La Corte costituzionale sull’inversione procedimentale negli appalti pubblici: solo nelle procedure aperte

inversione procedimentale appalti pubblici corte costituzionaleL’inversione procedimentale negli appalti pubblici è quell’istituto per cui si anticipa l’esame delle offerte rispetto al controllo sul possesso dei requisiti di partecipazione, siano essi di ordine generale, di idoneità professionale o di capacità economica-finanziaria e tecnica. La finalità di tale inversione è la semplificazione delle procedure di gara e la riduzione del tempo necessario per la verifica della documentazione amministrativa presentata da tutti i partecipanti.

Il d.l. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca cantieri) aveva introdotto nel Codice dei contratti pubblici un’espressa previsione sull’inversione procedimentale nei contratti sotto soglia. Tuttavia, in sede di conversione del decreto, la legge n. 55/2019 ha eliminato l’intero comma in questione (art. 36, co. 5), disponendo al contempo che la norma sull’inversione procedimentale nei settori speciali – l’art. 133, co. 8 – si applichi anche ai settori ordinari fino al 31 dicembre 2020.

Trattandosi di un meccanismo adoperato nella prassi dalle stazioni appaltanti anche in assenza di un’espressa previsione normativa, in seguito a tali modifiche è sorto il dubbio circa la legittimità di tale utilizzo al di fuori delle ipotesi previste dal Codice.

La questione è stata da ultimo di recente affrontata dalla Corte costituzionale, nel vagliare la legittimità costituzionale di una legge della Regione Toscana che prevedeva la facoltà per le stazioni appaltanti – nelle procedure negoziate sotto soglia da aggiudicarsi col criterio del minor prezzo – di utilizzare l’inversione procedimentale (art. 1, l. r. Toscana n. 46/2018).

Come è noto, le norme statali che regolano le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme, nemmeno nelle procedure sotto soglia.

Ebbene, nel caso di specie la Corte costituzionale ha ritenuto che la norma della Regione Toscana fosse effettivamente in contrasto con il Codice dei contratti pubblici e, in particolare, con l’art. 133, co. 8, che, prevedendo la facoltà di inversione nell’esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all’offerta solo per le procedure aperte, ne escluderebbe l’utilizzo nelle altre procedure.

Nel ritenere costituzionalmente illegittima la legge della Regione Toscana, dunque, la Corte costituzionale conferma l’interpretazione per cui – al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge statale, e dunque oggi dall’art. 133, co. 8, del Codice – l’inversione procedimentale non sarebbe consentita.

Corte costituzionale, 6/03/2020, n.39