Concessioni demaniali: la Plenaria mette fine alle proroghe?”

Concessioni demaniali: la Plenaria mette fine alle proroghe?”Si è discusso molto, nell’ultimo periodo, di concessioni demaniali e proroghe: il dibattito, in particolare, si è concentrato sulla decisione del legislatore di prorogare più volte la scadenza delle concessioni originariamente rilasciate – ultima, quella al 2033 (disposta con art. 1, commi 682 e 683, legge 30.12.2018 n. 145). La ricordata decisione è, peraltro, stata oggetto di un vivace dibattito in giurisprudenza: i TAR, infatti, si sono divisi tra chi riteneva corretta la decisione del legislatore (ritenendo prevalente la norma interna rispetto a quanto previsto dalla c.d. direttiva Bolkestein, 2006/123/CE) e chi, ritenendo illegittima la indiscriminata proroga posta in essere dal legislatore interno (mostrando, cioè, di favorire la disposizione comunitaria), annullava i provvedimenti di proroga emessi dalle amministrazioni locali.

Nell’indifferenza del legislatore, il quale non dava seguito alle ripetute sollecitazioni degli organismi comunitari (che richiedevano una riforma organica del settore delle concessioni demaniali, rispettosa dei principi contenuti nella citata direttiva Bolkestein), la Commissione UE istruiva, nel dicembre 2020, una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano per violazione della predetta direttiva.

Con tale procedura – promossa con lettera di messa in mora del 3.12.2020 – la Commissione riteneva che la legislazione italiana in tema di proroga delle concessioni demaniali fosse in contrasto sia con l’art. 49 TFUE (disciplinante la libertà di stabilimento all’interno dell’Unione) sia con l’art. 12 direttiva Bolkestein.

Le difformi posizioni createsi intorno alla correttezza della scelta del legislatore italiano di prorogare sino al 2033 le concessioni esistenti hanno indotto il Presidente del Consiglio di Stato a investire della questione l’Adunanza Plenaria: questi, con proprio decreto (n. 160 del 24.5.2021), ha, infatti, ritenuto necessario un pronunciamento della Plenaria, in primo luogo, sulla doverosità o meno della disapplicazione di quelle previsioni contenenti la proroga automatica delle concessioni demaniali (ritenute in contrasto con l’art. 12 direttiva 2006/123/CE).

In secondo luogo, e in caso di risposta affermativa al quesito appena sopra formulato (ossia nel caso in cui fosse doverosa la disapplicazione delle norme interne confliggenti con l’art. 12 della citata direttiva), era necessario determinare se l’amministrazione potesse annullare ex officio i provvedimenti in contrasto con la direttiva Bolkestein ovvero se si dovesse procedere ad un riesame del provvedimento concessorio (in ossequio a quanto previsto dall’art. 21 octies L. 241/1990).

Il Consiglio di Stato – ricordato che la direttiva Bolkestein ha natura self executing (circostanza, questa, espressamente affermata dalla sentenza Promoimpresa della CGUE) – chiarisce che l’art. 12 della predetta direttiva si applica anche alle concessioni demaniali (in quanto “il provvedimento che riserva in via esclusiva un’area demaniale (marittima, lacustre o fluviale) ad un operatore economico consentendo a quest’ultimo di utilizzarlo come asset aziendale e di svolgere, grazie ad esso, un’attività d’impresa erogando servizi turistico-ricreativi va considerata, nell’ottica della direttiva 2006/123, un’autorizzazione a servizi contingentata e, come tale, da sottoporre a procedura di gara”).

Dovendosi, quindi, disapplicare la norma interna – contrastante con la disposizione comunitaria (art. 12 direttiva Bolkestein) – la Plenaria, con le sentenze gemelle n. 17 e 18 del 9.11.2021, asserisce che la norma confliggente – ossia l’art. 1, commi 682 e 683 – non può formare oggetto di valutazioni discrezionali da parte della P.A. né essere oggetto di pronunce giurisdizionali (la norma andrebbe, infatti, ritenuta tamquam non esset)

Fermi, in conclusione, gli arresti cui è pervenuta l’Adunanza Plenaria (indipendentemente, cioè, dal fatto che si possa essere in accordo o meno con quanto sostenuto dal Supremo Consesso Amministrativo), ad aver rilievo, in questa sede, è la circostanza secondo cui la proroga sino al 2033 delle concessioni demaniali (disposta con il sopra richiamato art. 1, commi 682 e 683, Legge 30.12.2018 n. 145) non è da ritenersi legittima. In particolare, la Plenaria, sostituendosi ad un legislatore inerte, ha dichiarato che “Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere (…) nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia (…) le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023”.

Con la precisazione che, in assenza di un apposito intervento legislativo di riordino della materia, a far data dal 1° gennaio 2024 le concessioni si intenderanno come scadute e che un eventuale nuovo provvedimento di proroga dovrà intendersi come privo di effetto, in quanto contrastante con le norme comunitarie in materia.

In altri termini, tali conclusioni – lungi da voler essere punitive nei confronti dei gestori degli stabilimenti – intendono censurare l’operato del legislatore nazionale, come detto colpevolmente inerte di fronte alle contestazioni provenienti dalle istituzioni UE e sordo al dibattito giurisprudenziale venutosi a creare a fronte della volontà dei gestori degli stabilimenti balneari di avere una risposta chiara alle loro legittime aspettative.

Cons. St., A.P., 9.11.2021 n. 17 e Cons. St., A.P., 9.11.2021 n. 18