Concessioni demaniali: la cessione non autorizzata è causa di decadenza

concessioniCon sentenza 7 giugno 2023, n. 5616, la Sezione VII del Consiglio di Stato si è pronunciata con riguardo alla decadenza di una concessione demaniale (se non l’hai ancora scaricato, cliccando qui potrai ottenere gratuitamente il paper sulle concessioni) nel caso di cessione non autorizzata del rapporto concessorio ad altri soggetti.

I FATTI

Nel 2004 l’appellante aveva partecipato ad un bando per l’assegnazione in concessione di nuove aree demaniali per finalità turistiche, da destinare a stabilimento balneare.

Nonostante l’assegnazione provvisoria della concessione fosse avvenuta nel 2005, il Comune aveva rilasciato la concessione demaniale solo nel 2017, all’esito di una lunga istruttoria finalizzata a risolvere alcuni problemi progettuali.

Nel 2020, la titolare dello stabilimento aveva avanzato una richiesta di subentro nella titolarità della concessione demaniale a favore di una società e una domanda per il prosieguo dei lavori di completamento dello stabilimento balneare, direttamente a nome della nuova società.

Il Comune aveva tuttavia respinto sia la richiesta di subentro che la richiesta di ripresa dei lavori a nome della società subentrante. La ragione del diniego veniva giustificata dal Comune in quanto “la realizzazione delle opere e il godimento del bene oggetto di concessione non si erano ancora realizzati”.

La titolare dello stabilimento presentava allora una nuova comunicazione di prosieguo dei lavori che veniva tuttavia respinta dal Comune in quanto la cartellonistica di cantiere attribuiva ancora la comunicazione di inizio lavori a nome della società a cui era stato negato il subentro.

Dopo aver rettificato la cartellonistica i lavori riprendevano ma contestualmente il Comune notificava l’avvio del procedimento di decadenza della concessione demaniale. A circa 10 giorni dall’apertura dello stabilimento, avvenuta per la stagione balneare 2020, il Comune dichiarava decaduta la concessione, vietando il prosieguo dell’attività.

La decadenza della concessione demaniale veniva motivata dal Comune in ragione innanzitutto della violazione dell’art. 47, comma 1, lett. e) cod. nav., con riferimento alla ipotesi di “abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione”.

La decadenza della concessione era stata altresì motivata dall’amministrazione, seppure marginalmente ed in via subordinata, al “mancato utilizzo prolungato nel tempo” risalendo la concessione al giugno 2017 e essendo stato lo stabilimento aperto solo ad agosto 2020.

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO

La titolare dello stabilimento ha impugnato il provvedimento innanzi al TAR Lazio che con sentenza n. 6018/2021 ha confermato l’operato del Comune.

Secondo il TAR, infatti, la ricostruzione dei fatti posta alla base della dichiarazione di decadenza dalla concessione, relativa ad un’illegittima sostituzione di altri nel rapporto concessorio di cui è titolare la ricorrente, è apparsa corretta. In particolare:

  • l’effettuazione dei lavori di sistemazione dello stabilimento non era stata commissionata dalla ricorrente, titolare della concessione demaniale, ma da altre società amministrate da altro soggetto;
  • il deposito cauzionale non era stato effettuato dalla titolare dello stabilimento balneare ma da un’altra società amministrata da altro soggetto;
  • il cartello di cantiere indicava come committente dei lavori un’altra società;
  • la titolare dello stabilimento risultava avere la funzione ora di “barista precaria” ora di preposta alle attività di somministrazione di cibi e bevande, con evidente incongruenza rispetto alla posizione di amministratrice di un gruppo di società.

IL GIUDIZIO D’APPELLO

Avverso la sentenza del TAR la titolare ha proposto appello al Consiglio di Stato.

Secondo l’appellante, il provvedimento di decadenza sarebbe illegittimo in quanto nel caso di specie non si sarebbe trattato di una sostituzione nel godimento della concessione ma di un avvalimento da parte del concessionario dell’opera di terzi per realizzare le opere necessarie e autorizzate per la gestione del bene demaniale.

Un concessionario, infatti, ben può avvalersi anche di altri soggetti per la gestione concreta dell’attività nel suo complesso, utilizzando un socio in grado di comprovare la specifica esperienza nel settore, senza che ciò determini un subingresso non autorizzato nella concessione; proprio nelle attività di somministrazione di alimenti e bevande, peraltro, è possibile distinguere la figura del preposto da quella del titolare o rappresentante legale.

Quanto alla decadenza della concessione per il “mancato utilizzo prolungato nel tempo”, l’appellante ha lamentato che il procedimento amministrativo per arrivare alla concessione del tratto di arenile in questione si era protratto per ben 13 anni (dal 2005 al 2017) e che la concessione rilasciata alla ricorrente aveva la durata complessiva di 6 anni e non prevedeva alcun termine di avvio, mentre il Comune non aveva mai sollecitato la realizzazione dello stabilimento.

Il Consiglio di Stato ha tuttavia respinto l’appello, confermando la sentenza di primo grado.

In merito al protratto mancato utilizzo della concessione, secondo i giudici, questo era assolutamente riscontrabile nel caso di specie e legittimante la decadenza. Più precisamente, a fronte di una comunicazione di inizio lavori del luglio 2017, la titolare aveva comunicato la fine parziale dei lavori circa un mese dopo, salvo poi comunicarne la ripresa soltanto nel maggio 2020, a tre anni dal rilascio della concessione: “Si tratta di tre anni in cui il bene demaniale non è mai stato utilizzato né usufruito dalla collettività”.

In merito i giudici hanno altresì escluso la lesione dei principi di correttezza, buona fede e tutela dell’affidamento che l’amministrazione avrebbe ingenerato con i suoi provvedimenti favorevoli. La concessionaria, infatti, era pienamente consapevole di non aver dato attuazione per lungo tempo agli obblighi previsti nel titolo conseguito.

Quanto alla motivazione riferita all’indebito subentro nel godimento della concessione, questa è stata ritenuta del tutto legittima in ragione dell’incongruenza tra i nominativi dei soggetti che avanzavano richieste all’amministrazione.

La comunicazione di inizio lavori del maggio 2020, infatti, veniva effettuata non dalla concessionaria, ma dalla rappresentante legale di una società del tutto estranea al rapporto concessorio ed immesso illegittimamente nella gestione. Dai verbali della Guardia Costiera risultavano poi una serie di circostanze tali da far ritenere non solo il subentro abusivo della società nel rapporto concessorio, ma anche un quadro ben più complesso di presumibili intrecci occulti o simulati con più società.

Alla luce delle risultanze documentali, dunque, a parere dei Giudici, l’adozione di un provvedimento di decadenza risultava da parte del Comune assolutamente legittimo e doveroso: “Al ricorrere delle ipotesi decadenziali disciplinate dall’art. 47 del codice della navigazione l’Amministrazione concedente esercita una discrezionalità limitata al riscontro dei relativi presupposti fattuali. Ciò comporta sul piano sostanziale che, una volta appunto accertata la sussistenza di detti presupposti, il provvedimento di decadenza ha natura sostanzialmente vincolata, con conseguente esclusione di ogni possibile bilanciamento tra l’interesse pubblico e le esigenze del privato concessionario.” (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3044, del 17 giugno 2014).

Cons. St., Sez. VII, 7.6.2023, n. 5616