Decreto PNRR bis: tutte le novità in materia di appalti pubblici (caro materiali e CCT).

Decreto PNRR bis: tutte le novità in materia di appalti pubblici (caro materiali e CCT).Si torna sul tema del caro materiali e CCT; in occasione della conversione in l. 29 giugno 2022, n. 79, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 150 del 29.6.2022, del d.l. 36/2022 il legislatore ha introdotto rilevanti modifiche al c.d. decreto PNRR bis in materia di appalti pubblici.

Vediamo le novità più importanti.

Tra le novità inserite in sede di conversione, figura l’art. 35 comma 1 bis, il quale modifica i criteri di individuazione dei corrispettivi per i membri del Collegio consultivo tecnico (CCT).

In particolare, riscrivendo interamente il comma 7-bis dell’art. 6 del d.l. 76/2020, vengono ridefiniti i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico (avevamo già parlato delle modifiche introdotte a inizio anno a questo link), ponendo degli scaglioni di importo variabile a seconda della composizione dello stesso e del valore dell’appalto.

Di seguito, la nuova formulazione della norma.

Art. 6, comma 7 bis, d.l. 76/2020: “In ogni caso, i compensi dei componenti del collegio consultivo tecnico, determinati ai sensi del comma 7, non possono complessivamente superare con riferimento all’intero collegio:

a) in caso di collegio consultivo tecnico composto da tre componenti:

 1) l’importo pari allo 0,5 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro;

 2) l’importo pari allo 0,25 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro;

 3) l’importo pari allo 0,15 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 100 milioni di euro e fino a 200 milioni di euro;

 4) l’importo pari allo 0,10 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 200 milioni di euro e fino a 500 milioni di euro;

 5) l’importo pari allo 0,07 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 500 milioni di euro;

b) in caso di collegio consultivo tecnico composto da cinque componenti:

1) l’importo pari allo 0,8 per cento del valore dell’appalto, per gli appalti di valore non superiore a 50 milioni di euro;

 2) l’importo pari allo 0,4 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 50 milioni di euro e fino a 100 milioni di euro;

 3) l’importo pari allo 0,25 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 100 milioni di euro e fino a 200 milioni di euro;

 4) l’importo pari allo 0,15 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 200 milioni di euro e fino a 500 milioni di euro;

 5) l’importo pari allo 0,10 per cento per la parte del valore dell’appalto eccedente 500 milioni di euro”.

Una delle novità di maggiore impatto, inserite dal legislatore in sede di conversione del decreto, attiene al tema delle soluzioni rimediali per far fronte al caro materiali nel settore delle commesse pubbliche (solo lavori, ancora una volta).

In particolare, l’art. 7, comma 2 ter, d.l. 36/2022 come convertito in legge, fornisce un’interpretazione autentica dell’art. 106, comma 1, lett. c) del codice dei contratti pubblici, chiarendo che tra le circostanze impreviste ed imprevedibili, tali da consentire una modifica dei contratti, possono includersi quelle che “alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera“.

Il legislatore non sta affermando che è possibile modificare il corrispettivo attraverso le varianti.

Si ricorderà infatti che anche la giurisprudenza aveva escluso che, per far fronte al caro materiali negli appalti pubblici, potesse essere utilizzato l’art. 106, comma 1, lett. c) del Codice. Secondo la comune interpretazione, infatti, la norma “disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare “l’oggetto del contratto” attraverso “varianti in corso d’opera”, ossia “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15/11/2021, n. 7602)” e non sarebbe applicabile per effettuare l’adeguamento del prezzo dell’appalto (TAR Lombardia Brescia, Sez. I, 10.3.2022, n. 239) – abbiamo commentato la sentenza a questo link.

L’interpretazione fornita dal legislatore, dunque, non sembra porsi in contrasto con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, laddove ammette espressamente che tra le circostanze impreviste ed imprevedibili che possono condurre ad una variante vi è proprio il caro materiali.

Sul solco dell’interpretazione autentica fornita dal comma 2 ter dell’art. 7, il comma 2 quater del medesimo articolo introduce, infatti, espressamente la possibilità, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di proporre, su iniziativa della stazione appaltante ovvero dell’appaltatore, senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell’opera, una variante in corso d’opera che assicuri risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali.

Si potrebbe, orbene, immaginare una variante che sostituisca un materiale che ha subito un aumento considerevole del costo con un altro, ottenendo un risparmio che serve a compensare il costo di altri materiali.

Ancora, si potrebbe immaginare una variante utile a rimuovere un intervento complementare che non incide sulla piena funzionalità dell’opera, ricavando delle economie da utilizzare per compensare il costo di altri materiali.

Tali disposizioni si affiancano agli strumenti rimediali già in vigore per fronteggiare la problematica del caro materiali e dei prodotti energetici, e sembrano aprire ad un’applicazione generale delle disposizioni, senza fissare limiti o termini per la loro applicazione, come previsto per le altre disposizioni (si pensi al sistema delle compensazioni straordinarie e al meccanismo previsto dal c.d. decreto aiuti, il cui campo di applicazione è fortemente circoscritto).

È evidente, dunque, l’intento del legislatore di tendere la mano agli operatori economici gravemente colpiti dal caro materiali e che non hanno trovato piena soddisfazione con le disposizioni recentemente introdotte.

È stata poi confermata in sede di conversione la previsione inserita all’art. 34 per il rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere.

Si tratta di un ulteriore passo avanti verso quello che è stato definito il c.d. gender procurement.

Sul solco di quanto introdotto dal legislatore con l’art. 47 del decreto Semplificazioni-bis, l’art. 34 rafforza la certificazione della parità di genere di cui all’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 198/2006) prevedendo:

  1. La modifica del comma 7 dell’art. 93 del Codice dei contratti pubblici, per cui per i contratti di servizi e forniture, l’importo della garanzia o il suo eventuale rinnovo è ridotto del 30% anche per gli operatori economici in possesso certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice delle pari opportunità;
  2. La modifica del comma 13 dell’art. 95 del Codice dei contratti pubblici, per cui le stazioni appaltanti possono prevedere l’attribuzione di un maggiore punteggio all’offerta del concorrente che dimostri, attraverso il possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice delle pari opportunità, l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere.

Infine, segnaliamo anche un’ulteriore modifica apportata questa volta al Codice del processo amministrativo.

Il comma 1 bis dell’art. 73 c.p.a., introdotto peraltro di recente con il d.l. 80/2021 (conv. in l. 113/2021), prevedeva che né il giudice, né la parte potessero disporre la cancellazione della causa dal  ruolo e che il rinvio dell’udienza pubblica per la trattazione della causa può essere disposto solo per casi  eccezionali, che devono essere menzionati nel verbale d’udienza o nel decreto presidenziale che dispone il rinvio.

L’art. 7, comma 2 bis, del decreto PNRR-bis, invece, modificando l’art. 73, comma 1 bis c.p.a., ammette che la cancellazione della causa dal ruolo possa essere disposta d’ufficio dal Giudice.

(d.l. 30 aprile 2022, n. 36, convertito in legge 29 giugno 2022, n. 79 recante: «Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)»)