Come scrivere una clausola arbitrale in un contratto di appalto pubblico?
Come scrivere una clausola arbitrale in un contratto di appalto pubblico?
Alcuni spunti per come redigere una clausola arbitrale in un contratto pubblico vengono forniti da una pronuncia dello scorso 14 novembre della Corte d’appello di Palermo, la quale, esaminato il tenore letterale delle espressioni utilizzate in un contratto di appalto di servizi, ha escluso che, nella specie, potesse configurarsi una clausola compromissoria per un arbitrato.
Quali sono le regole dell’arbitrato nei contratti pubblici?
Come è noto, il ricorso all’arbitrato rappresenta una deroga volontaria alla giurisdizione statale in favore dell’autonomia privata e, dunque, la scelta di un procedimento alternativo per la risoluzione delle controversie.
Nel d.lgs. 36/2023, l’arbitrato è disciplinato dall’art. 213, il quale, a sua volta, rinvia agli artt. 806 e ss. c.p.c.
Lo strumento dell’arbitrato può declinarsi secondo due varianti: l’arbitrato rituale, laddove le parti vogliano che si pervenga a un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c, con l’osservanza del procedimento formale, e l’arbitrato irrituale, nel caso in cui la risoluzione delle eventuali controversie venga affidata ad arbitri nell’ottica del raggiungimento di una composizione amichevole o di un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà.
Tuttavia, alla Pubblica Amministrazione è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti conclusi con privati, dello strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero, in quanto detto meccanismo negoziale appare scarsamente compatibile con i principi che regolano l’agire della Pubblica Amministrazione, in forza dei quali non è consentito delegare a terzi estranei la formazione della sua volontà negoziale.
Il caso specifico.
Una società di autotrasporti, affidataria provvisoria del servizio trasporto pubblico locale, ingiungeva all’amministrazione locale il pagamento della somma di € 81.259,54 a titolo di compensazione per gli obblighi di servizio inerenti il trasporto pubblico locale espletato in esecuzione del contratto di affidamento provvisorio di autolinea, a saldo di fatture emesse.
Spiegata opposizione dal comune, questa veniva parzialmente accolta dal Tribunale adito che, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo, condannando il comune a pagare alla società opposta la minor somma di € 66.374,35.
La sentenza di primo grado veniva impugnata dall’ente comunale, il quale riteneva che il Tribunale avesse errato nella parte in cui non aveva rilevato l’esistenza della clausola compromissoria contenuta nell’art. 19 del contratto. Pertanto, per il comune appellante, il giudice avrebbe dovuto accertare l’improponibilità o l’improcedibilità della domanda e dichiarare nullo il decreto ingiuntivo, per mancata attivazione (obbligatoria) del procedimento arbitrale.
La decisione della Corte d’appello di Palermo.
Il motivo di censura sollevato dal comune appellante non è stato accolto dalla Corte di Appello di Palermo, la quale ha correttamente evidenziato come la clausola prevista dall’art. 19 del contratto di affidamento provvisorio non contenesse l’espressa volontà delle parti di deferire la decisione delle controversie agli arbitri (arbitrato rituale).
All’art. 19 del contratto si legge infatti che “in caso di contrasti fra le parti nell’esecuzione del contratto andrà obbligatoriamente espletato un tentativo di composizione amichevole della controversia innanzi ad una commissione appositamente costituita da tre componenti nominati rispettivamente, uno dall’impresa, uno dall’Amministrazione fra i propri dirigenti ed un terzo nominato di comune accordo. L’accordo così raggiunto avrà efficacia obbligatoria tra le parti. In caso di mancato accordo la controversia sarà deferita all’autorità giudiziaria ed il Foro competente sarà quello di Sciacca”.
La Corte d’Appello ha quindi evidenziato come per il tenore delle espressioni utilizzate (“tentativo di composizione amichevole della controversia innanzi ad una commissione”) e, in mancanza della volontà di sottrarre le controversie relative all’esecuzione del contratto alla competenza dell’autorità giudiziaria, alla commissione investita della “composizione amichevole della controversia” erano stati attribuiti compiti meramente conciliativi e non la decisione delle controversie.
Pertanto, per la Corte d’Appello di Palermo, nel contratto de quo non è presente alcuna clausola compromissoria per un arbitrato rituale.
Nella specie – ha poi evidenziato la Corte d’Appello – non è possibile configurare neppure un’ipotesi di arbitrato irrituale così come invece ritenuto dal giudice di primo grado.
Alla Pubblica amministrazione è infatti preclusa la possibilità di avvalersi dell’arbitrato irrituale o libero.
A tal fine la Corte di appello ha richiamato un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui “…Certamente non v’è alcuna incompatibilità di principio tra la natura pubblica del contraente e la possibilità di un componimento negoziale delle controversie nascenti dal contratto stipulato dalla pubblica amministrazione. Ma resta il fatto che tale componimento, se derivante da un arbitrato irrituale, verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali, appunto) individuati all’interno della medesima logica negoziale, in difetto qualsiasi procedimento legalmente predeterminato e perciò senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta. Quei medesimi soggetti sarebbero destinati poi ad operare secondo modalità parimenti non predefinite e non corredate delle suindicate garanzie di pubblicità e trasparenza. Né, infine, può trascurarsi che il perseguimento dell’interesse pubblico – interesse che anche nel componimento arbitrale dovrebbe potersi realizzare e che non può mai andare esente da un regime di controlli ed eventuali conseguenti responsabilità – verrebbe invece affidato all’operato di soggetti sottratti ad ogni controllo, con l’effetto di rendere evanescente anche l’eventuale individuazione di qualsiasi conseguente responsabilità” (Cass. S.U. n. 8987/2009).
Alla luce di tali principi, – ha concluso il collegio palermitano, – la clausola di cui all’art. 19 del contratto, se interpretata come previsione di un arbitrato irrituale, sarebbe certamente nulla o comunque non idonea a derogare alla giurisdizione del giudice ordinario.
Da qui, il rigetto dell’appello.
Corte d’Appello di Palermo, Sez. I, 14 novembre 2023, n.1904