Green claim nel settore della mobilità: attenzione alle pratiche commerciali scorrette

green claimGreen claim nel settore della mobilità: attenzione alle pratiche commerciali scorrette

Tempo fa abbiamo discusso del tema dei green claim, ossia delle pratiche commerciali volte a orientare le scelte dei consumatori verso opzioni più sostenibili, e del fenomeno del greenwashing, che si verifica quando queste comunicazioni vengono utilizzate per creare un’immagine falsamente ecologica di prodotti, servizi o politiche aziendali.

Abbiamo esaminato il loro ruolo nella tutela dei diritti dei consumatori e i rischi per le aziende che ne fanno uso, approfondendo la nuova Direttiva UE 2024/825 sulla “la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione e di alcune pronunce dell’AGCM che si sono soffermate sul tema.

Torniamo a parlare dell’utilizzo dei green claim, questa volta con riferimento ad alcune tipologie di servizi: i servizi di mobilità.

La pratica commerciale contestata riguarda l’introduzione della clausola denominata “Clean Air Fee” (o “quota aria pulita”) nella piattaforma di prenotazione taxi, che determinava l’addebito di un costo ulteriore del servizio.

Secondo l’AGCM, l’uso di questo claim è risultato ambiguo, suggerendo benefici ambientali vaghi e non verificabili, violando così le norme a tutela del consumatore. La società è stata quindi sanzionata per violazione degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, ritenendo che la presentazione di tale costo aggiuntivo fosse ingannevole e non chiara per i consumatori, con una multa di 400.000 euro e obbligata a modificare le informazioni rese al pubblico.

In particolare, il messaggio pubblicitario non spiegava in modo trasparente la natura, le finalità e le modalità di addebito del sovrapprezzo, inducendo i clienti a credere che fosse obbligatorio e legato a vantaggi ambientali non specificati.

L’Antitrust ha concluso che la società non aveva fornito informazioni sufficienti per consentire ai consumatori di prendere decisioni commerciali consapevoli.

La società di servizi ha così proposto un ricorso innanzi al TAR Lazio sostenendo, in buona sostanza, un errore istruttorio dell’Autorità nell’apprezzare i comportamenti contestati, che avevano comportato una qualificazione errata della condotta tenuta.

Il TAR ha ritenuto infondato il ricorso promosso.

L’aspetto d’interesse della pronuncia è la ricostruzione fornita sull’utilizzo dei green claim.

L’Autorità ha ritenuto che la pratica commerciale della società fosse ingannevole perché la “Clean Air Fee” (quota aria pulita) veniva addebitata in modo poco chiaro. L’importo veniva mostrato solo nella seconda schermata dell’app e non era subito evidente che il consumatore potesse evitare il costo scegliendo il pagamento diretto al tassista. Ciò impediva agli utenti di prendere decisioni commerciali consapevoli fin dal primo contatto.

In pratica, la società non ha fornito le informazioni essenziali con sufficiente trasparenza e immediatezza, violando così il diritto del consumatore a conoscere fin da subito tutte le condizioni economiche dell’offerta. L’Autorità ha evidenziato che le informazioni devono essere fornite in modo chiaro e trasparente, soprattutto quando si usano claim come “Clean Air Fee” che suggeriscono benefici ambientali. È stato quindi considerato ingannevole utilizzare tali messaggi senza spiegare in modo comprensibile al consumatore la reale natura del costo aggiuntivo.

Inoltre, l’Autorità ha sottolineato che è irrilevante se il dettaglio della quota fosse presente in una seconda schermata, perché ciò costringeva il consumatore a uno sforzo informativo ulteriore. Le informazioni chiave devono essere presentate subito, altrimenti si crea un “effetto aggancio” che spinge il consumatore a procedere con la transazione senza essere pienamente consapevole delle condizioni.

Per questi motivi, l’Antitrust ha ritenuto la pratica scorretta e ha respinto i tentativi della società di dimostrare la cessazione della condotta illecita e di ridurre la sanzione, considerando che le modifiche proposte non erano sufficienti a eliminare le criticità.

TAR Lazio, Sez. I, 26.9.2024, n. 16702