Clausola di territorialità in bando di gara: fermi tutti!
I giudici di Palazzo Spada si interrogano sulla legittimità di una clausola di territorialità, apposta negli atti di una procedura di gara pubblica.
Questi i fatti. La SA pubblicava lettera di invito per l’affidamento del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria di automezzi per il triennio 2018/2020, inserendo nella lex specialis di gara una clausola di territorialità con la quale imponeva ai partecipanti di possedere una sede operativa ad una distanza minima dalle sedi della SA medesima.
Il Consorzio – ricorrente in primo grado – presentava invano istanza di autotutela, chiedendo la modifica del criterio di aggiudicazione e della “clausola di territorialità” e per l’effetto non presentava offerta, adendo invece il Collegio.
Quest’ultimo, da parte sua, accoglieva le rimostranze avanzate dal Consorzio, ritenendo illegittima la clausola di territorialità in quanto violante il criterio della par condicio tra gli operatori, e parimenti non ammissibile il ricorso al criterio di aggiudicazione adottato dalla SA, in quanto non si trattava di servizio standardizzato e/o ripetitivo.
Avverso tale pronuncia, la SA propone gravame innanzi il Supremo consesso amministrativo, lamentando il travisamento dei fatti in relazione al requisito della territorialità e al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso.
I giudici di Palazzo Spada, tuttavia, non ritengono persuasive le argomentazioni dell’appellante, respingendo il ricorso in quanto la clausola di territorialità è “preclusiva della partecipazione di operatori che… non si trovino nelle sole frazioni indicate dalla lex specialis, ovvero… ad una distanza di soli 0,5 chilometri dal confine comunale con le frazioni abitate e/o industriali. L’irragionevolezza è ravvisabile nella ristrettezza degli eterogenei parametri fissati dalla lettera di invito, che, per quanto finalizzati all’economicità, violano in modo non proporzionato i principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, di matrice anche eurounitaria, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci.”
Conclude, quindi, il Collegio che “La comparazione degli interessi ha condivisibilmente indotto il primo giudice ad affermare che i limiti prima indicati di localizzazione territoriale incidono sulla par condicio della procedura «consentendo la partecipazione solo a imprese che risultino avere una sede entro un ristrettissimo perimetro, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente»”.