Consumo di suolo e Fonti Energetiche Rinnovabili: il giusto equilibrio passa per l’agrovoltaico?
Oggi proviamo a capire come poter conciliare la doverosa riduzione del consumo di suolo con la crescita esponenziale delle fonti energetiche rinnovabili, necessaria anch’essa per realizzare la svolta green di cui si ha tanto bisogno.
FATTO
Partiamo da un evento, un “fatto”, accaduto nel luglio scorso.
Tredici associazioni ambientaliste e sostenitrici delle rinnovabili hanno scritto all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) in vista della pubblicazione dell’annuale report 2023 sul consumo di suolo, affermando – a loro dire – una non corretta rappresentazione del consumo di suolo relativamente agli impianti fotovoltaici nel precedente report 2022.
In sintesi: secondo gli scriventi l’ISPRA ha errato nel catalogare il fotovoltaico a terra quale forma di consumo di suolo pari alla cementificazione e alla desertificazione questo perché il fotovoltaico non impermeabilizza i suoli, non intacca la biodiversità, non possiede strutture inamovibili e, una volta rimosso, non lascia tracce sui terreni.
Il passaggio che maggiormente colpisce è il seguente “Non prevede [ndr. il fotovoltaico a terra] l’impiego di cemento, non ha alcun impatto chimico né pregiudica – anche alla luce delle nuove opportunità garantite dall’agrivoltaico avanzato – l’utilizzo agricolo, anzi, è acclarato che consente il risparmio idrico e protegge gli insetti impollinatori dall’eccessiva insolazione.”.
Questo passaggio potrebbe essere fonte di confusione per i non addetti ai lavori quindi oggi proviamo a comprendere la differenza che passa tra fotovoltaico a terra cd. tradizionale e agrivoltaico.
DIRITTO
A dipanare la confusione provvede il “diritto” come interpretato dal Consiglio di Stato che, aderendo alla prevalente giurisprudenza dei TAR, con la sentenza del 30 agosto 2023, n. 8029 ha finalmente chiarito l’enorme differenza che passa tra fotovoltaico tradizionale e agrivoltaico.
I Giudici della IV sezione di Palazzo Spada sono stati chiamati a pronunciarsi sulla corretta individuazione del regime normativo da applicare al progetto di realizzazione di un impianto agrivoltaico.
Nel caso specifico la Provincia di Brindisi aveva denegato il rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto in questione stante una non una positiva valutazione ambientale. Ebbene, come affermato prima dal TAR Lecce e confermato dal Consiglio di Stato, tale negativa valutazione è effetto di una impropria assimilazione tra gli impianti agrivoltaici e quelli fotovoltaici.
La sentenza in esame risulta particolarmente rilevante perché, finalmente, traccia un netto confine tra i due sistemi FER che oggi dunque possono essere così distinti:
- gli impianti fotovoltaici sono quelli che rendono il suolo impermeabile, impediscono la crescita della vegetazione e dunque cagionano la perdita della potenzialità produttiva del terreno;
- gli impianti agrivoltaico sono invece quelli posizionati su pali più alti e distanti tra loro, in modo da consentire la coltivazione agricola dove la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e dunque pienamente utilizzabile.
L’importanza di questa pronuncia è lampante. Al fine di evitare ulteriori confusioni, dovute ad erronee deduzioni, è bene specificare che questa corretta definizione di agrivoltaico non fa sì che tali impianti godano di una deroga al regime vincolistico ma “solo” che questi debbano essere valutati tenendo conto delle loro peculiarità tecnologiche e impiantistiche, ciò trova conferma nella successiva pronuncia n. 8260 dell’11.9.2023 del Consiglio di Stato.
In tale ultima pronuncia i Giudici di Palazzo Spada, partendo dalla netta differenza tra fotovoltaico tradizionale e agrivoltaico, hanno sottolineato come in tema di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) di un impianto agrivoltaico sia necessario che la Soprintendenza e gli altri Enti chiamati ad esprimere il parere sulla compatibilità ambientale e paesaggistica siano tenuti a valutare il progetto tenendo conto delle caratteristiche tecnologiche specifiche di questa tipologia di impianti.
CONCLUSIONI
Dall’ultimo report dell’ISPRA apprendiamo che nell’ultimo anno le nuove coperture artificiali di suolo hanno riguardato altri 76,8 km2, il 10,2% in più del 2021, portando a una crescita complessiva dell’impermeabilizzazione di 22,3 km2. Il fotovoltaico occupa, a livello nazionale, circa 17.830 ettari.
La riduzione del consumo di suolo, obiettivo generale e recepito anche nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), non può non passare attraverso lo sviluppo degli impianti agrivoltaici che grazie agli intervenuti assesti giurisprudenziali, finalmente, godono a pieno titolo di una propria identità e rilevanza.
E se non dovesse bastare? Dopo l’ok Bruxelles, sono in arrivo gli incentivi specifici per queste tipologie d’impianto. Anche al fine realizzare l’obiettivo d’installare un contingente di 1,04 GW di nuova potenza entro il 2026, due sono le modalità incentivali: un contributo in conto capitale, che copre il 40% dei costi ammissibili relativi alla costruzione dell’impianto e una tariffa incentivante sulla produzione di energia immessa in rete.
Quando sole e pioggia “riescono a passare” l’equilibrio è quello giusto.