Nei casi di revisione del prezzo, dunque, la pretesa dell’interessato all’espletamento dell’istruttoria finalizzata al riconoscimento della revisione prezzi esige la formulazione di un’istanza all’amministrazione e, in caso di inerzia, la proposizione dell’azione avverso il silenzio.

Applicando tali considerazioni nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto fondata la pretesa dell’appaltatore ad ottenere una risposta dalla stazione appaltante rispetto all’istanza di compensazione presentata ai sensi dell’art. 1-septies del d.l. 73/2021.

Accanto a ciò i giudici hanno riconosciuto che in assenza di un esplicito termine di conclusione dei procedimenti di riconoscimento delle compensazioni previsto dall’art. 1-septies d.l. 73/2021, trova applicazione l’ordinario termine di conclusione dei procedimenti amministrativi pari a 30 giorni, previsto dall’art. 2 l. 241/1990.

Di conseguenza, a fronte della mancata conclusione del procedimento nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza e nel perdurante silenzio dell’amministrazione, hanno ritenuto legittima l’azione giudiziale avanzata dalla società ricorrente volta all’ottenimento di un provvedimento espresso e motivato da parte dell’amministrazione in ordine all’istanza presentata.

I giudici hanno poi precisato che non costituisce un valido motivo per non completare l’istruttoria la circostanza che il d.m. dell’11.11.2021 (contenente le variazioni percentuali dei prezzi dei materiali verificatesi nel primo semestre dell’anno 2021, sulla base del quale sono state avanzate le istanze di compensazione ex art. 1-septies d.l. 73/2021) sia stato annullato dal TAR Lazio. In sede cautelare, infatti, il Consiglio di Stato ha precisato che le disposizioni del d.m. continuano a trovare applicazione in via transitoria: “la riedizione del potere derivante dalla caducazione del provvedimento non esclude la transitoria applicazione delle variazioni dei prezzi già accertate” (ord. Cons. St., Sez. V, 14.10.2022, n. 4936).

LA CONDANNA

I giudici hanno dunque dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dalla stazione appaltante e condannato la stessa a concludere il procedimento entro il termine di giorni 60 giorni, prevedendo altresì che nel caso di inadempimento nel termine assegnato, verrà nominato un commissario ad acta.

Infine, i giudici hanno condannato la stazione appaltante inadempiente al pagamento delle spese di lite per un importo pari a € 1.500,00, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

(TAR Campania, Napoli, Sez. I, 22.12.2022, n. 8016)