Alle concessioni per il commercio si applica la direttiva Bolkestein e i principi dell’Adunanza Plenaria sulle concessioni balneari

concessioni commercio

Il tema delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative, c.d. concessioni balneari, non è l’unico a determinare forti contrasti tra la normativa nazionale e la normativa europea. A queste, infatti, si affiancano anche le concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio. Ci si riferisce, in particolare, ai c.d. posteggi per l’attività di vendita di merci al dettaglio e di somministrazione di alimenti e bevande effettuate su aree pubbliche date in concessione dai comuni ai commercianti.

Al pari delle concessioni balneari, il dibattito in tema di concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio ruota attorno all’applicabilità o meno a tale settore della direttiva Bolkestein, alla necessità di bandire o meno delle procedure selettive e, dunque, di osservare i principi pro-concorrenziali stabiliti a livello europeo.

I riferimenti normativi

Anche il settore delle concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio è stato interessato da numerosi interventi normativi, tutti caratterizzati dalla tendenza a stabilizzare la posizione degli assegnatari dei posteggi.

In particolare, con l’art. 1, comma 686, della L. 145/2018 (c.d. L. Bilancio 2019) è stato modificato il d.lgs. 59/2010 di recepimento della Direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein): l’intero settore del commercio al dettaglio su aree pubbliche è stato sottratto all’applicazione della direttiva. Pertanto, per tale settore, non trovano più applicazione le disposizioni normative che imponevano di procedere all’individuazione degli assegnatari tramite procedura selettiva, secondo criteri trasparenti e non discriminatori, stabilendo una durata dei titoli autorizzatori limitata e non soggetta a rinnovo automatico.

In pieno contesto pandemico, il d.l. 34/2020 (il c.d. decreto Rilancio), convertito in l. 77/2020, ha poi prorogato al 2032 le concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche in scadenza (art. 181 comma 4-bis), prevedendo che eventuali posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione andassero assegnati “in via prioritaria e in deroga a qualsiasi criterio” agli aventi titolo, senza l’espletamento di alcuna procedura ad evidenza pubblica (art. 181, comma 4-ter).

Il 25 novembre 2020, in attuazione dell’art. 181, comma 4-bis del d.l. 34/2020, il MISE ha adottato le linee guida, con le quali è stato disposto che entro il 31 dicembre 2020 “il Comune provvede d’ufficio all’avvio del procedimento di rinnovo e alla verifica del possesso, alla medesima data, dei requisiti previsti dalle linee guida”.

Sul punto, l’AGCM ha precisato che alla luce del quadro normativo nazionale vigente, “il settore del commercio su aree pubbliche risulta attualmente impenetrabile all’applicazione dei principi della concorrenza”, evidenziando di conseguenza “seri dubbi di compatibilità con il diritto europeo”. L’AGCM aveva infatti suggerito di procedere alla disapplicazione delle norme nazionali per contrarietà con la disciplina e i principi di diritto europeo, adottando una disciplina delle procedure di assegnazione delle concessioni di posteggio coerente che preveda dei criteri di selezione e non dia luogo a rinnovi automatici (Parere AGCM del 15 febbraio 2021). La riforma pro-concorrenziale delle concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio è stata fortemente caldeggiata dall’AGCM anche nella segnalazione del 21 maggio 2021 rivolta alla Presidenza del Consiglio dei ministri contenete le “proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021” (disponibile a questo link).

Tuttavia, diversamente dalle concessioni demaniali per finalità turistico ricreative, la legge concorrenza 2021 (l. 118/2022) non ha previsto alcuna riforma in tema di concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio.

L’incompatibilità delle misure nazionali con i principi e la normativa di matrice europea rende in verità ancora più precarie le concessioni prorogate o rinnovate: i concessionari, infatti, non sembrano poter fare affidamento su tali norme che, poiché in contrasto con il diritto europeo, possono essere disapplicate non solo dal giudice, ma anche dalle singole pubbliche amministrazioni.

Questo è ciò che è accaduto in una recente episodio che ha coinvolto Roma Capitale e che è culminato con una pronuncia del TAR Lazio, la quale ha precisato che alle concessioni di spazi pubblici per l’esercizio del commercio si applica la direttiva Bolkestein e i principi espressi dall’Adunanza Plenaria sulle concessioni balneari.

Il caso

Il ricorrente, titolare di due autorizzazioni al commercio su area pubblica, ha impugnato il provvedimento di Roma Capitale con il quale è stato annullato l’atto di avvio della procedura finalizzata al rinnovo delle concessioni dei posteggi a rotazione per il commercio su aree pubbliche, in scadenza al 31.12.2020.

Roma Capitale, infatti, aveva avviato il procedimento di rinnovo dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza al 31.12.2020, in applicazione dell’art. 181 del d.l. 34/2020, convertito dalla l.  77/2020.

Come anticipato, il comma 4-bis dell’art. 181 in parola ha stabilito che “le concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell’intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013, nel rispetto del comma 4-bis dell’ articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell’azienda, sia che la conduca direttamente sia che l’abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l’iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività”.

A seguito del parere espresso dell’AGCM del 15 febbraio 2021, Roma Capitale aveva provveduto ad annullare in autotutela il procedimento di proroga avviato, poiché aveva ritenuto necessario disapplicare la normativa nazionale perché contraria alla normativa europea in materia di concessioni.

Il ricorrente ha censurato l’operato di Roma Capitale sostenendo, in buona sostanza, che l’amministrazione non ha il potere di disapplicare l’atto amministrativo contrastante con la normativa comunitaria: tale prerogativa spetterebbe solo al giudice e solo con effetti limitati alla singola causa. Accanto a ciò, il ricorrente ha sostenuto che il settore del commercio su aree pubbliche è espressamente sottratto all’ambito applicativo della Direttiva Bolkestein e che nessun organo giudiziario ha ad oggi accertato, con efficacia di giudicato, la contrarietà a norme comunitarie del d.l. n. 34/2020.

Le motivazioni del TAR

Il TAR ha tuttavia rigettato il ricorso, ritenendo legittimo l’atto di annullamento disposto da Roma Capitale. Le argomentazioni a sostegno della decisione pesa dal TAR traggono espresso spunto dalle note sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021 in tema di concessioni demaniali per finalità turistico ricreative.

In primo luogo, il TAR ha ricordato come costituisce un principio consolidato anche in giurisprudenza quello per cui  sussiste un vero e proprio dovere anche per la pubblica amministrazione di non applicazione della norma nazionale illegittima per violazione del diritto europeo, anche in caso di direttiva “self executing”.

Allo stesso tempo, i giudici hanno ritenuto che i principi evidenziati dall’Adunanza Plenaria n. 17 e 18 del 2021 sono applicabili anche alle concessioni dei posteggi per l’esercizio del commercio, essenzialmente per due ordini di ragioni:

  1.  nel comune di Roma Capitale, gli spazi pubblici da affidare in concessione sono un bene limitato “considerato anche il ristretto carattere territoriale del Comune concedente, l’attuale assenza di concorrenzialità del settore e l’elevata attrattività che rivestono per gli operatori tali attività, specie nel contesto caratterizzato da profili di unicità e assoluta particolarità quale è quello di Roma”.
  2. nelle stesse sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è stata precisata l’applicabilità della direttiva Bolkestein anche al settore del commercio su area pubblica: le due pronunce, infatti, affermano che “la tutela della concorrenza (e l’obbligo di evidenza pubblica che esso implica) è, d’altronde, una “materia” trasversale, che attraversa anche quei settori in cui l’Unione europea è priva di ogni tipo di competenza o ha solo una competenza di “sostegno”: anche in tali settori, quando acquisiscono risorse strumentali all’esercizio delle relative attività (o quando concedono il diritto di sfruttare economicamente risorse naturali limitate), gli Stati membri sono tenuti all’obbligo della gara, che si pone a monte dell’attività poi svolta in quella materia”.

In altri termini, precisa il TAR, la direttiva Bolkestein impone l’indizione di gare pubbliche a tutela della concorrenza per il mercato, per cui è suscettibile di trovare applicazione in vari settori dell’ordinamento nazionale, tra cui quello delle concessioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche.

In quest’ottica, poiché – come chiarito anche dalla stessa Adunanza Plenaria –  la direttiva 2006/123/CE Bolkestein applicabile al caso di specie è “self executing”, sussisteva in capo all’amministrazione il dovere di non applicare la legge nazionale di rinnovo automatico delle concessioni, in quanto contrastante con il diritto eurounitario.

Il TAR ha dunque confermato l’operato dell’amministrazione che ha agito in autotutela, annullando l’avvio del procedimento di rinnovo della concessione, pur in assenza di una sentenza che si sia espressa in merito, giacché  l’art. 21-nonies l. 241/90 non richiede che l’illegittimità del provvedimento oggetto di riesame debba essere previamente affermata in giudizio.

Gli effetti della sentenza

Degno di nota è altresì la modulazione degli effetti della pronuncia che i giudici hanno effettuato, sulla falsariga di quanto fatto dall’Adunanza Plenaria per le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative.

Come noto, infatti, l’Adunanza Plenaria n. 17 e 18 del 2021 ha chiarito che l’incompatibilità comunitaria della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege delle concessioni determina il venir meno degli effetti della proroga, con il conseguente dovere in capo anche agli enti territoriali di non applicazione della disciplina interna illegittima. La Plenaria, tuttavia, “consapevole del notevole impatto (anche sociale ed economico) che tale immediata non applicazione può comportare, specie in un contesto caratterizzato da un regime di proroga che è frutto di interventi normativi stratificatisi nel corso degli anni” ha realizzato una sorta di disciplina transitoria per cui, nelle more del riordino della normativa da parte del legislatore, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023.

Allo stesso modo, nel caso di specie, il TAR Lazio ha ritenuto di dover modulare gli effetti della pronuncia di rigetto, precisando che la concessione oggetto del giudizio mantiene efficacia fino al 31 dicembre 2023, per cui “oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, essa cesserà di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E. e fermo restando che, nelle more, l’amministrazione ha il potere/dovere di avviare le procedure finalizzate all’assegnazione della concessione nel rispetto dei principi della normativa vigente, come delineati dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria n. 17 e n. 18 del 2021”.

TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 17.6.2022, n. 8136