La potestà legislativa in materia ambientale.

Recentemente l’art. 208 del Testo unico dell’ambiente, relativo al procedimento per il rilascio di provvedimenti autorizzativi per l’esercizio di attività nel settore ambientale, dei rifiuti in particolare, ha subito una battuta d’arresto non indifferente a causa di una pronuncia della Corte Costituzionale, cui la giurisprudenza amministrativa si è dovuta adeguare.

La complessità dell’argomento è stata oggetto di una precedente news consultabile a questo link.

Si consideri che l’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. dispone che “i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso”.

La previsione normativa, dunque, attribuisce alle sole Regioni la competenza ad autorizzare la realizzazione di impianti di smaltimento rifiuti, ivi inclusi gli impianti di autodemolizione.

Nella prassi è accaduto che, all’indomani dell’ entrata in vigore del Codice dell’ambiente, molte regioni abbiano delegato il rilascio dei titoli autorizzativi agli enti sub-statali, quali Province e, come la Regione Lazio, ai Comuni per le attività specifiche di approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e di smaltimento e recupero dei predetti rifiuti.

Con la sentenza n. 189/2021 pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 13 ottobre 2021, la Corte Costituzionale, nel dichiarare incostituzionale la normativa regionale (laziale, in particolare) che delegava ai Comuni la funzione amministrativa, ha, quindi, caducato con effetti erga omnes nonché retroattivamente – dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del Codice dell’ambiente – la previsione normativa che assegna ai Comuni il potere di autorizzare l’attività di autodemolizione, degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in particolare.

Orbene, la pronuncia della Corte (consultabile integralmente a questo link) appare rilevante in quanto la Corte, ritenendo fondata la questione di legittimità costituzionale prospettata, ha chiarito che “La potestà legislativa esclusiva nelle materie indicate nell’art.  117, secondo comma, Cost. comporta la legittimazione del solo legislatore nazionale a definire l’organizzazione delle  corrispondenti funzioni amministrative anche attraverso l’allocazione di competenze presso enti diversi dai Comuni – ai quali  devono ritenersi generalmente attribuite secondo il criterio espresso dall’art. 118, primo comma, Cost. – tutte le volte in cui l’esigenza di esercizio unitario della funzione trascenda tale ambito territoriale di governo. Il principio di legalità, quale canone fondante dello Stato di diritto, impone che le funzioni amministrative siano organizzate e regolate mediante un atto legislativo, la cui adozione non può che spettare all’ente – Stato o Regione, «secondo le rispettive competenze» (art. 118, secondo comma, Cost.) – che ha inteso dislocare la funzione amministrativa in deroga al criterio generale che ne predilige l’assegnazione al livello comunale“.

Orbene, sulla base di tali premesse, il Giudice amministrativo laziale, interrogandosi sulla portata della pronuncia costituzionale intervenuta in materia, ha specificato che ” Se, dunque, in linea generale, la legittimità di un provvedimento va verificata con riferimento alla normativa vigente alla data della sua emanazione, tuttavia, quando nel corso del giudizio sopraggiunga una sentenza di incostituzionalità della norma sulla cui base il provvedimento impugnato è stato adottato, lo stesso deve essere annullato, costituendo il sopravvenuto accertamento della incostituzionalità della norma profilo invalidante l’atto stesso“.

In ragion delle deduzioni svolte, il Tar, dovendosi esprimere sulla richiesta risarcitoria avanzata dal ricorrente, ha concluso nei seguenti termini: “… sono riscontrabili i presupposti affinché questo Collegio accerti l’illegittimità del provvedimento gravato (sulla base della sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2021), di autorizzazione provvisoria allo svolgimento dell’attività di autodemolizione, atteso che la presente controversia era ancora pendente alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale e la questione di costituzionalità è rilevante nel caso de quo in quanto finisce per investire la norma di legge regionale su cui poggia il provvedimento stesso …“.

Prescindendo dal contenuto proprio della pronuncia qui in commento, non può negarsi l’importanza della sentenza della Corte che giunge a ridefinire l’ambito dei procedimenti amministrativi ambientali in un contesto in cui le competenze dovrebbero essere allocate al soggetto pubblico immediatamente “prossimo” al cittadino/imprenditore, in luogo di quello regionale che, viceversa, potrebbe apparire “disattendo” agli aspetti ambientali intangibili della comunità locale.

(Tar Lazio Sez. II stralcio, 17 gennaio 2023, n. 850)