Qual è la funzione delle dichiarazioni dell’appaltatore rese in sede di sopralluogo?

Le dichiarazioni rese dall’appaltatore all’esito del sopralluogo svolgono la funzione di assicurare che l’aggiudicatario prenda precisa conoscenza dei luoghi su cui eseguire i lavori e delle condizioni che possano influire sulla corretta esecuzione dei lavori.

Pertanto, “le criticità riscontrate nel montaggio/smontaggio rientrano pertanto nel generico rischio di impresa, e se delle stesse l’appaltatore ne è divenuto consapevole solo all’atto della concreta messa in opera non è circostanza imputabile alla stazione appaltante”.

Ciò è quanto affermato dalla Corte d’appello di Bari, che nel confermare la sentenza resa dal Tribunale di Foggia, ha rigettato l’appello proposto dall’appaltatore perché “salvo che si voglia attribuire al verbale di consegna lavori un valore meramente formale, emerge come il sig. [alias l’appaltatore] avesse concretamente maturato la convinzione di poter procedere alla fornitura e messa in opera di quanto oggetto dell’appalto, prendendo visione dei luoghi su cui eseguire i lavori e considerando come criticità unicamente la continuità cromatica e la resistenza allo shock termico”.

Il caso specifico

La Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Foggia affidava un appalto per la fornitura e posa in opera di lastre in vetro poste a copertura della biblioteca.

A seguito di sopralluogo sul luogo di esecuzione, l’appaltatore dichiarava “di non avere difficoltà o dubbiezza, di essere perfettamente edotto di tutti i suoi obblighi e di accettare, con il presente atto, la formale consegna per l’oggetto suindicato, senza sollevare alcuna eccezione o riserva”. Venivano, tuttavia, espresse delle perplessità in ordine alla continuità cromatica delle vetrate ed alla loro resistenza allo shock termico.

Senonchè, in corso d’opera e dopo aver ricevuto due acconti, l’appaltatore contestava alla committente le modalità di esecuzione dell’appalto, sospendendo l’esecuzione.

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. la committente conveniva in giudizio l’appaltatore affinchè venisse dichiarata la risoluzione del contratto di appalto per colpa dell’appaltatore che, in corso d’opera, aveva sollevato delle contestazioni che avrebbe dovuto (e potuto) formulare in sede di sopralluogo.

Costituitosi in giudizio, l’appaltatore si difendeva sostenendo che lo stato dei luoghi non era specificato e descritto nel contratto di appalto.

Il Tribunale di Foggia, accolta la tesi della committente, riteneva la mancata esecuzione dei lavori imputabile integralmente all’appaltatore.

Avverso la sentenza di primo grado veniva proposto gravame dall’appaltatore, il quale sosteneva che non vi era stato alcun inadempimento da parte sua, ma solo la presa d’atto della impossibilità di eseguire dei lavori come commissionati. Censurava poi la sentenza sotto il profilo delle prove perché il giudice di primo grado avrebbe immotivatamente rigettato la richiesta di prova dell’appaltatore, ritenendo di potere decidere sulla base della sola documentazione. Reiterava, dunque, la richiesta di ammissione di prova testimoniale ai sensi dell’art. 356 c.p.c.

La decisione

La Corte d’appello di Bari, con la pronuncia in commento, nel rigettare l’appello ha confermato in toto la sentenza resa dal giudice di primo grado.

Preliminarmente, un breve cenno merita la decisione della Corte di ritenere non ammissibile la richiesta istruttoria. A tal fine, occorre premettere che le richieste istruttorie, non ammesse dal giudice, devono essere reiterate in modo specifico, diversamente si intende che la parte vi ha rinunciato. Su tali premesse, il giudice dell’appello ha ritenuto non ammissibile la richiesta istruttoria formulata dalla parte in quanto, in primo grado, tale richiesta non era stata reiterata in modo specifico.

Nel merito, ricostruito il quadro normativo di riferimento e, in particolare, richiamati gli artt. 1655 e ss del Codice civile, la Corte ha evidenziato che “[…] ove la società appellante avesse agito con maggiore diligenza, avrebbe potuto rendersi conto delle condizioni della struttura sulla quale avrebbe dovuto essere eseguito il montaggio, formulando differentemente la propria offerta o formalizzando altre riserve all’atto della consegna dei lavori”.

Per la Corte d’appello di Bari, dunque, le criticità riscontrate in corso d’opera rientrano nel generico rischio d’impresa, e se delle stesse l’appaltatore ne è divenuto consapevole solo all’atto della concreta messa in opera non è circostanza imputabile alla stazione appaltante.

Tale principio vale in ragione della situazione apparente del sito. Il sopralluogo, infatti, non presuppone indagini tecniche, prelievi e/o saggi. Pertanto, la dichiarazione si limita per sua natura a quanto appare sul sito.

(Corte App. Bari, Sez. II, 16.11.2022, n. 1672)