Decreto SNA e la formazione in materia di contratti pubblici

decreto snaDecreto SNA e la formazione in materia di contratti pubblici: pur non essendo ancora efficace desta già parecchie preoccupazioni.

Lo scorso 14 febbraio, la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) ha approvato i requisiti per l’accreditamento delle istituzioni pubbliche che svolgono attività formativa in materia di contratti pubblici.

La qualificazione delle stazioni appaltanti

Come noto, il d.lgs. 36/2023 agli artt. 62 e 63 ha delineato un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza. Nello specifico, l’art. 62 d.lgs. 36/2023 ha previsto che per gli affidamenti di servizi e forniture di importo superiore a 140.000 euro e di lavori di importo superiore a 500.000 euro, le stazioni appaltanti devono essere qualificate in conformità a quanto prescritto dall’art. 63 d.lgs. 36/2023 e dall’All. II.4 del d.lgs. 36/2023.

Le stazioni appaltanti o le centrali di committenza possono essere qualificate per la progettazione, per l’affidamento o per l’esecuzione degli appalti di lavori, servizi e forniture, in relazione al relativo livello.

L’art. 63, al comma 2 ha stabilito che la qualificazione per la progettazione e per l’affidamento è articolata in tre fasce o livelli di importo.

Per poter essere qualificati in una delle tre fasce, la stazione appaltante deve essere in possesso dei requisiti e ottenere un punteggio minimo stabiliti dall’all.II.4 del d.lgs. 36/2023, sulla base dei seguenti criteri:

  1. Organizzazione della funzione di spesa e ai processi;
  2. Consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e la adeguata formazione del personale;
  3. Esperienza maturata nell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l’eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni.

Ed ecco che entra in gioco la SNA.

Il decreto SNA e il ruolo della formazione nella qualificazione delle stazioni appaltanti

Per dare una certa concretezza alla “adeguata formazione del personale”, il legislatore ha incaricato la SNA di delineare i criteri oggettivi e soggettivi dell’attività formativa valida ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti.

Il decreto adottato dalla SNA, di concerto con ANAC e MIT, è articolato in ben sette sezioni.

Sono stati individuati gli ambiti tematici della formazione, i requisiti oggettivi della formazione, la validità temporale della formazione, nonché i requisiti soggettivi per l’accreditamento, la durata, il rinnovo dell’accreditamento e le modalità di monitoraggio, verifica e revoca dell’accreditamento.

Chi può erogare i servizi di formazione alle stazioni appaltanti?

A destare maggiore scalpore è l’elenco dei soggetti accreditabili.

Il decreto SNA, infatti, sulla base anche di quanto prescritto dall’art. 63, comma 10, d.lgs. 36/2023, riserva l’attività di formazione del personale delle stazioni appaltanti, alle sole istituzioni pubbliche o private senza finalità di lucro.

Così facendo, solo le istituzioni pubbliche o private senza finalità di lucro sembrerebbero poter accedere al sistema di accreditamento, mentre tutti coloro che perseguono uno scopo di lucro ne risulterebbero escluse.

Il decreto, tuttavia, non incide in alcun modo sulla formazione, sui convegni e sugli incontri relativi agli appalti pubblici che non sono strettamente collegati alla qualificazione delle stazioni appaltanti.

E’ evidente, tuttavia, che l’assenza di scopo di lucro preclude l’accreditamento a tutti quei soggetti (società di formazione, accademie di formazione, etc.) che offrono un elevato livello di preparazione nella materia degli appalti pubblici, grazie all’attività di personale dotato di un’alta specializzazione ed esperienza nel settore.

Siffatto requisito, oltre che irragionevole, risulta anche contrario ai principi costituzionali oltre che con i principi sanciti dall’Unione europea nel Trattato sul funzionamento dell’UE e nella direttiva Bolkestein.

Se tali criticità dovessero essere confermate all’interno del Regolamento previsto dall’art. 7 del decreto, saremmo difronte ad un’illegittimità che potrà essere portata all’attenzione dei giudici amministrativi.

Non resta quindi che attendere l’adozione del regolamento per mettere in campo la migliore strategia per contrastare l’evidente illegittimità di siffatta preclusione.