Il Green Public Procurement (GPP) e la transizione ambientale

green public procurementIl Green Public Procurement (GPP), letteralmente acquisti pubblici verdi, costituisce uno strumento di politica ambientale che favorisce lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale contribuendo, in maniera significativa, al raggiungimento degli obiettivi principali delle strategie europee che fanno leva sull’economia circolare.

Introdotto in Italia nel 2008 con il cd. “Piano d’azione nazionale GPP”, il GPP si inserisce nella strategia del consumo e produzione sostenibile attraverso l’adozione di quelli che, comunemente, sono definiti criteri ambientali minimi, differenziati per categoria, e che trovano nella Pubblica amministrazione il soggetto deputato a promuoverne l’utilizzo mediante gli acquisti.

Sin dall’approvazione del Libro Verde “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea” del 1996, la Commissione europea ha mostrato una crescente attenzione verso la politica di protezione dell’ambiente negli appalti pubblici, considerando che “la tutela dei valori ambientali può avvenire nel quadro delle prescrizioni tecniche riguardanti le caratteristiche dei lavori, delle forniture o dei servizi oggetto degli appalti, vale a dire delle specifiche tecniche che gli organismi acquirenti devono indicare nei documenti generali degli appalti e dalle quali i partecipanti devono conformarsi, secondo quanto disposto dalle direttive” (sub par. 5.49).

Dette politiche si innestano nello strumento del Green Public Procurement – GPP, definito come “l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”.

Come si scorge nella definizione, beni e servizi devono essere valutati tenendo in considerazione l’intero ciclo di vita, dalla composizione dei materiali fino alle modalità di utilizzo e smaltimento o riciclo.

Successivamente, la Commissione ha elaborato la comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo COM(2003) del 18/6/2003, ponendo l’esigenza di integrazione delle esigenze ambientali negli appalti pubblici attraverso appositi piani di azione, allo scopo di “dare impulso politico al processo di attuazione delle misure necessarie a favorire una maggiore considerazione degli aspetti ambientali negli appalti pubblici e alle iniziative di sensibilizzazione, consentendo agli Stati membri di scegliere le soluzioni che più si adattano al loro quadro politico e al livello già raggiunto, e permettendo contemporaneamente lo scambio delle migliori pratiche in materia” (par. 5.1, riquadro 3, lett. a)).

Sulla scorta di tale comunicazione, è stato poi approvato il “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione”, atto d’origine dei cd. CAM.

Dei criteri ambientali minimi abbiamo ripetutamente affrontato gli aspetti critici che si rinvengono da un quadro normativo particolarmente complesso; in questa news, ad esempio, abbiamo esaminato la questione della portata escludente della clausola inerente i CAM in un appalto di servizi manutentivi.

La vicenda giudiziale che qui si affronta, invece, merita una riflessione che va ben oltre la questione di merito affrontata dal Giudice amministrativo campano, poiché involge proprio l’importanza della promozione degli strumenti del GPP negli appalti pubblici e degli obiettivi che, tramite esso, si devono perseguire, nonché il ruolo che l’Amministrazione è chiamata a svolgere affinché la transizione ambientale sia realmente compiuta.

La controversia, infatti, è relativa ad un appalto che ha ad oggetto un servizio di global service relativo ai beni di proprietà di una Pubblica amministrazione, nell’ambito della quale il ricorrente censura proprio la lex specialis di gara, lamentando la condotta dell’Amministrazione che, a suo dire, concretamente, non avrebbe proceduto a dare concreta ed articolata applicazione alle regole ambientali.

Da tale premessa, il Giudice amministrativo ha colto l’occasione per svolgere un excursus dell’evoluzione della disciplina, confermando la “valenza cogente delle prescrizioni in tema di criteri ambientali minimi”, salvo poi interrogarsi sul contenuto dell’obbligo delle stazioni appaltanti e, quindi, di stabilire quale attività è ad esse imposte in ossequio agli obblighi normativi.

Il Giudice amministrativo ha sancito, innanzitutto, che non è sufficiente un mero richiamo alla normativa, bensì, l’importanza delle politiche ambientali del GPP e delle finalità ad esse collegate richiede un maggior sforzo (sempre inteso in termini di doverosità) da parte della Pubblica amministrazione in chiave di attuazione del principio del risultato, fissato dall’attuale art. 1, d.lgs. 36/2023, che può valere “come criterio orientativo per i casi … in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte della legge di gara”.

Così si esprime, infatti, il Giudice amministrativo: “Detto principio … può essere declinato in termini che pongano l’accento sull’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento … In altri termini, nell’analisi dei casi concreti va considerata l’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto)”.

Muovendo da tale considerazione, ben si può delineare l’importanza del GPP nell’attuazione delle politiche di transizione ambientale: se la Pubblica amministrazione rappresenta il soggetto deputato, in via prioritaria, a perseguire gli obiettivi di miglioramento della sostenibilità ambientale, ben si comprende come ad essa viene chiesto di operare in maniera concreta ed attuale affinché le misure normative siano impattanti nell’apparato organizzativo e produttivo del Paese e, dunque, nel sistema di acquisto di beni e servizi collettivi. Viceversa, ove l’Ente pubblico dovesse disattendere il rispetto del principio di tutela ambientale in disarmonia con i discendenti obblighi comunitari, ciò si risolverebbe in un’alterazione del libero gioco della concorrenza e delle pari opportunità di accesso al mercato delle piccole e medie imprese e, nondimeno, nella violazione del principio della fiducia che, oggi più che mai, governa l’operato amministrativo.

TAR Campania, Sez. I, 15 gennaio 2024, n. 377